Il 23 Luglio 1999 Vinopolis apre le porte a Londra, situato sotto le arcate del treno, ad un tiro di schioppo da London Bridge e dal trendy Borough Market; si tratta uno spazio espositivo-commerciale (10.000 mq) realizzato dalla Wineworld London e completamente dedicato al mondo del vino: esperienze formative-gustative, esibizioni, degustazioni, ristoranti ed ovviamente un negozio dove fare acquisti. Col tempo – ed è questo il motivo per cui si parla di Vinopolis su un blog di birra – le degustazioni e gli eventi vanno oltre il vino, coinvolgendo anche cocktails e distillati. Nelll’ottobre del 2005 si aggiunge anche un brewpub, chiamato Brew Wharf, ideato dai ristoratori e proprietari di ristoranti stellati Claudio Pulze (Aubergine e Cantina) e Trevor Gulliver (St John Restaurant a Smithfield), con l’aiuto iniziale di Alastair Hook (Meantime) che installa e mette in funzione l’impianto da 8 ettolitri. Le birre sono inizialmente rispettose della tradizione anglosassone e si basano sulle antiche ricetta della defunta Anchor Brewery ma – leggo in giro – non proprio memorabili; la svolta avviene nel 2010 quando le ricette vengono completamente stravolte (ovvero americanizzate) da tre homebrewers: Phil Lowry, Angelo Scarnera e Steve Skinner (immagino solo un omonimo del titolare del birrificio in Cornovaglia). Phil Lowry nel 2011 è tra gli organizzatori della London Brewers Alliance: il primo meeting inaugurale, nel 2011, si tiene proprio al Brew Wharf. Angelo Scarnera rimane poi come unico birraio permanente, anche se viene occasionalmente affiancato da Phil e Steve che si dilettano anche a produrre birre con il marchio Saints & Sinners; la produzione viene comunque assorbita quasi per intero dal brewpub e dal consociato locale Beehive, ma occasionalmente vengono anche prodotti e distribuiti qualche bottiglia e qualche fusto.
Non mancano ovviamente le collaborazioni, ed ai più attenti birrofili (o beer geeks) italiani il nome Brew Wharf non suonerà nuovo, visto che nel 2011 a Londra nasce la Space Invader, una IPA “chiara” brassata assieme a Bruno Carilli di Toccalmatto; la birra viene poi replicata in italia, questa volta in versione “scura”, diventando la B Space Invader.
Nel 2012 viene Brew Wharf commercializza la prima birra in bottiglia, e si tratta proprio di questa “Reserve”; il brewpub non dispone di una linea d’imbottigliamento, che per l’occasione viene fatto a The Kernel. La birra arriva appena prima della chiusura del locale durante le Olimpiadi di Londra del 2012, quando tutta la struttura Vinopolis diviene parte della USA Team House, ospitando gli atleti americani ed i loro familiari.
Mille bottiglie prodotte, generosa luppolatura di Columbus, Centennial, Simcoe e Citra, aggiunta di caffè Coleman (proveniente dal vicino Borough Market) e lattosio. Una imperial porter, secondo Ratebeer; una english strong dark ale secondo l'etichetta: è completamente nera, senza che nessun raggio di luce riesca a penetrarla. La schiuma è beige, molto compatta e fine, solida, cremosa e molto persistente: aspetto sontuoso ed invitante. Al naso c'è un mix di agrumi (arancio, pompelmo), cioccolato amaro e caffè, liquirizia; il risultato è una sorta di chocolate fuit cake, potenziato da una lieve presenza di alcool. L'aroma è forte e pulito, molto invitante, e le conferme arrivano sin dal primo sorso: birra vellutata, morbidissima e cremosa, dal corpo medio-pieno e molto poco carbonata, che avvolge la bocca con una calda coltre ricca di caffè e di tostature. La bevuta prosegue con un intermezzo dolce, di agrumi canditi, per poi ritornare su territori oscuri nel finale di caffè, cioccolato amaro e liquirizia. E' una birra che rischia, mettendo in gioco a forte intensità sia la generosa luppolatura americana che la solida base di malti scuri: il pericolo di collisione/repulsione è alto, ma il mix risulta alla fine convincente e coinvolgente, anche grazie alla grande pulizia ed intensità dei singoli elementi in gioco. Ci sono quei richiami al fruit cake tipici delle migliori (imperial) stout anglosassoni, ma invece dei frutti di bosco troviamo gli agrumi portati in dote dai luppoli americani. Il risultato è un vortice di sensazioni dolci (canditi) ed amare (cioccolato, caffè), di alcool stemperato dall'acidità dei malti scuri, con un'amalgama che tiene alla distanza, appaga e convince nel lento sorseggiare. Il finale è morbido e caldo, appagante ed etilico, ricco di caffè, cioccolato amaro, liquirizia ed un delicato warming etilico. La scommessa è vinta, il bevitore è soddisfatto e questa Reserve è davvero una gran bella birra.
Formato: 33 cl., alc. 9.5%, lotto 2012, scad. non riportata, prezzo 5.06 Euro (beershop, Inghilterra).
Nessun commento:
Posta un commento