Negli anni 70 Jean-Pierre Van Roy (sposo di Claude Cantillon) rileva il birrificio dagli altri membri della famiglia Cantillon, poco propensi a continuare un'attività (produrre lambic) che secondo loro non aveva nessun futuro. Tra le prime novità da lui introdotte c’è il ritorno dei lambic “alla frutta”, che erano prodotti regolarmente da Cantillon sino agli anni 30 del secolo scorso prima di essere abbandonati.
Nel 1973 c’è il ritorno in produzione di una Framboise (lambic ai lamponi), ora chiamata Rosé de Gambrinus. Ai lamponi fa poi seguito l’uva bianca, riprendendo una tradizione della vallata dell’Yssche, un piccolo corso d’acqua che nasceva nella Foresta di Soignes a sud di Brusseles e attraversava i paesi di Hoeilaart, Overijse e Huldenberg: in quest’area vi erano molti produttori di quello che era chiamato “druivenlambik”, ovvero un blend di lambic e uva che veniva coltivata in loco.
Nello stesso anno della Framboise viene prodotto anche il primo Druivenlambik di Cantillon, poi rinominato Vigneronne a partire dal 1987 per sottolineare maggiormente la sua parentela con il vino: l’attuale etichetta, realizzata da Raymond Goffin, è del 1989. La stella a sei punte è un simbolo alchemico che contiene quattro elementi, rappresentati da triangoli: il fuoco (il bollitore), la terra (i cereali), l’aria (i lieviti spontanei) e l’acqua.
Nonostante la grande richiesta, la Vigneronne rappresenta attualmente solo il 5% della produzione Cantillon: ogni anno, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, una tonnellata di uva bianca matura (moscato, solitamente) viene fatta arrivare dall’Italia. Tutti grappoli vengono “lavorati” a mano, per prelevare gli acini che devono essere pronti per la fine di ottobre, quando inizia la stagione utile (= fresca) per poter produrre il lambic. Il “lambic all’uva” viene poi fatto invecchiare in botti fino al momento dell’imbottigliamento: nelle bottiglie viene messa una piccola quantità di sciroppo ad elevato contenuto zuccherino (analogo al liqueur d'expedition) che sarà responsabile della seconda fermentazione. Bevetela entro i primi dodici mesi dalla produzione se volete sentire soprattutto la frutta (uva): in alternativa potete lasciarla in cantina per un numero potenzialmente infinito di anni ed aprirla quando ne avete voglia.
La fotografia inganna un po', ma Vigneronne è di colore dorato leggermente pallido e velato: in superficie si forma un dito di schiuma bianca che però svanisce molto rapidamente. Il bouquet olfattivo si compone di note lattiche, legnose, di sudore e di cantina che sono bilanciate da quelle più gentili di uva e fiori. Man mano che la temperatura si alza emergono note dolci che ricordano l'albicocca e quasi il marzapane. Il percorso continua in linea retta al palato, riprendendo sopratutto le caratteristiche meno "ostiche" del lambic: evidente il suo carattere vinoso, con l'uva (aspra e dolce) affiancata dalla mela verde. L'acidità (lattica e leggermente acetica) è molto ben controllata, con una pulizia impeccabile ed una secchezza tannica che la rende molto dissetante e rinfrescante, soprattutto se bevuta fresca. Ma la soddisfazione è grande anche lasciandola riscaldare, per far meglio far risaltare la componente vinosa con il leggero ma sorprendente dolce dell'uva matura e dell'albicocca. Leggera e scorrevole, poche bollicine, chiude con una punta amara lattica e qualche suggestione di scorza di limone; una bellissima bevuta, ricca di piacere e di emozioni, elegante senza compromettere il proprio carattere rustico e contadino.
Suggerirei di provarla anche a chi non ha grossa familiarità con le birre acide: potrebbe essere una introduzione non troppo impegnativa ad un mondo tutto da scoprire. E se vi state domandano qual è l'ispirazione dietro alle birre italiane che ammiccano al mondo del vino, ad alcune grandi birre di Montegioco o Loverbeer, qui avete una probabile risposta, o una possibile certezza.
Formato: 75 cl., alc. 5%, lotto C123, prodotta il 23/10/2013, scad. 12/2023, pagata 13.50 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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