La Brasserie Ouroboros si trova ad Auzon, Francia, nel dipartimento dell’Haute-Loire. In realtà la localizzazione non è molto importante, visto che si tratta di una beer-firm che produce solitamente le sue birra 300 km più a Nord, alla Brasserie Barbaroux di Chassagne Quello che però colpisce maggiormente è la quasi completa assenza d’informazioni in internet, dove solitamente le beer firm sono invece piuttosto attive. Nessun sito, solo una misera pagina Facebook senza nessun informazione. La beer firm è stata fondata da Guillaume Gufflet nell’aprile del 2012; spulciando i forum degli appassionati birrofili francesi si viene giusto a sapere di loro partecipazioni a festival ed eventi, ma nulla più. Non resta allora che guardare altrove, per esempio al nome scelto: l'Ouroboros (detto anche Uroboro o Oroboro) è un simbolo molto antico che rappresenta un serpente che nell'atto di mordersi la coda, formando così un cerchio e "ricreandosi" continuamente; è un simbolo associato all'alchimia, allo gnosticismo e all'ermetismo. Rappresenta la natura ciclica delle cose, la teoria dell'eterno ritorno, quella dell'Uno-Tutto e tutto quello che è rappresentabile attraverso un ciclo che ricomincia dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine.La birra in questione è invece chiamata Ragniagniarök; ritorniamo su wikipedia: I Ragnarǫk (in islandese moderno anche Ragnarök e Ragnarøkk) indicano, nella mitologia norrena, la battaglia finale tra le potenze della luce e dell'ordine e quelle delle tenebre e del caos, in seguito alla quale l'intero mondo verrà distrutto e quindi rigenerato. In etichetta c’è effettivamente un serpente nero che si mangia la coda, qualche schizzo di sangue ed il nome della birra (Ragniagniarök) scritto in caratteri molto poco comprensibili; la descrizione annuncia una birra “sanguinosa” (sanglante) prodotta con malto d’orzo e d’avena, luppoli Nelson (Sauvin, immagino), Warrior, Appollo (con una “P” di troppo), Galaxy ed Amarillo. Viene prodotta secondo quanto scritto alla “Les radicaux libres”: birrificio, brewpub o che altro? Il sito internet non funziona.
Ricapitolando, etichetta aggressiva, birra “sanguinosa”, e scritta Brutal Brewing in bella vista mi portano a pensare di accingermi a versare nel bicchiere una sorta di mostro ultraluppolato. Il colore è tra l’ambrato ed il rame, velato; forma una generosa testa di schiuma biancastra, cremosa e molto persistente. L’aroma è piuttosto dimesso e scarno: lieve sentori di agrumi, soprattutto rancia, lampone, lychee, e qualche richiamo molto dolce di chewing-gum (big babol?). In bocca il corpo è molto debole, e l’unica forma di brutalità (sic) che riesco a percepire è quella delle bollicine: tante, troppe, non aiutano certo alla percezione del gusto già di per sé poco incisivo. Arriva qualche nota di biscotto e di caramello e poi si passa subito ad un amaro dai toni vegetali ed erbacei nè particolarmente gradevole nè elegante. Stupisce l’assenza della frutta che si era intravista nell’aroma, che per lo meno avrebbe aiutato a rendere la bevuta più armoniosa ed interessante. Peggiora riscaldandosi, diventando fastidiosamente astringente e lievitosa. Nelle intenzioni era forse una APA o una IPA, ma il risultato non è molto comprensibile e si finisce davvero con grande fatica; birra poco brutale e mal fatto, tanto rumore per nulla.
Formato: 33 cl., alc. 6%, scad. 01/2015, pagata 4.00 Euro (beershop, Francia).
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