Qualche anno fa la birra artigianale era caratterizzata dalla moda dello “strano”: si trattava di produrre birra aggiungendo gli ingredienti più improbabili e inusuali. Trovare burro d’arachidi, marshmallow, cocco o sciroppo d’acero in un birra non era più una notizia e ovviamente quando tutti “lo fanno strano” è necessario alzare l’asticella per farsi notare ed urlare più forte degli altri. Nelle birre iniziarono a finirci spaghetti, hot dog e hamburger, pancetta, aragoste, testicoli e cervelli di animali: ingredienti che hanno chiaramente esaurito in fretta il loro effetto sorpresa, forse neppure il tempo di una one-shot, e che oggi sono stati sostituiti dai più rassicuranti frutta e dolci (Milkshake IPA, Pastry Stout).
Nel 2015 eravamo in pieno delirio dello strano e Lervig ed Evil Twin diedero il loro contributo alla causa: si trattava curiosamente di un birrificio norvegese guidato da un americano, Mike Murphy, e da una beerfirm americana fondata da un danese, Jeppe Jarnit-Bjergsø. Murphy ricorda: “Jeppe è pazzo e l’idea era di fare qualcosa di stupido assieme. Mi chiese quale fosse la specialità gastronomica norvegese e io gli dissi che la gente mangiava moltissima pizza surgelata della Grandiosa. Cinque milioni di norvegesi mangiano circa 40 milioni di pizze surgelate all’anno. Lui mi chiese ‘ma che cos’altro hanno in abbondanza?’ e io gli dissi ‘i norvegesi hanno un sacco di soldi!’. La pizza surgelata non è terribile, ma se io avessi tutti quei soldi li spenderei in altre cose”.
Pizza e soldi furono dunque per essere gli ingredienti scelti per fare un po’ di clamore attorno ad una delle tante potenti imperial stout (17.5%) che verrà prodotta in Norvegia sugli impianti di Lervig. La pizza nella birra a dire il vero non è una novità: nel 2006 ci aveva pensato Tom Seefurth della Pizza Beer Company a “inventare” la Mamma Mia! Pizza Beer; non ho invece trovato notizie sull’utilizzo dei soldi. Alla fine di ottobre 2014 in Norvegia si mise in produzione la Big Ass Money Stout: “ho utilizzato una Corona Norvegese per ogni litro, in totale 6.000 corone, circa 600 euro. Poi ho aggiunto un paio di pizze surgelate della Grandiosa al prosciutto e peperoni. L’obiettivo non era tanto quello di far sentire il gusto pizza ma di scherzare un po’ sulla cultura; anche se qualcuno si è sentito offeso credo di aver portato alla luce il “problema” della pizza surgelata che hanno i norvegesi. I luppoli si usano in dry-hopping per ottenere profumi di luppolo fresco; ci chiedevamo se fosse accaduto lo stesso anche con i soldi e se si sarebbe sentito il loro odore”.
La Big Ass Money Stout è stata poi replicata nel 2017 in Norvegia e poi nel 2018 negli Stati Uniti sugli impianti della Westbrook, birrificio al quale Evil Twin appalta quasi tutte le birre scure. La gradazione alcolica è variata leggermente di volta in volta: questa Big Ass Money Stout 2 del 2017 è arrivata al 16%.
Nel bicchiere è completamente nera e la sua viscosità è evidente alla vista, non bisogna nemmeno assaggiarla; si forma poca schiuma che scompare quasi subito. Per fortuna non c’è traccia di pizza o soldi, i profumi sono quelli di una imperial stout massiccia che ovviamente sacrifica un po’ la finezza: uvetta, prugna, dark fruits, note terrose, di tabacco e di cenere, melassa e liquirizia, più di un richiamo ai vini fortificati. Al palato è masticabile; corpo pieno, poche bollicine, densa e viscosa, morbida, altro non consente che il lento sorseggiare. La bevuta è tutt’altro che impervia: la gradazione alcolica è difficile da celare ma in questo caso è tenuta al guinzaglio con successo. C’è tanta frutta sotto spirito, melassa, liquirizia, fruit cake e un finale in crescendo nel quale ricordi di porto sono accompagnati da lievi accenni di cioccolato fondente, caffè e tostato. Non sono certo eleganza, precisione e finezza le doti da chiedere ad un pachiderma: la Big Ass Money Stout è una birra ingombrante ma soddisfacente, intensa, calda e suadente. Dietro alla fuffa del marketing c'è una sostanza piuttosto classica: imperial stout molto alcolica, tanta frutta sotto spirito, tostature e caffè che gioco forza rimangono confinate molto nello retrovie. Pensate alle grandi stout che produce Bruery o alla World Wide Stout di Dogfish: non le berreste tutti giorni ma occasionalmente ci si passa volentieri una serata assieme.
Formato 33 cl., alc. 16%, imbott. 04/04/2017, scad. 04/04/2027, prezzo indicartivo 8 euro
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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