Iris, dea greca raffigurata come una fanciulla dotata di piedi veloci e grandi ali dorate, personificazione dell’arcobaleno e messaggera degli dei; la dea accompagnava sovente i defunti ai Campi Elisi e da questa leggenda si diffuse l’abitudine dei greci di posare sulle tombe dei familiari dei fiori viola, dalle sfumature cromatiche simili all’arcobaleno. Il fiore iris secondo la mitologia greca rappresenta la speranza, la notizia positiva, il buon auspicio per il futuro e la possibilità di attraversare un periodo positivo dopo tante difficoltà.
Non è stata quindi causale la scelta fatta nel 1998 da Jean-Pierre Van Roy, a quel tempo ancora al timone della Brasserie Cantillon, di chiamare una birra con questo nome prima di passare il testimone al figlio Jean. Il birrificio arrivava da un ventennio molto difficile, era riuscito a saldare i propri debiti solo nei primi anni ’90 e aveva ripreso ad investire. Come ci spiega Kuaska in un articolo per Fermento Birra: “per festeggiare i primi vent’anni di vita del Musée Bruxellois de la Gueuze volle presentare una birra originale che legasse il passato al futuro. Provava una forte nostalgia per una birra che aveva amato sin da ragazzo, la birra che incarnava lo spirito di Bruxelles, la sempre rimpianta Spéciale che vide la luce nella birreria fondata da Léon Aerts nel 1897 e chiusa nel 1963. Nacque così una birra nuova che nella mente di Jean-Pierre doveva non solo ricordare, ma in un certo modo riprodurre la Spéciale Aerts, sempre seguendo la filosofia Cantillon della fermentazione spontanea. Ecco allora arrivare una birra inedita a fermentazione spontanea ma con l’utilizzo di solo malto Pale, senza nemmeno un grammo di frumento, con l’aggiunta di 50% di luppolo (Hallertau) fresco e di 50% di luppolo vecchio di tre anni (suranné).”
Il primo lotto di Iris fu prodotto nel 1996 e dopo due anni d’invecchiamento in legno venne luppolato a freddo per due settimane mediante un sacco di lino pieno di luppolo Saaz fresco. Al momento dell’imbottigliamento venne poi aggiunto liqueur d’éxpédition. Ancora Kuaska: “la novità fu il ricorso al dry hopping con luppolo fresco (poi ribadito da Jean, a partire dalla Cuvée des Champions), che dona un ficcante retrogusto amaro, anticipando una tendenza e un cambiamento nel gusto del consumatore belga che si sarebbero in seguito rivelati travolgenti”.
Un secondo lotto di Iris fu prodotto nel 1998 e messo poi in vendita nel 2000: da allora è stata sempre prodotta una volta all’anno con un’etichetta che non è mai cambiata e che richiama i fiori che crescono nei prati di Brussels. Iris è anche l’unico prodotto Cantillon che non può essere chiamato lambic in quanto non rispetta il Regio Decreto del 31 marzo 1993 il quale stabilisce che per produrre lambic bisogna usare almeno il 30% di frumento non maltato.
Un secondo lotto di Iris fu prodotto nel 1998 e messo poi in vendita nel 2000: da allora è stata sempre prodotta una volta all’anno con un’etichetta che non è mai cambiata e che richiama i fiori che crescono nei prati di Brussels. Iris è anche l’unico prodotto Cantillon che non può essere chiamato lambic in quanto non rispetta il Regio Decreto del 31 marzo 1993 il quale stabilisce che per produrre lambic bisogna usare almeno il 30% di frumento non maltato.
La birra.
I tappi di sughero non sono mai stati il punto di forza della maison Cantillon e anche questa bottiglia di Iris 2014 non fa eccezione. Nel corso degli anni un po’ di liquido è traspirato ed ha arrugginito l’interno del tappo metallico; il sughero si è poi spezzato al momento dell’apertura ma sono fortunatamente riuscito ad estrarre anche il pezzo rimato nel collo senza dover farlo cadere all’interno. Nonostante sia rimasta per cinque anni in cantina in posizione verticale, su tutto il fianco interno della bottiglia c’è un evidente striscia tipica degli invecchiamenti in posizione orizzontale.
Il suo colore è un bell’ambrato, un po’ scarico e acceso da riflessi oro e arancio: la schiuma è cremosa, compatta ed ha ottima ritenzione. Al naso le note funky del lambic (cantina, muffa, legno) convivono con qualche accenno d’aceto di mela, note aspre di uva e limone: in secondo piano arrivano come per magia dolci ricordi di frutti di bosco, vino marsalato, suggestioni di zucchero a velo, forse vaniglia. A cinque anni dall’imbottigliamento è ancora vivacemente carbonata e vivace: il mouthfeel è ottimo, morbido, privo di quelle irrequietezze dei lambic, soprattutto giovani. La bevuta si snoda tra note vinose (dolci ed aspre), funky e legnose, limone, ricordi di aceto balsamico; nel finale, molto secco, arrivano note lattiche e s’avverte ancora netto – dopo più di un lustro - l’apporto amaricante del luppolo. Del resto stiamo parlando della Cantillon più luppolata.
Bevuta complessa, intensa, ancora scattante e soprattutto non priva di emozioni, quelle che qualche sbuffo acetico qua e là non riesce a compromettere. In ultimo non posso esimermi dalle solite considerazioni sul prezzo, visto che parliamo di Cantillon. Era il 2015 e la pagai neppure sette euro in Rue Ghede 56; in Italia le ultime bottiglie arrivate costavano dai 25 ai 30 euro; sul mercato secondario una bottiglia di Iris 2014 viene attualmente valutata intorno agli 80 euro.
Formato 75 cl., alc. 6%, IBU 45, lotto 11/2014, pagata 6,80 € (birrificio)
Formato 75 cl., alc. 6%, IBU 45, lotto 11/2014, pagata 6,80 € (birrificio)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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