martedì 15 settembre 2015

Weyerbacher Old Heathen Imperial Stout

E’ Dan Weirback  a fondare la Weyerbacher Brewing Company nel 1995 nella città di Easton, Pennsylvania: il nome è ovviamente la leggera storpiatura del suo cognome di origine tedesca avvenuta nel corso del tempo dall’altra parte dell’oceano atlantico. Operoso homebrewer dalla metà degli anni ‘80 ed appassionato beer hunter, Daniel ha alle sue spalle un passato da co-titolare di un’azienda che si occupava di fare manutenzione alle piscine e un’altra che distribuiva snacks e patatine fritte in sacchetto.  Nel 1993 è alla ricerca di un nuovo business da intraprendere ed è una vacanza in Vermont assieme alla moglie Sue (e una sosta alla Long Trail Brewery) ad aiutarlo nella decisione: tempo due anni (e trecentomila dollari di finanziamenti) ed è già operativo ad Easton il birrificio Weyerbacher, con l’aiuto del partner Joseph T. Nanovic, oggi ancora tra gli azionisti di minoranza. 
La produzione – grazie ad un impianto di seconda mano -  parte già ad  agosto 1995 con due birre – ora abbandonate – che per quel tempo volevano volutamente rappresentare una novità nel panorama “craft” americano: una Pale Ale ed una ESB tipicamente inglesi che tuttavia non riscuotono alla lunga grande successo e che mettono un po’ in crisi gli affari. Nel 1997, per cercare di farci notare in mezzo a tutti quei  birrifici che facevano American Pale Ale cercando di imitare Sierra Nevada”, Weirback decide di alzare l’asticella concentrandosi sulla produzione di birre più alcoliche; si parte con una Raspberry Imperial Stout  - idea elaborata nel passato da homebrewer - seguita dall’(english) barley wine “Blithering Idiot” che diventerà in seguito una della birre più apprezzate del birrificio. 
Dal 1998 assieme al birrificio è anche operativo un brewpub, rendendo la vita di Dan piuttosto intensa:  in birrificio dal mattino presto sino a mezzogiorno, in cucina al brewpub dal pomeriggio a tarda sera; nel 2001 Weyerbacher trasloca in una nuova location di dimensioni pressoché identiche ma con una disposizione degli spazi molto più funzionale alla produzione di birra. Viene installato un impianto produttivo più capiente (da 10 a 25 bbl) proveniente dalla Victory Brewing Co., una nuova linea per l’imbottigliamento e, visto che le vendite iniziano a prendere piede anche al di fuori della Pennsylvania, viene chiuso il brewpub per meglio concentrarsi su fusti e bottiglie, mercato che ormai occupa i due terzi della capacità produttiva. 
Sulla decisione di produrre soprattutto birre “importanti e dall’alto contenuto alcolico” non si torna più indietro: Dan si reca spesso in Belgio a “studiare” le Strong Ales e le grandi birre trappiste per poi ritornare negli Stati Uniti a realizzare una Tripel chiamata Merry Monks e soprattutto la strong ale “Quad”,  che leggo essere stata la prima “Quadrupel” americana a finire in una bottiglia. Sarà vero? 
Degna di nota anche la popolarissima Double Simcoe IPA, bevuta quattro anni fa, che dovrebbe essere stata la prima Double IPA Single Hop “mai prodotta al mondo”. La restante storia di Weyerbacher è fatta di ulteriori espansioni (2007, impianto da 40 bbl) e dell’inizio dei programmi di invecchiamento in botte al quale sono state sottoposte molte birre; la produzione nel 2013 ha superato i 17.000 barili, anno nel quale è avvenuto anche un radicale re-styling di tutte le etichette. Vicepresidente di Weyerbacher è Barbara Lampe mentre Head Brewer, dal 2006, è Chris Wilson. 
Sorprende  invece un po’ il fatto che l’imperial stout di un birrificio che dichiara apertamente di voler produrre “big beers” abbia una gradazione alcolica (8%) tutto sommato contenuta e comunque lontana dal livello delle sue compagne di categoria proposte da molti altri birrifici “craft” americani; il tutto va ovviamente a favore della fruibilità e della facilità di bevuta. 
"Old Heathen”, ovvero “il vecchio pagano”: questo il nome scelto per una birra prodotta per la prima volta nel 2001 con sette varietà di malti e due di luppolo;  attualmente il sito del birrificio la elenca fra le birre “retired”, ovvero non più in produzione. La sua versione barricata in botti ex-Bourbon si chiama Heresy. 
Nel bicchiere è praticamente nera e impenetrabile alla luce, con una densa e cremosa testa di schiuma color nocciola dall’ottima persistenza.  Allo splendido aspetto fanno seguito i profumi di vaniglia, fruit cake, caramello “bruciato”, orzo tostato e frutti di bosco ma la loro intensità crolla drammaticamente una volta che la schiuma si è dissipata. In bocca c’è un buon equilibrio tra il dolce (caramello, melassa, qualche accenno di uvetta) e l’amaro delle tostature e del caffè. La sua natura di Imperial Stout mansueta si rivela in una consistenza palatale che sacrifica la morbidezza per privilegiare la scorrevolezza: ma in presenza di così poche bollicine forse un po’ più di oleosità avrebbe giovato. La componente etilica è piuttosto discreta e ben dosata, ma la chiusura lievemente salmastra ed astringente non è purtroppo impeccabile e “guasta” un po’ la bevuta interrompendo di fatto la continuità tra gusto e retrogusto: il finale risulta così piuttosto corto e lascia un pochino insoddisfatti. Nonostante l’aroma un po’ sottotono e la pulizia del gusto tutt’altro che esemplare, questa Old Heathen risulta essere un’imperial stout molto accessibile e ben bilanciata e quindi potrebbe rappresentare una buona porta d’ingresso a chi si vuole avvicinare per la prima volta allo stile senza necessariamente impegnarsi da subito in bevute troppo alcoliche o asfaltature di catrame nero.  
Il birrificio la consiglia abbinata a stufati di carne, ostriche, caviale, arrosti di carne e, ovviamente, dolci a base di cioccolato, dichiarandola  anche adatta ad invecchiamenti e capace di migliorare con il tempo; il salmastro che s’inizia ad avvertire in questa bottiglia non mi fa però rimpiangere di averla bevuta dopo solo un anno dall’imbottigliamento, prima che fosse troppo tardi.
Formato: 35.5 cl., alc. 8%, imbott. 30/04/2014, scad. non leggibile, pagata 4.50 Euro (beershop, Italia).

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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