lunedì 2 marzo 2020

Basqueland Brewing Project: Palmtree Piñata IPA, All That Glitters NEIPA, Mucho Caliente Double NEIPA


Il primo ad arrivare a San Sebastián è stato  Kevin Patricio, un americano classe 1975 di origine filippina nato nel Maryland e trasferitosi nei Paesi Baschi per motivi sentimentali. Sfruttando la sua esperienza come cuoco a New York Kevin apre nel 2011 le porte del La Madame, un ristorante con ottima selezione di cocktail:  San Sebastián è una piccola capitale gastronomica  che vanta il maggior numero di stelle Michelin pro capite al mondo, i Paesi Baschi e la Rioja Alavesa sfoggiano una tradizione vinicola importantissima. Ma al ristoratore americano manca ancora qualcosa, un pezzo di casa: quella birra artigianale che negli Stati Uniti ha provocato una rivoluzione. Kevin ne discute assieme al proprio fornitore di vino Benjamin Rozzi, un altro americano (Ohio) che lavora nei Paesi Basch: i due abbozzano senza crederci troppo una piccola carta delle birre da proporre ai clienti del ristorante utilizzando le poche artigianali disponibili nella zona. In poche settimane nove clienti su dieci alla Madame ordinano birra artigianale anziché industriale. Patricio e Rozzi vedono un grosso potenziale e provano a portare un pezzo di craft beer americana anche nei Paesi Baschi: nessuno di loro ha però esperienza nlla produzione e quindi decidono di affidarsi ad un amico  di Rozzi, il birraio Benjamin Matz che sembra perfetto: californiano (San Diego), biondo, classe 1979, amante del surf e con esperienze presso Pizza Port e Stone Brewing prima di trasferirsi in Messico alla Wendlandt. Ricorda Matz: “a Ben feci solo due domande: c’è l’Oceano? Ci sono le onde? Sì? Allora forse vengo”. 
I tre americani fondano Basqueland Brewing Project che debutta come beerfirm nel febbraio del 2014. “Siamo partiti con delle birre facili da bere e dal basso contenuto alcolico in modo da non sconvolgere il palato di coloro che si avvicinavano alla birra artigianale” (una Blanche -Belgian Blonde Ale, la Aupa All United Pale Ale e la Arraun Amber Ale) ma “abbiamo subito scoperto che stavamo sottostimando i nostri clienti. Ad una festa di matrimonio portammo sette cartoni di una delle nostre birre sperimentali, pensando che sarebbe stata ignorata dalla gente impegnata a bere vino e bollicine. Ma le donne, alcune di loro dell’età di 75 anni, si contendevano le bottiglie di birra. In quel fine settimana conoscemmo anche due dei nostri principali finanziatori per l’acquisto dei nostri impianti”. 
Basqueland  opera infatti come beerfirm per poco più di un anno e a settembre 2015 diventa birrificio a tutti gli effetti con l’inaugurazione dell’impianto a Hernani, dieci chilometri a sud di San Sebastián e un milione di dollari d’investimento. Il 2016 si chiude con 160.000 litri di birra prodotti. Il contabirre di Untappd segna oggi quota 113: a dominare sono IPA, Session IPA, NEIPA e Double IPA, oggi distribuite in tutta Europa rigorosamente in lattina.

La birra.
Passiamo in rassegna tre luppolate di Basqueland. Partiamo da  Palmtree Piñata (6%), classica West Coast IPA, stile che oggi si è dovuto inchinare alla moda del New England: purtroppo, aggiungo io. Per l’occasione sono stati usati Amarillo, Mosaic e Cryo Columbus, anche in dry-hopping. Colore perfettamente californiano, tra il dorato e l’arancio, schiuma biancastra compatta e persistente. L’aroma è poco intenso, poco variegato e si dovrebbe pretendere di più: domina il carattere dank, in sottofondo s’avverte qualche traccia di pompelmo. Per fortuna la bevuta fa qualche passo in avanti: pane, miele, leggeri richiami dolci di frutta tropicale e un bell’amaro finale dank-resinoso che ci porta finalmente sulla West Coast. Intensità e pulizia sono ad un buon livello, la personalità un po’ latita e ci vorrebbe un po’ più di enfasi per quel che riguarda l’accoppiata tropicale-pompelmo, pur senza avventurarsi in territorio New England. Benino, ma ci sono ampi margini di miglioramento.

Spostiamoci sull’altra costa, quella che va oggi di moda, per stappare una lattina di All That Glitters (6%), NEIPA che vede come protagonisti Mosaic, Citra e Vic Secret. Nel bicchiere ricorda un bel succo di frutta ACE, la schiuma è abbastanza compatta e anche la ritenzione è tutto sommato soddisfacente. Il naso è molto intenso, sfacciato: un’esplosione dolce di mango, papaia, ananas, pesca percoca, arancia zuccherata. C’è anche una controparte aspra di passion fruit, pompelmo, lime e limone. L’aroma è la massima espressione di questa DDH NEIPA il cui carattere fruttato al palato non riesce a mantenere lo stesso livello di potenza e di espressività. Non ci si piò comunque lamentare: mango e ananas non mancano, gli agrumi bilanciano il dolce e nel finale c’è anche una breve incursione amara resinosa. NEIPA ben fatta e molto godibile, con pochissimi spigoli e con l’alcool nascosto benissimo.

Chiudiamo con i fuochi della Mucho Caliente, Double NEIPA (8%) e collaborazione con un nome alla moda della scena craft newyorkese: Finback. Per l’occasione sono stati usati Citra, Azacca e Vic Secret. E’ un succo di frutta alla pesca sul quale si forma una testa di schiuma biancastra. Mango, ananas, pesca, albicocca e papaia formano un naso dolce ed intenso che viene disturbato da qualche leggerissimo accenno di cipolla. La sensazione palatale è ottima: corpo medio, la sensazione “chewy” è molto morbida, setosa, quasi impalpabile. Anche in questa birra il gusto non eguaglia l’aroma ma si mantiene comunque a livelli elevati: manca un po' di definizione e la bevuta si risolve in una sensazione  tropicale dolce molto godibile alla quale si contrappone un breve passaggio amaricante resinoso finale di buona intensità che a voler essere pignoli gratta un pochino in gola. Niente di grave. L’alcool si fa sentire solo in questa fase e lascia un delicato tepore, timida avvisaglia di una gradazione alcolica molto ben mascherata. Una Double NEIPA molto ben fatta, intensa e facile da bere, che gestisce con buona maestria i passaggi delicati dello stile. Promossa in pieno. 
I lettori del blog di lunga durata forse ricorderanno che in questi anni non ho mai nutrito un grande amore per la birra artigianale proveniente dalla penisola iberica. Niente di personale, si tratta(va) solo di un movimento che stava muovendo i primi passi e che era ancora un po’ acerbo; non vedevo la necessità di andare a cercare birre che mi riportavano al livello della scena italiana di un decennio fa. Vedo che in Spagna stanno facendo grossi progressi, anche se a dirla tutto bisogna notare come molti dei birrifici che stanno avendo successo sono guidati da birrai americani. 
Nel dettaglio:
Palmtree Piñata, 44 cl., alc. 6%, IBU 62, lotto 194605, scad. 12/2020, 7.00 euro (beershop)
All That Glitters, 44 cl., alc. 6%, IBU 30, lotto 194802, scad. 12/2020, 7.00 euro (beershop)
Mucho Caliente, 44 cl., alc. 8%, IBU 25, lotto 195006, scad. 12/2020, 8.00 euro (beershop)
Prezzi indicativi.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa lattina e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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