Esen, paese dove
vivono circa duemila anime a pochi chilometri da Diksmuide, Fiandre
Occidentali; qui un tempo esisteva un castello assieme ad un paio di distillerie e sei birrifici; oggi rimane solamente uno di questi ultimi chiamato Costenoble, fondato nel 1835 e di fatto scomparso nel luglio 1979, quando il proprietario Louis
Charles Hector Costenoble lo vende a due fratelli che da tempo si davano da fare con l’homebrewing
e che avevano di recente vinto un concorso a Brussels: Kris e Jo Herteleer. A loro si aggiunge anche un mugnaio
appassionato di birra, Romeo Bostoen. Il tempo di
sistemare un po’ gli immobili datati 1922 (Esen fu praticamente distrutta nel
corso della prima guerra mondiale) e nel novembre 1980 viene effettuata la
prima cotta da parte del nuovo birrificio De Dolle Brouwers, ovvero “i birrai
pazzi”. Il nome scelto è
una naturale variante di “Dolle Dravers” ( “i ciclisti pazzi”) un minuscolo
circolo di ciclismo al quale appartenevano Kris e Jo; un gruppo che non contava
mai più di quattro membri e che – si racconta – aveva delle regole abbastanza
particolari: per farne parte dovevate essere in grado di percorrere in un
giorno la gita di 266 chilometri che veniva organizzata ogni anno da Roselaere
a Cap-Griz-Nez, in Francia.
La prima birra realizzata è la Oerbier (“birra primordiale”) destinata a
diventare una meraviglia grazie all’utilizzo per molti anni di un ceppo di lievito proveniente
da Rodenbach. Dopo solo un anno
Romeo Bostoen decide di ritirarsi dagli affari ed il neonato birrificio diviene
di proprietà esclusiva della famiglia Herteleer; è Kris ad assumerne progressivamente
il comando facendo birra nei weekend e diventandone, dal 2006, l’unico proprietario.
Si dice che il fratello Jo stia facendo ancora birra in Sud Africa, dove svolge la sua
professione di medico. Artista, grafico,
architetto e birraio, Kris svolge in
parallelo anche delle approfondite ricerche storiche sulla tradizione
brassicola delle fiandre occidentali che nel 2000 gli portano il premio “Golden
Hammer” da parte dell’associazione ’t Hamerken di Bruges. E' lui a disegnare personalmente quasi tutte le etichette e la simpatica mascotte gialla che crea come simbolo del birrificio: una cellula di lievito umanizzata "ottimista e gentile - dice Kris - che sorride al risultato ottenuto, la birra. Ma per ottenerla c'è voluto lavoro e conoscenza, simboleggiati dalla pala che tiene nell'altra mano". E' lui ad indossare improbabili giacche, scarpe e papillon che fa indossare anche al "collo" delle bottiglie delle sue birre.
Arabier: Kuaska la definisce "l'antesignana delle birre (belghe) luppolate". Una Strong Ale che appare alla metà degli anni '80 e rimpiazza pian piano la Oeral, una birra estiva (6%) che era disponibile solamente alla spina; nasce con una gradazione alcolica del 7% che aumenta nel corso del tempo a 7.8% e all'8% odierno. Michael Jackson citava l'abbondante utilizzo del luppolo Kent Golding, mentre attualmente il birrificio dichiara di usare fiori di Nugget proveniente dai vicini campi di Poperinge ed utilizzati anche in dry-hopping per i trenta giorni in cui la birra staziona nel maturatore. Il nome scelto si presta ad alcune interpretazioni: la più semplice è "la birra del pappagallo ara" raffigurato in etichetta, ma a confondere le certezze c'è il fatto che "Arabier" significa anche "arabo" e che qualche tempo fa - si vocifera - nella versione in fusto era comunemente chiamata "Arafat" dai bevitori locali. O, se volete, divertitevi a ripetere velocemente in alternanza Oerbier e Arabier come se fosse un scioglilingua.
Il suo colore è dorato e velato, sormontato da un'immancabile ed esuberante schiuma bianca e pannosa, compatta e molto, molto persistente. L'aroma, sopratutto quello emanato dalla schiuma, si potrebbe semplicemente descrivere come una "brezza bianca": freschissimo ed intenso, ricco di fiori bianchi, suggestioni di menta, pera e di pepe bianco; ci vuole qualche minuto di pazienza per apprezzare i profumi del miele e della fetta biscottata, pera, canditi (albicocca e pesca) e qualche reminiscenza di frutta tropicale (ananas, papaia?). Perfetta nella sua vivacissima carbonazione che solletica continuamente il palato, ricalca al gusto buona parte dell'aroma; fetta biscottata, pane e miele seguiti dal dolce zuccherino della frutta candita. Ma non si tratta assolutamente di una birra dolce, tutt'altro: le bollicine ed una lieve acidità stemperano subito qualsiasi velleità stucchevole, con uno splendido intenso finale luppolato e secco che pulisce completamente il palato con le sue note "zesty" ed erbacee, leggermente pepate. La sua bevibilità è impressionante, con l'alcool pericolosamente nascosto in modo subdolo: può essere davvero considerata un birra estiva, che disseta e rinfresca, evocando a tratti lo zenzero. Bottiglia in stato di grazia, fragrante e pulitissima, con l'abbondante luppolatura che riesce a convivere magistralmente con il lievito belga, consentendone la sua piena espressione senza mai prevalicarlo: uno splendido esempio di strong ale belga luppolata, pressoché perfetta nella sua semplicità. La costanza non è certo la caratteristica principale di De Dolle (mi è capitato di berne alcune più o meno brettate) ma quando escono bottiglie come queste a Kris Herteleer si finisce per perdonare qualsiasi cosa.
Formato: 33 cl., alc. 8%, IBU 55, scad. 01/2017, pagata 2.05 Euro (drink store, Belgio).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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