mercoledì 17 agosto 2016

Birra in Portogallo, parte prima: Fermentum - Engenharia das Fermentações e Dois Corvos Cervejeira

Anche il Portogallo, come quasi ogni altra nazione europea, sta avendo la propria piccola craft beer revolution; in un paese dove  le industriali SuperBock e Sagres si contendono le spine dei locali e gli scaffali dei supermercati, a prezzi peraltro bassissimi, sono oggi presenti una settantina tra brewpub, microbirrifici e beerfirm, almeno secondo quanto riporta il database di Ratebeer. Le prime due aperture risalgono al 2011 per arrivare a 17  a fine 2013; ma è solo a partire dal 2014 che il movimento inizia davvero a crescere al ritmo di circa 30 aperture l’anno. A Lisbona e a Porto arrivano i primi locali dedicati alla craft beer, con una formula che è pressappoco la stessa: piccolo beershop con mescita, dove alcune spine affiancano una buona selezione in bottiglia per il consumo in loco e per l’asporto. Ma anche in qualche ristorante, nei negozi di prodotti gastronomici (inclusi quelli nell’aeroporto di Lisbona) e nei supermercati si può incontrare qualche bottiglia “di artigianale”; i prezzi purtroppo si avvicinano pericolosamente a quelli italiani: siamo sui 10 euro/litro per acquisto di bottiglie, tra i 15 ed i 20 euro/litro per le proposte alla spina spesso in formato 20 e 40 cl. 
Nelle due settimane passate in Portogallo ammetto di aver volutamente tralasciato la birra a favore del vino; non mi è comunque mancata l’occasione di assaggiare – tra poche luci e molte ombre – anche alcune proposte da microbirrifici e beerfirm portoghesi che cercherò di riassumervi in un paio di post. 

Partiamo uno dei più “vecchi” microbirrifici portoghesi, ovvero Fermentum - Engenharia das fermentações, aperto nel 2011 a Vila Verde (Braga) da Francisco Pereira e Filipe Macieira, entrambi ricercatori all’università di Minho ed ex-homebrewers; le birre vengono inizialmente commercializzate a nome Cerveja Artesanal do Minho, mentre da un paio di anni il brand è stato modificato in Cerveja Letra.  Ad ogni birra corrisponde infatti una lettera dell’alfabeto: A per la Weiss, B per la Pilsner, C per la Stout e D per la de Red Ale; a queste birre si sono poi affiancate una Belgian Strong Dark Ale (E) e una IPA (F); la loro distribuzione è abbastanza buona anche lontano dal luogo di produzione, ovvero l’estremità settentrionale del Portogallo. 

Inizio con la Cerveja Letra C, una stout prodotta con luppoli tedeschi e americani, nera e dalla schiuma marrone un po’ scomposta ed esuberante ma dalla lunghissima persistenza. Il naso non è particolarmente intenso ma presenta una discreta pulizia con i profumi del caffè e dell’orzo tostato; quando la birra si scalda emerge una leggerissima nota di salamoia. Al palato risulta un po’ troppo carbonata per lo stile, riproponendo quasi in fotocopia l’aroma, nel bene e nel male, salamoia inclusa: lieve caramello in sottofondo, caffè ma soprattutto tostature formano una bevuta discreta che però si spegne nel finale, perdendosi in una leggera astringenza e nell’eccessiva acidità dei malti scuri. Benino l’intensità, ampi margini di miglioramento per quel che riguarda pulizia ed eleganza; siamo nei dintorni della sufficienza

Baylet è invece il nome dato ad una doppia collaborazione con il birrificio spagnolo (Gijón) Bayura Asturies Craft Beer per la realizzazione di due Double IPA alla segale: “Black” quella prodotta in Spagna, chiara quella portoghese che vado a stappare. In verità il suo colore ambrato è piuttosto carico con riflessi ramati ed una schiuma ocra, compatta e cremosa, dall’ottima persistenza. I luppoli utilizzati dovrebbero essere Summit, Cascade e Calypso con un generoso dry-hopping di Mosaic; l’aroma non fa di fragranza ed eleganza le sue caratteristiche principali ma presenta un buona intensità: domina il dolce del caramello e della marmellata d’agrumi, qualche accenno di frutti di bosco (lampone?), una discreta presenza etilica ed una lieve speziatura donata dalla segale. In bocca è piuttosto robusta (medio-pieno) con una carbonazione delicata che avvolge il palato con una coltre piuttosto dolce di caramello, marmellata d’agrumi ed una componente zuccherina piuttosto notevole; a contrastarla l’amaro resinoso e vegetale, leggermente speziato, poi protagonista del finale. In assenza di finezza rimane una buona potenza di fuoco in una birra tutta giocata sull’asse caramellone-resinoso che non rientra esattamente nelle mie grazie: l’alcool scalda il giusto e la bevuta procede senza intoppi ma con qualche sbadiglio di troppo.


