domenica 14 febbraio 2016

Thornbridge Hall Bracia

Arriva sul mercato a dicembre 2008 la nuova creazione dell'italiano Stefano Cossi, a quel tempo birraio alla Thornbridge: Bracia, una "rich dark ale" che prende il suo nome da un'antica bevanda celtica che veniva prodotta nell'età del ferro con cereali e - presumibilmente - miele. Ciò è quanto si potrebbe desumere da un'iscrizione trovata su una pietra d'altare romana ritrovata a Haddon Hall, vicino a Bakewell, che probabilmente risale al secondo o terzo secolo. L'iscrizione ("Deo Marti Braciacae") sarebbe la dedica del prefetto romano Quintus Sittius Caecilianus al dio Bracacia, l'equivalente per i Galli di quello che Bacco era per i Romani. 
L'idea di partenza è il miele: Cossi aveva portato in Inghilterra una grossa quantità di miele di castagno friulano, proveniente dall'Azienda Agricola Onelia Pin. Completano la ricetta malti Maris Otter, Brown, Munich, Dark Crystal, Black, Chocolate e Peated, luppoli Target, Pioneer, Hallertau Northern Brewer e Sorachi Ace: secondo quanto riportato dal libro "1001 Beers you should try before you die" la birra è poi rifermentata in bottiglia con lieviti da champagne.
Fatta la birra, "condiamola" con un po' di polemica: è lo storico  Martyn Cornell, dal suo blog Zythophile, ad accusare Thornbridge di pressappochismo. Bracia non sarebbe affatto il nome di un'antica birra celtica. Come riportato nel libro di Max Nelson  "The Barbarian’s Revenge, A History of Beer in Ancient Europe" (Routledge, 2005) Bracia, o meglio bracis, era il nome gaelico dato ad una varietà di grano; questo è anche quanto viene scritto da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia. Le tavolette lignee di Vindolanda, risalenti al II secolo d.C. e ritrovate nei pressi del Vallo di Adriano, rappresentano la più antica testimonianza scritta a a mano mai ritrovata in Gran Bretagna: la loro traduzione ha permesso di svelare interessanti aspetti della vita dei soldati romani, incluso il fatto che bevevano una bevanda che era prodotta a partire dal bracis. Inoltre, il termine gallese moderno per il malto è brag, e per brassare è bracha, termini entrambi derivati da bracis. La stessa parola Braggot (un mix medievale di birra, spezie e idromele) sembra derivare dall'antico termine celtico bracata, una bevanda realizzata a partire da un mosto fermentato con il miele.
Alle accuse di Cornell risponde prontamente Cossi, dimostrando di aver svolto una lunga ricerca prima di aver scelto quel nome per la birra; come spesso accade, diversi studiosi hanno dato diversa interpretazione della radice "-brac". Nel libro "Del vino d'orzo: la storia della birra e del gusto sulla tavola a Pombia (atti dei convegni "Cervisia la birra nell'archeologia e nella storia del territorio")" si riporta ad esempio che il termine Bracia indicava una birra prodotta nell'età del ferro con - probabilmente - l'utilizzo del miele.
Dopo tutta questa teoria, passiamo alla sostanza: la Bracia di Thornbridge è praticamente nera, sormontata da una generosa e cremosa schiuma beige, abbastanza compatta, dalla buona persistenza. Il benvenuto aromatico è quello del miele di castagno, protagonista affiancato dai profumi del fruit cake, della frutta secca, dell'alcool: a dire il vero non c'è una gran intensità e, finezza del miele a parte, l'aroma non risulta molto eccitante. Fortunatamente le cose al gusto sono molto diverse, a partire dall'ottimo mouthfeel: corpo quasi pieno, poche bollicine, consistenza setosa in superficie, morbida, rotonda, davvero appagante. La bevuta parte con il dolce del miele, del fruit cake e del biscotto per poi proseguire con la liquirizia e con l'amaro delle tostature, del caffè e del cioccolato; l'alcool (10%) non si nega ma accompagna la bevuta senza mai andare sopra le righe. La bevuta è pulita e risulta alla fine non molto complessa nei passaggi che portano dall'imbocco mielato al retrogusto amaro ricco di caffè e cioccolato amaro, con un accenno di cenere. Bottiglia presumibilmente datata 2012 che mi sembra però aver già passato da un po' il suo picco: la birra è piuttosto soddisfacente - la sensazione palatale è grandiosa - ma l'impressione è che abbia perso un po' del suo splendore per strada. Ne ho un'altra bottiglia molto più giovane in cantina che mi propongo di stappare entro l'anno per confrontarla con questa.
Formato: 50 cl., alc. 10%, scad. 27/02/2017, 12.90 Euro (beershop, Italia) 

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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