Fu la Camdem Town Brewery, nel maggio 2013, il primo microbirrificio inglese a commercializzare la propria birra in lattina e a dare così il via al "microcanning" nella capitale inglese: sono i canadesi della Cask Brewing Systems a rivendicare di essere stati i primi a realizzare un sistema di "messa in lattina" su piccola scala, manuale, semi-automatico o automatico, presentato per la prima volta nel 2002 alla Craft Brewers Conference di Cleveland, tra la diffidenza degli addetti ai lavori.
Gli americani della Oskar Blues, in quello stesso anno, furono il primo birrificio "artigianale" a vendere una birra in lattina, la Dale's Pale Ale. Il resto è oggi storia e anche in Europa, sebbene in misura molto minore che negli Stati Uniti, la lattina si sta diffondendo. A Londra dopo Camden fu la volta di Fourpure Brewing e Beavertown, mentre in tutto il Regno Unito si parla di una crescita della vendita di birra in lattina al ritmo di un +250% all'anno.
Parliamo nello specifico di Beavertown, birrificio fondato nel dicembre 2011 da Logan Plant (figlio d'arte e musicista nel gruppo Son's of Albion), nella cucina del pub di proprietà Duke's Brew and Que, nel quartiere di Hackney e poi trasferitosi definitivamente ad aprile 2014 (terzo trasloco) nei più ampi locali del Lockwood Industrial Park.
La Bloody 'Ell debutta a maggio 2013 in bottiglia e fusto nel pub Duke's Brew and Que: si tratta di una IPA la cui ricetta, oltre ad una generosa luppolatura di Amarillo e Citra, prevede utilizzo di succo e scorza di arance rosse nelle ultime fasi della bollitura.
Da poco disponibile anche in lattina con le solite splendide illustrazioni di Nick Dwyer, si presenta di colore arancio pallido, opaco, con qualche riflesso dorato ed una solida testa di schiuma bianca, cremosa e compatta, dall'ottima persistenza. L'aroma mi sembra ancora fresco ma non brilla per l'intensità, e pure l'eleganza sarebbe migliorabile. Sono ovviamente protagonisti gli agrumi (pompelmo, mandarino e arancia) con sentori di aghi di pino in secondo piano. Neppure in bocca trovo quella "esplosione" di agrumi o di arancia che mi aspetterei da una birra che si definisce una "Blood Orange IPA": d'accordo, non è una birra alla frutta, ma qui gli agrumi (arancia e pompelmo) sono solo un veloce passaggio che porta dall'imbocco maltato (crackers) al deciso ed intenso amaro, nel quale è protagonista soprattutto la resina anziché la scorza degli agrumi. I gradi dichiarati sono 7.2 e si sentono tutti, senza nessuno sconto, con una bevibilità che risulta quindi un po' più lenta del previsto. La bevuta è comunque molto pulita, l'amaro è notevole ma elegante e mai raschiante, e soprattutto c'è un'elevatissima secchezza che lascia il palato fresco, pulito e dissetato. Ammetto che mi aspettavo una IPA molto più succosa e fruttata/agrumata e quindi le mie aspettative sono state un po' deluse; è sicuramente una discreta bevuta ma abbastanza monotona, con pochissimi elementi a solleticare le papille gustative. Rimango con il dubbio di una lattina "sfortunata" o non completamente rappresentativa di quello che dovrebbe essere, almeno secondo le entusiaste descrizioni da parte di altre persone che l'hanno bevuta.
Formato: 33 cl., alc. 7.2%, lotto 224, scad. 04/11/2015, pagata 5.00 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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