Eccoci alla seconda parte dedicata al vintage belga; per chi si fosse perso la prima ecco il link. Oggi assaggiamo altre quattro birre che hanno passato dieci anni in cantina (per i più pignoli) al buio ad una temperatura variabile tra una media di 5-10 gradi in inverno e di 20 in estate, con qualche picco di 25 negli anni più torridi. Ricordo anche che il 90% della birra va bevuta fresca e che sono poche le birre che migliorano con il tempo. Gli effetti dell’ossidazione possono essere piacevoli o spiacevoli e spesso convivono: per quel che mi riguarda a parte rari casi considero l’invecchiamento così lungo una curiosità, non di certo una necessità. Un paio di anni invece su alcuni stili sono invece desiderabili e aiutano a smussare gli angoli e le irrequietezze della gioventù. Ma andiamo oltre e iniziamo a stappare.
Chimay Bleue (9%)
Da questa birra non mi aspettavo molto: nessun pregiudizio, in passato mi era già capitato di bere qualche bottiglia vecchia (anche se non così) ed il risultato era stato poco entusiasmante. E’ tuttavia una birra alla cui sono affezionato: quando la birra artigianale ancora non esisteva la Chimay Blu si teneva in serbo per qualche occasione speciale. Il suo colore è ambrato carico e piuttosto torbido; la schiuma è compatta ma poco persistente. Il naso è piuttosto ossidato e stanco: ciliegione, cartone bagnato, melassa, uvetta, datteri. La sensazione palatale non è invece male: il corpo non è particolarmente scarico e le bollicine sono ancora presenti. Anche il gusto si risolleva un po’: caramello e biscotto rispondono ancora presente, ci sono note liquorose e di vino marsalato, quasi una piacevole apparizione finale d’amaretto. L’alcool è ben dosato, il cartone ed il peso degli anni si fanno sentire ma la bottiglia non è un completo cadavere. Coefficiente di resistenza all’invecchiamento: 6/10.
Rochefort Trappistes 10 (11,3%)
La sua sorella minore 8 non aveva fatto male e quindi mi aspetto ancora di più dalla “mitica” 10: la sua tonaca di frate è molto torbida, la schiuma cremosa ha una discreta persistenza. L’aroma rincuora: Porto, uvetta, prugna disidratata, frutti di bosco, mela. Non è molto intenso ma riesce già a riscaldare l’animo. In bocca è ancora solida: carbonazione media, nessun cedimento strutturale e la bevuta è potente, reminiscente di Porto e vino liquoroso accompagnati da biscotto, caramello e frutta sotto spirito. Non è quel capolavoro che mi era capitato d’assaggiare al quinto anno, non c’è quella bellissima suggestione di cioccolato finale ma è ancora una birra che emoziona. Il cartone bagnato appena si sente. Un’alternativa economica ad una bottiglia di Porto? Una Roch 10 di dieci anni. Coefficiente di resistenza all’invecchiamento: 8/10.
Liefmans Goudenband (8%)
Lo ammetto: è la prima volta che bevo la Goudenband e non ho quindi nessun parametro di riferimento con una bottiglia giovane. Una mancanza imperdonabile la mia: quando si parla di Oud Bruin il nome Liefmans è un pezzo di storia fondamentale della tradizione belga. La famiglia fondatrice lo cedette nel 1974 e da quell’anno il birrificio cambiò più volte proprietario l’ultimo dei quali, la Riva di Dentergem, finì in bancarotta nel 2008. Il marchio Liefmans fu rilevato dalla Duvel-Moortgat. Non ho fonti esatte da citare ma per quel che ne so la Goudenband è pastorizzata e non ha quindi molto senso invecchiare una birra che è già “morta” alla nascita. Ma tant’è. Non fosse per la schiuma grossolana ed evanescente si direbbe infatti ancora perfetta: rosso rubino, acceso e luminoso, limpido. L’aroma parla di aceto di mela, tappo di sughero, ribes rosso: chiuso, “polveroso”, poco intenso e poco entusiasmante. Le poche bollicine e l’alcool fantasma la rendono pericolosamente facile da bere: non risulta tuttavia molto rinfrescante a causa della sua dolcezza. Caramello, tanta ciliegia, prugna e frutti di bosco: per fortuna l’aceto di mela e l’asprezza del ribes seccano un po’ il finale e portano un po’ di equilibrio. Non trovo segni d’ossidazione al palato, probabile conferma di una pastorizzazione che ha quasi reso la birra immune al passaggio del tempo. Nel complesso la bevuta è gradevole ma fredda e plastica: nessuna emozione, nessun palpito. Coefficiente di resistenza all’invecchiamento: ND.
Fantôme Saison 2010 (8%)
La Saison dell’eclettico Dany Prignon non è per definizione una birra da invecchiare: vero, le Saison storicamente erano bières de provision ma si parlava di qualche mese, non certo di anni. Oltre a questo c’è da dire che la costanza produttiva non è mai stata (ultimamente è migliorato, lo ammetto) la caratteristica principale di Fantôme: il rischio è quello di mettere in cantina qualcosa d’imbevibile già in partenza. Mi sono comunque voluto togliere lo sfizio d’invecchiare una Saison dalla gradazione alcolica robusta ed il risultato è stato sorprendente. Nel bicchiere è luminosamente dorata, la schiuma è ancora pannosa e generosa anche se molto rapida nel dissiparsi. Al naso c’è ancora quella speziatura indefinita (pepe? coriandolo?) del lievito di casa Fantôme accompagnato da pera, arancia, accenni di frutta a pasta gialla e di uva, il tutto in un contesto rustico e ruspante. Le bollicine sono ancora vivaci e il fantasmino bianco scorre in bocca che è un piacere. Miele, frutta a pasta gialle, mela verde, agrumi, uva bianca: si direbbe una Saison nata ieri non fosse per quel carattere vinoso (moscato d’annata?) che fa capolino a più riprese. Chiude secca e un po’ amara (terroso, lattico), lasciando con molti interrogativi chi ha il bicchiere in mano: possibile che dopo dieci anni questa Saison sia ancora così piena di vita? Un piccolo miracolo, una splendida vecchietta e no. Coefficiente di resistenza all’invecchiamento: 9/10.
Considerazioni finali su queste altre quattro bottiglie: inutile invecchiare Goudenband e Chimay Bleue, per motivazioni diverse, una certezza la Rochefort 10 anche se l’avevo trovata migliore dopo “solo” cinque anni. Gli altri cinque potevo tranquillamente risparmiarglieli. Fantôme è la sorpresa che non t’aspetti: ho provato a metterne via una bottiglia quasi per gioco e il risultato è andato ben oltre le aspettative. La risposta alla domanda meglio fresca o dopo dieci anni è comunque facile: meglio fresca, una Fantôme in stato di grazia che odora di fragole alla panna è un’esperienza che non ha prezzo.
Nel dettaglio (i prezzi si riferiscono al momento dell'acquisto):
Chimay Bleue, 33 cl., alc. 9%, scad. 12/2015, pagata 2,50 € (supermercato) 34
Rochefort Trappistes 10, 33 cl., alc. 11,3%, scad. 26/05/2015, pagata 2,99 € (supermercato) 41
Liefmans Goudenband, 37.5 cl., alc. 8%, scad. 06/2020, pagata 3,19 € (drink store) 38
Fantôme Saison 2010, 75 cl., alc. 8%, scad. 12/2013, pagata 5,70 € (drink store) 42
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