Secondo episodio del breve viaggio nella birra portoghese iniziato ieri l’altro; cinque protagonisti che presento in rigoroso indice di gradimento rimbalzando più volte tra Lisbona e Porto/Oporto.
Partiamo dalla (Sant'Ana) LX Brewery, microbirrificio aperto nel 2014 dall’homebrewer Gonçalo, aiutato dal padre e da alcuni amici, su una delle sette colline di Lisbona che porta il suo stesso cognome, ovvero San’t Ana. Oltre una ventina le birre prodotte in quasi due anni d’attività in una gamma che oltre agli Stati Uniti tocca anche la tradizione tedesca e quella belga, ed è proprio con questa che ho voluto testare il birrificio. La Toranja Belgian India Session Ale è una delle ultime nate in casa XL e, come il nome stesso indica, si stratta di una Belgian IPA prodotta con utilizzo di pompelmo (toranja). L’etichetta promette che “questa birra sarà uno dei migliori momenti della vostra giornata” ma la verità è che si è rivelato in assoluto quello peggiore. Birra disastrosamente infetta, assolutamente imbevibile: giusto un paio di sorsi per annotare il festival del lattico, del cerotto, della plastica e del medicinale con una lieve presenza d’arancio in sottofondo. Lotto sfortunato, ma tale zozzeria mi ha tenuto alla larga dal provare qualsiasi altra etichetta di questo birrificio.
Spostiamoci ora molto più a nord, ad Aveiro, cittadina a 70 chilometri a sud di Porto che viene molto generosamente definita “la Venezia del Portogallo” solo perché attraversata da qualche canale nel quale sostano affusolate barche colorate un tempo utilizzate per la raccolta delle alghe e del sargasso. Qui nel 2013 Arthur Faustino, ingegnere chimico ed homebrewer, ha aperto assieme al padre Gonçalo e alla Univeristà di Aveiro la Faustino Microcervejeira. Le birre vengono commercializzate a marchio Maldita, con una Robust Porter, una Bohemian Pilsner ed un English Barley Wine a comporre l’ossatura della produzione regolare alla quale s’affiancano IPA, APA, Imperial Stout e un Wheat Wine. Il birrificio ha vissuto il suo momento di gloria nel 2014 quando ai World Beer Awards il suo Barley Wine è stato premiato come il miglior rappresentante europeo della categoria. Si presenta di color ambrato e al naso regala profumi di frutta secca (mandorle, noci) e di caramello; man mano che la birra si scalda diventano troppo dominanti gli esteri fruttati (mela e pera) che assieme ad una fastidiosa nota di cereali/muesli tendono a sporcare l’aroma. Elementi che ritornano purtroppo anche al palato andando a costituire un barley wine alla “mela e pera”, su una base di caramello, che chiude lievemente amaro e astringente; l’alcool (9%) è ben dosato ma non riesce mai davvero ad accompagnare la bevuta per mano, potenziandola quando necessario, e viaggia quasi su un binario separato. Birra bevibile, discretamente pulita ma insopportabilmente “infestata” da mela e pera: peccato.
Ritorniamo a Lisbona per dare il benvenuto alla Cerveja Independente Musa, una delle ultime realtà sorte (maggio 2016) nella capitale portoghese: sono Nuno Melo e Bruno Carilho i fondatori, economisti e consulenti presso la McKinsey. Di ritorno dagli Stati Uniti i due vogliono fare impresa assieme e all’idea iniziale di Nuno (esportare borse in pelle portoghesi) si sostituisce quella di Bruno, reduce da un anno in California a contatto con la “craft beer revolution”. A lui prima di tutto il compito di allontanare l’amico Nuno dalla Superbock con un viaggio in USA e in Spagna a visitare birrifici artigianali: il business plan è pronto, manca solo un birraio che possa aiutarli a partire; dopo una serie di interviste via Skype viene reclutato l’americano Nick Rosich, già birraio presso la Penn Brewery di Pittsburgh. Musa è attualmente una beerfirm che produce presso Oitava Colina e che dovrebbe aprire a breve il proprio stabilimento nella zona di Marvila. Tre le birre disponibili (Born In The IPA, Red Zeppelin Ale e Mick lager) che si decide di legare al mondo musicale, all’insegna di un marketing che vuole già portare la “democrazia della birra artigianale in Portogallo”: birra per il popolo, birra per tutti e non solo per un gruppo elitario di persone. Qualcosa che dalle nostri parti è già stato detto, non è vero?