Spostiamoci ora a Lisbona dove a ottobre 2013 ha aperto la Dois Corvos Cervejeira nel distretto periferico di Beato, piccola taproom aperta tutti i giorni dalle due del pomeriggio con possibilità di riempire anche growlers: se tutto ciò vi fa pensare gli Stati Uniti non vi state sbagliando, perché dietro a Dois Corvos c’è l’americano Scott Steffens, ingegnere informatico con l’hobby per l’homebrewing. Nel 1999 conosce in Portogallo Susana Cascais, che nel 2002 lo raggiunge a Seattle per diventare sua moglie e lavorare per un birrificio nel marketing. Dopo una decina d’anni si trasferiscono con i figli piccoli, l’attrezzatura da homebrewer ed il progetto di aprire un microbirrificio a Lisbona. Il business plan di Dois Corvos è già pronto nel 2013, con un impianto da 850 litri progettato ed assemblato in proprio; qualche ritardo tecnico e la burocrazia fanno però slittare il debutto a gennaio 2015. Oggi sono circa una ventina le etichette disponibili, incluse produzioni stagionali ed occasionali, che spaziano tra Usa, Belgio, Inghilterra e Germania. 

Evitando volutamente le solite IPA, partiamo con la Galáxia Milk Stout, che si presenta di color marrone scurissimo con una bella schiuma cremosa e dall’ottima persistenza. Il naso è però praticamente assente, con un lontanissimo ricordo di cioccolato al latte; bene il mouthfeel, morbido e scorrevole ma al palato le cose non vanno troppo bene.  Il lattosio/panna si sente, ci sono accenni di cioccolato al latte e caramello, una fastidiosa presenza di esteri fruttati ma manca completamente il carattere “scuro” o torrefatto che di si voglia; l’unico accenno di amaro è la chiusura terrosa, davvero troppo flebile per equilibrare una birra che abbina l’acidità dei malti scuri al dolce del cioccolato al latte, risultando alla fine poco pulita e sbilanciata.   

Dalla tradizione anglosassone spostiamoci a quella belga, che personalmente reputo il banco di prova di ogni birrificio. Per la Marvila Series, ovvero birre  occasionali/stagionali, ecco una Saison prodotta senza l’utilizzo di spezie. Non badate alla foto, lei è arancio pallido e velata nel bicchiere, all’aroma presenta note floreali e fruttate (arancio) affiancate da quelle di coriandolo e chiodi di garofano. L’elevata carbonazione la rende vivace e molto scorrevole al palato, dove però il gusto si rivela molto meno pulito: pane e miele accompagnano la polpa dell’arancio e i chiodi di garofano, sino ad un finale terroso e leggermente astringente nel quale i fenoli apportano un po’ di plastica bruciata. Il risultato non è drammatico ma è una Saison completamente priva di carattere rustico:  c’è una leggera acidità a rendere la bevuta rinfrescante, il DNA belga s’intravede, ma la strada da percorrere per fare una Saison degna di tale nome è ancora lunga.

Nel dettaglio:
Cerveja Letra C Stout, 33 cl., alc. 5.5%, lotto 21-16, scad. 03/2015, prezzo indicativo 2.99 Euro.
Cerveja Letra / Bayura Baylet Rye Imperial IPA, 33 cl., alc. 8.5%, lotto 22-2016, scad. 06/2017, prezzo indicativo 3.00 Euro
Dois Corvos Galáxia Milk Stout, 33 cl., alc. 4.9%. IBU 25, lotto 22/04/2016, scad. 01/2017, prezzo indicativo 2,49 Euro
Dois Corvos Saison, 33 cl., alc. 5.2%, IBU 29, lotto 16/05/2016, scad. 02/2017, prezzo indicativo 2,99 Euro

NOTA:  la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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