S'affaccia sul panorama brassicolo svedese a ottobre 2014 e Ratebeer elenca già 59 (!) birre prodotte in quindici mesi circa; parliamo di Brewski, microbirrificio aperto a Helsingborg, nei locali di un ex-macello, da Marcus Hjalmarsson, Johan Britzén, Alfred Olsson e Robin Skoglund. Un investimento da cinque milioni di corone (530.000 Euro circa) che sta già dando dei buoni risultati visto che la capacità produttiva è insufficiente a soddisfare tutte le richieste del mercato, le Brewski stanno già spopolando nei bar di Copenhagen e di Stoccolma e sono importate in Spagna, Italia e Stati Uniti; Marcus è il birraio, aiutato dal giovane Fredrik Fölster che ha effettuato alcuni stage presso il birrificio Rådanäs e presso Brekeriet.
Sebbene l'aggiunta di frutta nella birra sia una tradizione abbastanza consolidata (pensate ai Lambic alla frutta o alle Radler), pare che la prima IPA con aggiunta di frutta sia la Grapefruit Sculpin di Ballast Point che risale "solo" al 2013. Non ho avuto né tempo né voglia di passare in rassegna tutte e cinquantanove birre di Brewski, ma una buona parte di esse sono state realizzate proprio aggiungendo frutta, seguendo quella che è un po' l'ultima tendenza nel mondo delle "craft beer". In verità Marcus Hjalmarsson dichiara di aver fatto ricorso alla frutta in quanto non riusciva a trovare disponibili alcune varietà di luppolo necessarie per ottenere determinati profumi e sapori nelle sue birre; la frutta (purea o succo) presenta però un altro problema, quello delle variazioni qualitative legate alla stagionalità dei frutti stessi.
Personalmente sono sempre stato un po' scettico nei confronti delle birre "alla frutta", soprattutto quando si parla di IPA e derivati, visto che (la maggioranza) di quelle caratteristiche fruttate sono ottenibili utilizzando lievito, malti e luppoli. Ma non bisogna mai lamentarsi prima di aver provato, e quindi ecco due Brewski alla frutta: l'American Pale Ale Ananasfeber e la India Pale Ale Passionfeber.
Partiamo dalla prima, la cui ricetta include anche Amarillo, Centennial, Simcoe e Chinook. Di colore dorato pallido e velata non quanto la foto possa far pensare: la schiuma è bianchissima e compatta, fine, generosa, dall'ottima persistenza. L'aroma offre una buona freschezza e un'ottima pulizia; c'è ovviamente l'ananas in primo piano, circondato da sentori floreali, agrumati (pompelmo, cedro) e di frutta tropicale. Al palato è leggera e vivacemente carbonata, con la bevuta che risulta molto facile e veloce: sulla sottile base maltata (crackers) s'inseriscono l'ananas ed il melone bianco, il dolce della polpa d'agrume e della frutta tropicale per un passaggio "ruffiano" prima dell'amaro finale spiccatamente "zesty" con un tocco di resina. Una birra molto secca e dissetante, con la lieve acidità del frutto a renderla rinfrescante quanto basta per sparire dal bicchiere in pochissimo tempo. L'uso della frutta è convincente, nessuna sensazione di trovarsi nel bicchiere un succo o una spremuta: l'ananas è molto calibrato e ben inserito nel contesto della birra, con un risultato non troppo distante da quello che si otterrebbe con i luppoli "giusti". Birra pulita e bilanciata, intensa, ruffiana: difficile resisterle.
Un paio di gradini più in alto (7%) si trova la Passionfeber IPA, nella quale viene ovviamene utilizzato il frutto della passione. Abbastanza simile il canovaccio di partenza: colore dorato, velato ma luminoso, schiuma generosa, cremosa e compatta, molto persistente. Il passion fruit è protagonista al naso, affiancato dal mango e dal pompelmo, in un "cocktail" di frutta immagino pensato per bilanciare le note aspre del frutto della passione con quelle dolci del mango: il bouquet è fresco e pulito anche se personalmente il mix non mi fa impazzire. Un po' più robusto il corpo (siamo ai confini tra il medio ed il leggero), meno esuberanti le bollicine per una sensazione palatale morbida, benché molto scorrevole. Il contributo dei malti (crackers, un tocco di miele) è molto lieve al gusto domina il dolce/aspro del frutto della passione; mango e pompelmo restano un po' in disparte ed anche l'amaro (scorza agrumi, resina) fa un po' fatica ad uscire e ritagliarsi un ruolo da protagonista nel finale. Sarà che non amo particolarmente il frutto della passione, e quindi mi rendo conto che la mia opinione può essere poco obiettiva, ma questa Passionfeber mi convince molto meno della sua sorellina all'ananas. Rimane comunque elevato il livello di pulizia ed intensità, la birra è ancora piuttosto fragrante ma pende molto di più della precedente verso il succo di frutta.
Nel dettaglio:
Ananasfeber APA, formato 33 cl., alc. 5%, lotto 8, scadenza non riportata.
Passionfeber IPA, formato 33 cl., alc. 7%, lotto 12, scad. 03/11/2016.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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