Risale ad oltre un anno fa l'ultimo incontro con Birra Turan; il birrificio della Tuscia gode di una buona distribuzione nell'alto Lazio ed a Roma, mentre al nord non ho mai avuto l'occasione d'incontrare le loro birre. Nel frattempo il birrificio guidato dal birraio Orazio Laudi ha affrontato un restyling del look, con nuove etichette più moderne (si veda ad esempio il confronto tra la vecchia e la nuova Ultrasonica) e, finalmente, l'arrivo del formato da 33 centilitri. Anche la gamma di birre disponibili tutto l'anno ha subito qualche cambiamento, con l'arrivo di una tripel (Public Enemy) e di una koelsch (Zerosei) che affiancano le storiche Sfumatura (ottima) ed Ultrasonica.
Tra le novità c'è anche questa Dry Hard 2, una India Pale Ale dal nome molto azzeccato con citazione cinematografica; nasce come una one-shot che viene presentata durante l'Italian Beer Festival 2013 di Roma, dove viene presentata come una Belgian IPA abbondantemente luppolata di Citra. Esperimento riuscito visto che a distanza di un anno il birrificio decide d'inserirla stabilmente in produzione, con un nome leggermente diverso (Dry Hard 2) che fa pensare ad un "sequel" della prima birra e che, immagino, presuppone un cambio di ricetta che dal Belgio si rivolge verso gli Stati Uniti.
Luppolata con Summit e Citra, si presenta di colore arancio con sfumature ramate; la schiuma non è particolarmente ampia, è bianca e compatta, cremosa, con buona persistenza. Il naso è invitante, con un bel bouquet dolce di frutti tropicali come mango, passion fruit, ananas maturo, melone retato; c'è anche una controparte più pungente di agrumi, con arancio e pompelmo, e qualche richiamo di pesca nettarina. Scorrevole senza risultare acquosa, in bocca è morbida e gradevole, con un corpo medio ed una carbonazione abbastanza contenuta. Il gusto gioca sullo stesso terreno dell'aroma, arruffianandosi il palato con un bel carico di frutti tropicali, dolci, che sono tuttavia sapientemente bilanciati da note più aspre di agrumi (almeno finché la birra è fresca e giovane). C'è anche una base di malto (biscotto, lieve caramello) ed un finale secco e discretamente amaro, di resina e pompelmo che pulisce bene il palato. Leggo che il suo nome (Dry Hard) sarebbe stato ispirato dall'abbondante (ma non eccessivo) dry-hopping che la caratterizza; più che di muscoli, di esplosioni e di follia si parla dunque di profumi e di aromi. I minacciosi elicotteri, il cielo infuocato ed i fori di pallottola dell'etichetta portano un po' fuori strada: il birra è ben fatta, pulita, piaciona ed ha una buona intensità, ma l'amaro è quasi in secondo piano rispetto alla frutta tropicale. Eleganza anziché muscoli, è comunque un bel bere, ma piacerebbe al burbero John McClane?
Formato: 33 cl., alc. 6%, IBU 70, lotto 1113, scad. 11/2014, pagata 3.70 Euro (beershop, Italia).
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