Born in the IPA, birra di “springsteeniana” ispirazione, vede l’utilizzo di Citra, Mosaic e Columbus: ramata e quasi limpida, forma una bella e cremosa testa di schiuma bianca, dall’ottima prsistenza. La bottiglia non dovrebbe avere più di tre mesi sulle spalle ma l’aroma è tutt’altro che un elogio della freschezza e dell’intensità; resina, marmellata d’agrumi, qualche nota di cipolla e di caramello. Un po’ meglio al palato, dove l’IPA di evidente ispirazione East Coast non indugia troppo sul fruttato per sviluppare il suo percorso sull’asse caramello-biscottato-resinoso; c’è un po’ di marmellata d’agrumi ad accompagnare, non ci sono evidenti difetti ed il livello di pulizia è abbastanza buono. Chiude discretamente secca, con un amaro resinoso/vegetale abbastanza pungente che però a tratti scivola un po’ nel saponoso. Bottiglia che forse ha preso un po’ di caldo e che ne ha risentito: risultato godibile e sufficiente ma un po’ monotono e noioso. Le basi sembrano comunque esserci, sarebbe da riprovare in condizioni ottimali.
Da Lisbona rimbalziamo a Porto dove ha sede OPO 74, beerfirm fondata nel 2015 da tre soci (João Rilo, Pedro Simões e Nuno Branco) che hanno conosciuto la “buona” birra durante viaggi all’estero; con il supporto del birraio americano Bob Maltman lanciano due birre (Gyroscope IPA e Red Mosquito) che non sono riuscito a capire dove vengano prodotte. A queste si sono aggiunte successivamente la lager Common People, il barley wine Bellevue e la sour ale Echoes: trovate anche qui riferimenti musicali?
Ecco la Gyroscope, una West Coast Ipa prodotta sulla West Coast europea: il conto torna ed il colore (oro/arancio) è quello giusto. Bottiglia prossima alla scadenza (novembre 2016) che purtroppo non valorizza una birra che andrebbe invece bevuta freschissima: naso floreale con profumi un po’ stanchi di marmellata d’agrumi, miele e di aghi di pino. C’è pulizia ma la fragranza è svanita. Al palato c’è forse qualche bollicina di troppo mentre il gusto parte dal dolce di caramello, miele e marmellata d’agrumi poi bilanciati dall’amaro vegetale e resinoso; la pulizia c’è, l’alcool (7%) è ben nascosto e non ci sono difetti anche se la secchezza potrebbe essere maggiore. Peccato non aver trovato un bottiglia più giovane, ma tutte quelle che ho incontrato in luoghi diversi avevano la stessa scadenza; difficile avere un’impressione corretta di una IPA non fresca, ma da quanto riesco ad intuire in base a quello che c’è nel bicchiere la beerfirm sembra lavorare abbastanza bene. Fiducia per la birra, meno per la non trasparenza sul luogo di produzione.
Chiudiamo la carrellata odierna ritornando a sud e precisamente a Mafra (40 km da Lisbona) dove dal 2013 è operativa la Mean Sardine Brewery fondata da Rolim Carmo assieme a Jorge Borges e André Fernandes. Poche informazioni in internet, eccetto le pagine Facebook e Tumbler, per un birrificio che dice di essere ispirato dal vicino oceano Atlantico e dalle onde che cavalcano i surfisti ad Ericeira. Anche se in giro ho sempre e solo visto solamente tre birre (la black IPA Voragem, l’APA Amura e la Dubbel Zagaia) il birrificio della “sardina cattiva” ne produce una dozzina, incluse collaborazioni con De Molen e To Øl. Secondo il popolo di Ratebeer la Black IPA Voragem è attualmente la miglior birra portoghese: sarà vero?
Difficile dirlo con questa bottiglia nata lo scorso gennaio e con quindi già otto mesi di vita sulle spalle; marrone scurissimo, schiuma nocciola abbastanza fine e cremosa, naso semplice e pulito caratterizzato da profumi di aghi di pino e terrosi con qualche accenno fruttato di pompelmo. Il mouthfeel è ottimo, morbido e scorrevole, mentre il gusto si rivela tanto essenziale quanto l'aroma: il dolce è quello del caramello e della marmellata d'arancia, subito incalzato dall'amaro terroso e resinoso che guida la bevuta dall'inizio alla fine. Non ci sono orpelli ma quei pochi elementi in gioco sono disposti con criterio e rispettosi di questo "stile-ossimoro" senza sconfinamenti nel torrefatto o nel caffè. Alcol (7%) ben nascosto, lungo retrogusto resinoso quasi balsamico e bevuta che ha perso per strada molta freschezza ma che risulta nel complesso pulita, sincera e piuttosto godibile.
Nel dettaglio:
LX Brewery Toranja Belgian India Session Ale, 33 cl., alc. 4.8%, IBU 28, lotto 16364, scad. 10/2016, 2.39 Euro
Maldita English BarleyWine, 33 cl., alc. 9%, lotto 13166 ?, scad. 06/2017, 4.00 Euro
Musa Born In The IPA, 33 cl., alc. 6.5%, IBU 70, lotto 00062, scad. 01/2017, 3.00 Euro.
OPO 74 Gyroscope, 33 cl., alc. 7%. lotto 003, scad. 11/2016, 3.40 Euro.
Mean Sardine Voragem, 33 cl., alc- 7%, lotto 06/01/2016, scad. 02/2017, 2.79 Euro.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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