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giovedì 21 giugno 2018

Pinta / O'Hara's Lublin to Dublin 2017

Sono duemila i chilometri che separano Lublino (Polonia)  da Dublino  (Irlanda) ma basta una birra per accorciare le distanze. Lublin to Dublin è il nome scelto dal birrificio irlandese Carlow/O’Hara (qui la loro storia) e dalla beerfirm polacca Pinta (eccoli qui) per una collaborazione datata 2014 e ripetuta poi negli anni a seguire. 
Entrambi possono essere considerati come dei precursori della craft beer revolution nei loro rispettivi paesi: la famiglia O’Hara ha avuto il coraggio di fondare il microbirrificio nel 1996, in un periodo in cui il mercato era un deserto completamente dominato dalle multinazionali. Browar Pinta ha invece realizzato nel 2011 la prima IPA polacca (Atak Chmielu), birra “colpevole” di aver poi ispirato decine di altre beerfirm polacche a gettare quanto più luppolo possibile nei bicchieri.  
Non ho trovato notizie su come sia nato questo incontro ma non credo sia importante quanto il risultato: una Foreign Extra Stout (6.5%) prodotta con malti irlandesi, avena e luppoli polacchi, nello specifico  Marynka e Lubelski. Nel 2015, ovviamente sempre sugli impianti irlandesi di Carlow, viene invece realizzata una Robust Milk Stout (6%) con anice stellato e lattosio che s’aggiungono agli ingredienti già elencati.  La terza collaborazione datata 2016 vede invece un ritorno della Lublin to Dublin  Foreign Extra Stout ma con un ABV leggermente ritoccato al rialzo (7%).  Lo scorso anno è invece stata realizzata la Lublin to Dublin Rye Stout  (6.5%): malti inglesi ed irlandesi, malto di segale (20%), fiocchi di segale e i soliti luppoli polacchi Marynka and Lubelski. Proprio in queste settimane è stata infine commercializzata la nuova Lublin to Dublin 2018, una Turkish Coffee Stout che utilizza caffè appena macinato proveniente dalla Turchia.

La birra.
Irlanda e Polonia hanno entrambe una tradizione brassicola “scura”:  stout irlandesi e baltic porter polacche non hanno certo bisogno di presentazioni.  La Lublin to Dublin 2017 si presenta di un bel color ebano scuro sul quale si forma un’impeccabile testa di schiuma cremosa e compatta dalla buona persistenza.  L’aroma è pulito e abbastanza intenso: caffèlatte, orzo tostato e fondi di caffè sono i protagonisti su di un palcoscenico che ospita anche note terrose e di cenere. Al palato c’è un leggero eccesso di bollicine ma per il resto il mouthfeel è perfetto: è una stout morbida e quasi cremosa che tuttavia scorre senza nessun intoppo. Il gusto conferma quanto di positivo espresso al naso e disegna una bevuta intensa e ricca, molto pulita ed elegante: il caramello è l'unica controparte dolce ad una bevuta che s'incammina subito nel territorio scuro del torrefatto, del caffè e del terroso: accenni di cenere e di cioccolato amaro non modifica la palette dei colori di una stout "nera", precisa e definita. L'acidità dei malti scuri è solo accennata, i luppoli supportano le tostature ripulendo bene il palato e regalando un finale amaro abbastanza secco e delicatamente riscaldato dall'alcool.
Ogni cosa è al posto giusto in questa stout davvero ben fatta che si lascia bere con grande soddisfazione: una collaborazione ben riuscita che vale la pena d'andare a cercare.
Formato 50 cl., alc. 6.5%, lotto 7216, scad. 28/02/2019.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

mercoledì 9 settembre 2015

Carlow O'Hara's Irish Stout

Secondo appuntamento con il birrificio irlandese Carlow che ha sede nella omonima cittadina ad un’ottantina di chilometri a sud di Dublino; il riassunto della loro storia lo potete provate qua, quando abbiamo stappato la Irish Pale Ale.  
Fondato nel  1996 da Seamus ed Eamonn O'Hara, ispirati dalla  Craft Beer Revolution Americana, Carlow può considerarsi uno dei precursori della piccola rivoluzione “brassicola” che anche in Irlanda sta facendo nascere nuovi microbirrifici. Curiosamente, o proprio come segno di “rottura” verso la tradizione, il birrificio debutta senza produrre nessuna “stout”: la prima, chiamata Celtic Stout, arriverà solamente nel 1999 e sarà poi rinominata O'Hara's Irish Stout. La ricetta prevede un mix di malti scuri ed una generosa luppolatura di Fuggle. Successivamente Carlow metterà in produzione una stout un po’ più robusta (6%) chiamata Leann Folláin che finirà anche ad invecchiare in qualche barile ex-whisky. 
Impeccabile nella pinta, con il suo color mogano scuro dai riflessi rossastri ed una cremosa schiuma beige dalla buona persistenza. L’aroma, pulito e dalla discreta intensità, mette in evidenza i profumi del caffè in grani, dell’orzo e del pane tostati, con qualche leggera concessione al caramello, ai frutti di bosco e alla cenere.  
È una stout che in fusto viene spillata al carboazoto per aumentarne la cremosità: la versione in bottiglia trova invece un buon compromesso tra scorrevolezza e cremosità, con una carbonazione delicata. Molto bene l’intensità del gusto, se si considera  che si tratta di una session beer (4.3%): caffè e orzo tostato dominano, con qualche leggera nota di caramello a bilanciare. Non è invece impeccabile la chiusura amara, dove le tostature sfociano leggermente nella gomma bruciata guastando un po’ la piacevolezza della bevuta; rimane comunque una discreta session beer, piuttosto caratterizzata dal caffè (e dalla sua acidità) con una buona secchezza e facilità di bevuta. Sicuramente meglio al naso che al palato, si trova anche in diversi supermercati con tutto sommato un buon rapporto qualità prezzo per il suo mezzo litro.
Formato: 50 cl., alc. 4.3%, IBU 40, lotto 5079 14:37, scad. 28/05/2016, pagata 3.22 Euro (supermercato, Italia).

