Il 2020 del birrificio laziale Ritual Lab è iniziato col botto, in particolare quello del concorso di Unionbirrai che lo scorso febbraio a Rimini lo ha incoronato Birrificio dell’Anno. Primo posto nelle rispettive categorie per la Modern Pale Ale Head Space, la Oatmeal Stout Black Belt e l’Imperial Stout Papa Nero, menzione d’onore per la Double IPA Too Nerdy e la Session IPA Nerd Choice. Un meritatissimo riconoscimento a coronamento di un percorso iniziato nel 2014: Ritual Lab è oggi un punto di riferimento nella scena italiana quando di parla di birre luppolate ma non solo, come mostrano i risultati del concorso.
La vetrina del festival internazionale Eurhop di Roma è come sempre una ghiotta occasione per realizzare qualche birra collaborativa con i birrifici che vi prendono parte: i frutti del lavoro collegati all’edizione 2019 sono stati raccolti dopo qualche settimana con la Gose al melograno concepita con gli svedesi di Wizard Brewing e poi con Freya, ottima Double IPA realizzata con Stigbergets e O/O Brewing.
Ma i beergeeks e i semplici appassionati italiani sono rimasti soprattutto colpiti dalle immagini pubblicate sui social media di Ritual nella giornata dell’8 ottobre: In sala cottura a Fornello erano infatti presenti emissari del birrificio della Pennsylvania Voodoo, anch’essi ospiti di Eurhop, per quella che veniva definita una “esperienza unica di birrificazione estrema”. Di Voodoo Brewing, fondato nel 2007 da Matt Allyn e ceduto nel 2016 ai propri dipendenti vi avevo parlato in questa occasione: le imperial stout barricate Black Magic e Grande Negro hanno portato hype mettendolo sulla lista dei desideri dei beergeeks americani e di tutto il mondo. In Italia lo stile imperial stout è ancora ristretto ad una piccola cerchia di aficionados: la loro produzione impegna l’impianto per più tempo, i birrai le fanno occasionalmente, forse non amano troppo berle e anche per questo il livello qualitativo non ha mai raggiunto l’eccellenza. Nell’ultimo anno si sono comunque visti grandi miglioramenti da parte di qualche birrificio.
Ritual Lab non aveva mai prodotto un’imperial stout e cimentarsi per la prima volta con l’affiancamento dei “maestri” di Voodoo è stata un’esperienza da ricordare, come racconta il birraio Giovanni Faenza al sito Mybeerpassion: “ci hanno passato un metodo totalmente nuovo di lavorare! Momenti davvero stimolanti per un birraio. La ricetta è massiccia, 1900 kg di malto per 2000 litri di mosto! 32.5 gradi plato di partenza che regalano dopo una fermentazione vigorosa 13,5% gradi alcolici, lasciando però un importante contenuto di zuccheri non fermentescibili che le donano la tanto ricercata masticabilità che la caratterizza! In aggiunta un 3% di maltodestrine ad amplificare ulteriormente il mouthfeel”.
La birra è stata messa in vendita subito dopo il weekend della premiazione di Birraio dell’Anno, ovvero a partire dallo scorso 20 gennaio. Inevitabile pensarla anche in qualche versione Barrel Aged: a quanto mi dicono botti ex-bourbon ed ex-cognac sono già state riempite, ci vorrà ancora un po’ di pazienza.
La birra.
Papa Nero: questo il nome scelto per la prima imperial stout di Ritual Lab che fa sfoggio della solita splendida etichetta. (Nota per il birrificio: a quando una bella linea di merchandising e magliette?). Il suo arrivo ha creato anche nella nostra comunità di birrofili un po’ di hype, per quanto sia imprudente pronunciare questa parola riferendosi alla scena italiana.
Il suo vestito è assolutamente nero ma il suo aspetto non è inappuntabile: la schiuma è piuttosto modesta ed ha una persistenza solo discreta. L’aroma non è esplosivo ma è comunque degno di nota: fondi di caffè, tabacco, liquirizia, caramello bruciato, tostature, accenni di cioccolato fondente. Il corpo è davvero pieno (forse il primo caso in Italia?) e densissimo ma le bollicine, benché contenute, sono inizialmente un po’ troppo pungenti e ne deteriorano un po’ la morbidezza. E’ comunque sufficiente lasciare un po’ la birra nel bicchiere (cosa peraltro inevitabile, considerata la gradazione alcolica) per sistemare le cose. E’ un Papa Nero ma dolce, con un percorso di bevuta ricco di caramello, frutta sotto spirito e liquirizia: tostature e caffè, molto contenute, arrivano solo nel finale assieme a qualche suggestione di cioccolato fondente e fruit cake. L’alcool è molto ben controllato: anche se è una birra che fa serata, riuscirete a finire di sorseggiarla prima del previsto.
Quando si collabora con un nome importante internazionale che nello stile raggiunge l’eccellenza si creano inevitabilmente delle aspettative piuttosto elevate, soprattutto quando il prezzo del biglietto è molto salato. Parliamo di circa 30 euro al litro per un’imperial stout ceralaccata e laboriosa da fare che non ha però subìto nessun passaggio in botte: con più di qualche euro in meno si riescono a reperire imperial stout americane di livello eccezionale. Nella valutazione a 360 gradi di un prodotto anche questo è un fattore che va considerato.
Papa Nero è intensa e ricca ma migliorabile per quel che riguarda eleganza, profondità e lunghezza: per il mio gusto personale un maggior carattere torreffato/tostato le gioverebbe molto, ad esempio come quello che possiede la Big Black Voodoo Daddy. Il Papa Nero è tra le migliori imperial stout italiane, è quella che s’avvicina maggiormente alla scuola americana ma vi sono ancora delle imperfezioni da limare. Ci dev’essere obiettività anche nel patriottismo.
Formato 33 cl., alc. 13.5%, lotto L69, scad. 11/2022, prezzo indicativo 10-12 euro (beershop) NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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