La Edge Brewing nasce nel 2013 a Barcellona, nel quartiere di Poblenou; la fondano Scott Vanover ed Alan Sheppard, due nativi della Florida trasferitisi in Spagna con, anziché il classico zaino in spalla, un birrificio prodotto negli Stati Uniti.
Scott Vanover aveva un’azienda produttrice di software che mette in vendita per prendersi un anno sabbatico andando in giro per il mondo con la moglie; finiscono per mettere radici nella capitale della Catalogna e decidono di esportare un po’ della Craft Beer Revolution americana. Scott torna in Florida per progettare il suo birrificio ed è qui che incontra Alan Sheppard, da quasi vent’anni alle dipendenze di un produttore di impianti: anche Alan stava meditando da tempo di aprire un birrificio e i sopralluoghi effettuati a Barcellona lo convincono ad aderire al progetto di Alan. I due sono convinti che si possa “replicare” la birra americana solo con gli strumenti e gli ingredienti americani: sbarcano a Barcellona con sei container al seguito, contenenti l’impianto interamente prodotto in Florida, fanno arrivare via aerea il lievito liquido della White Labs e i luppoli della Yakima Valley, distribuendoli al tempo stesso ad altri birrifici vicini. Anche l’acqua viene appositamente trattata con un macchinario proveniente da San Diego.
In due anni scarsi di attività Edge Brewing ha già un buon portfolio di birre e alcune “nobili” collaborazioni con birrifici come Brewfist, Lervig, Cigar City.
Purtroppo il mio primo incontro con questo birrificio spagnolo non è andato nel migliore dei modi, e vediamo perché. La Porter di Edge Brewing si chiama Padrino, ed è stata quasi da subito affiancata da una versione prodotta con fave di cacao biologico e baccelli di vaniglia del Madagascar.
Bella nel bicchiere, assolutamente nera con un solido e cremoso cappello di schiuma beige, dall'ottima persistenza. L'aroma sfortunatamente apre con un fastidioso aroma di olive in salamoia che copre praticamente tutto, rilegando molto in secondo piano i sentori di cioccolato e di vaniglia. La sensazione in bocca è molto buona: birra con poche bollicine, corpo medio ed un ottimo compromesso tra scorrevolezza e morbida presenza palatale. Purtroppo anche il gusto non è esente dal sapore di salamoia, sebbene in maniera meno evidente che al naso. Quello che ne esce non è però molto gradevole: il caffè, il torrefatto ed il cioccolato non vanno molto d'accordo con le olive, almeno secondo le mie preferenze. La vaniglia arriva proprio in fondo, nel retrogusto, ma è troppo tardi. Non è da lavandinare ma è indubbiamente una birra sporca, una bottiglia/lotto con evidenti problemi: su Ratebeer, tanto per avere un idea, si becca un 97/100. Rimandata alla prossima occasione.
Formato: 33 cl., alc. 6.9%, IBU 38, scad. 14/04/2016, pagata 4.50 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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