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

lunedì 9 giugno 2014

Carlow O'Hara's Irish Pale Ale

In Irlanda, all’inizio del diciannovesimo secolo, erano operativi più di duecento birrifici, una cinquantina dei quali solo a Dublino ed 8 nella piccola città di Carlow, un’ottantina di chilometri a sud della capitale; la storia del declino brassicolo irlandese, è la stessa che ha caratterizzato anche la vicina Inghilterra. Chiusura di un numero sempre più alto di birrifici e di pubs, acquisizioni fatte da grandi gruppi, mercato in mano alle multinazionali, gusti standardizzati. Solo negli ultimi anni la tendenza si è lentamente invertita, con alcuni microbirrifici che hanno aperto i battenti, ispirati dalla Craft Beer Revolution nata negli Stati Uniti; al momento in Irlanda ci sono circa una ventina di microbirrifici, più della metà dei quali sono stati aperti negli ultimi cinque anni. Mi è toccato citare ancora una volta la Craft Beer Revolution Americana, perché è stata l’ispirazione che ha fatto nascere la  O’Hara’s /Carlow Brewing Company, fondata nel  1996 da Seamus ed Eamonn O'Hara a Carlow. Seamus era rimasto favorevolmente colpito, agli inizi degli anni novanta, dalle birre di Samuel Adams, Sierra Nevada, Anchor ed Harpoon incontrate durante un viaggio negli Stati Uniti.  Il birrificio che nasce è completamente a gestione familiare: mentre il fratello Eamonn abbandona quasi subito, per trasferirsi a Bruxelles, Seamus manda avanti le operazioni con l’aiuto dell'altro fratello Michael (head brewer), della moglie Kay (commerciale) e di sua sorella Siobban (amministrazione), mentre lo zio Michael segue la logistica e un altro zio, Terrance, si era occupato della ristrutturazione degli spazi che ospitano il birrificio, in origine un magazzino delle ferrovie. Le prime birre debuttano nel 1998 e, con grossa sorpresa per un birrificio irlandese, non c’è nessuna stout!  Si parte con una classica Red Ale (Moling's Traditional Celtic Beer) ed una birra al frumento (Curim Celtic Gold); fin da subito la maggior parte delle birre (70% della produzione) sono destinate all’estero, anche perché gli irlandesi non sembrano gradirle molto. La prima stout arriva solamente nel 2002: “in quanto irlandesi, sapevamo di dover produrre una stout.  Ma ci è voluto un po’ più di tempo per fare una stout come piaceva a noi”, dice Seamus. La O'Hara's Celtic Stout viene subito nominata, nello stesso anno del debutto, come “la migliore stout al mondo“ tra altre 74 stout che vengono valutate mel corso del Millennium Brewing Industry International Awards. Carlow/O’Hara è dunque uno dei precurosi della (piccola) rivoluzione brassicola che sta pian piano prendendo piede anche in Irlanda; nel 2006 si è reso necessario uno spostamento in locali più ampi a Bagenalstown, la città nativa degli O’Hara, per nuovi impianti che consentono di produrre circa 15.000 Ettolitri l’anno, la maggior parte dei quali (60%) continua ad essere esportata. 
E torniamo a parlare di Stati Uniti, perché in verità non c'è molta Irlanda in questa birra che pur sbandiera in etichetta Irish Pale Ale; nonostante la luppolatura sia infatti un mix di luppoli europei ed americani, sono soprattutto questi ultimi a prevalere, grazie anche ad un generoso dry shopping di Cascade. All'aspetto è dorata, quasi limpida, con una bella testa di schiuma croccante, bianca e cremosa, dalla lunga persistenza. L'aroma non è particolarmente intenso, apre con qualche lieve off-flavor che poi fortunatamente tende a scomparire per lasciare posto a lievi sentori floreali, di cereali e, finalmente di agrumi (pompelmo).  Meglio in bocca: morbida, con corpo tra il medio ed il leggero, carbonazione abbastanza moderata, scorrevole e watery. La base di malto offre pane e cereali, lievi note di miele, prima che il gusto viri verso gli agrumi, passando in rassegna prima la polpa dell'arancio e poi la scorza del limone e del pompelmo. La bevuta risulta ben bilanciata, con l'intensificarsi dell'amaro nel finale, decisamente zesty, ma che si porta in dota anche una piccola nota metallica un po' sgradevole. Una bottiglia che non è un elogio della fragranza, la mancanza della data d'imbottigliamento rende impossibile sapere quanti mesi di vita ha questa birra, ed il trattamento privo di guanti che la ha forse riservato la grande distribuzione ha probabilmente dato il colpo di grazia ai profumi del dry-hopping. Risultato: birra poco profumata, discretamente intensa e gradevole in bocca, qualche difettuccio, buona secchezza e buon potere dissetante, facile da bere. Ci si può accontentare.
Formato: 50 cl., alc. 5.2%, IBU 50, lotto 3297 23:18, scad. 28/04/2015, pagata 3,99 Euro (supermercato, Italia).