mercoledì 20 gennaio 2016

Lucky Brews Winternest

Nasce nel 2012 la beerfirm veneta Lucky Brews, con sede a Montecchio Maggiore (VI) e fondata da Samuele Gallico. Scherzosamente si autodefinisce “homebrewer dalla nascita” ma il suo percorso è quello che hanno intrapreso tanti altri giovani appassionati; dalle birre industriali ai primi esperimenti di homebrewing in kit, il passaggio all’All Grain, le vacanze a tema birrario e l’assidua partecipazione a festival ed eventi.  In Lucky Brews Samuele è affiancato da altri compagni d’avventura che vengono elencati sul sito ufficiale:  la beerfirm si definisce “raw but different”, stanca degli “articoli da brasseria e delle fighettate radical chic”  puntando invece a creare birre da ogni occasione, “dalla bettola al ristorante” ma  "spettacolari, profumate ed assuefacenti per ricordare al mondo che c’è un altro modo di vedere la birra artigianale". 
Cinque al momento le birre prodotte: Japa (American Pale Ale), Apollo (Blonde Ale), Whale (“hoppy white ale”), Winternest (Scotch Ale) e l’ultima nata Blackbeard (Brown Ale). Sono tutte realizzate presso gli impianti del vicino birrificio Birrone. 
La stagione in corso si presta ad una birra che riscaldi ed è dunque la Winternest che andiamo ad assaggiare; nasce ad ottobre 2013, con un etichetta realizzata dall’illustratore Hell Mariachi alias Mario Ferracina,  ormai collaboratore fisso della beerfirm. La ricetta prevede malti  Pils, CaraAroma, Special B,  Peated, Chocolate, Carafa III e  malto d’avena; i luppolo utilizzati sono Summit, Styrian Goldings e Fuggles, lievito Nottingham. 
Molto bella nel bicchiere, si veste di color mogano con intensi riflessi rosso porpora;  la schiuma ocra è cremosa e compatta, molto persistente. L’aroma non è molto intenso ma presenta comunque un bel bouquet di biscotto e caramello, frutta secca (nocciola), un accenno di uvetta e prugna e di cacao in polvere; i profumi sono avvolgenti e caldi, s’avverte al naso la carezza etilica accompagnata da una lieve nota torbata. 
L’inizio è davvero promettente ma non viene del tutto confermato al palato: c’è intensità ma la pulizia è sicuramente minore e, soprattutto, c’è una carbonatazione fine ma troppo elevata per lo stile che disturba un po’ quella che dovrebbe essere una bevuta morbida e rincuorante. La corrispondenza  con l’aroma è quasi totale, a partire dal dolce del biscotto e del caramello, dell’uvetta e della prugna disidratata che viene poi bilanciato dalle note amaricanti di frutta secca e dall’acidità dei malti scuri. L’equilibrio è buono mentre la facilità di bevuta è persino troppa e va a discapito di quella componente etilica che invece dovrebbe riscaldare e rendere la birra davvero adatta ai mesi più freddi dell’anno:  il timido tepore dispensato dal retrogusto dolce e caramellato non è ancora sufficiente. Birra che in un certo senso rispecchia il concetto di “raw” (grezzo, ruvido) che la beerfirm usa come slogan: il livello è abbastanza buono, ma per avere davvero una calda ed appagante Scotch Ale che t’abbraccia nei dopocena invernali c’è bisogno - oltre che un po' più di alcool warming -  di ottenere almeno lo stesso livello di pulizia e di finezza dell’aroma anche al gusto.
Formato: 33 cl., alc. 7.5%, IBU 25, scad. 04/02/2016.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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