Il birrificio inglese Moor è ormai una presenza fissa e costante in quasi tutti i beershop italiani ma mancava sul blog da qualche anno; l’avevo in verità conosciuto ancora prima, era il 2011 ed ero riuscito ad assaggiare qualche bottiglia, restandone favorevolmente impressionato, nel corso di una vacanza nel Somerset.
Il birrificio venne fondato nel 1996 da Freddy Walker, chiuso nel 2005 e poi rilevato nel 2007 dall’attuale proprietario Justin Hawke, un californiano la cui formazione brassicola è passata attraverso quattro anni passati in Germania nell’esercito americano, i viaggi in Inghilterra assieme al padre a bere Real Ales e l’homebrewing a San Francisco. Hawke ha lentamente sostituito le birre della precedente gestione Moor con ricette più moderne che utilizzano spesso luppoli extra-europei.
Sino al 2014 il birrificio ha operato negli edifici di un ex caseificio sperduto nella campagna di Pitney, regione di Levels and Moors del Somerset: in quell’anno è avvenuto finalmente il trasloco a Bristol, nel sobborgo industriale di St. Phillips, dove ha trovato posto il nuovo impianto da 20 barili, la nuova linea per la produzione di lattine e anche la “Brewery Tap”, aperta dal mercoledì alla domenica. In dieci anni di attività Moor ha alle spalle un elenco di birre ancora tutto sommato modesto (70 circa) soprattutto se paragonato a quelli di altri microbirrifici della scena inglese (e non) che sfornano novità con cadenza settimanale o mensile. Una delle ultime nate in casa Moor è proprio la lattina che mi accingo a stappare.
Dead Punk All Dayer viene infatti presentata lo scorso aprile giusto in tempo per l’edizione 2017 del Dead Punk Special, tenutosi a maggio. Si tratta di un festival che dal 2012 porta su diversi palchi disseminati per Bristol gruppi Punk, Ska e, Hardcore.
Nessuna informazione sugli ingredienti utilizzati per quella che viene definita in etichetta una Session IPA (3.5%) che si presenta nel bicchere di colore dorato, con riflessi arancio e una testa di schiuma bianca, cremosa e abbastanza compatta, dalla buona persistenza. Fresco e pulito, l'aroma regala sopratutto arancia e mandarino, pompelmo; in sottofondo la delicata presenza dolce di ananas e mango. Il mouthfeel risulta particolarmente indovinato: ad una session beer dalla bassa gradazione alcolica non devi chiedere altro che essere in grado di scorrere ad alta velocità senza mostrare segni di debolezza o, ancora peggio, scivoloni acquosi: obiettivo raggiunto e gusto che, accompagnato da una leggera base maltata (crackers, e cereali nel finale) continua quanto anticipato dall'aroma. C'è ancora maggior enfasi sugli agrumi, a quali viene affidato anche il compito di portare qualche nota più dolce: il tropicale (ananas) è quasi impercettibile. Ne nasce una birra molto secca, dichiaratamente zesty, con qualche nota erbacea che arriva a fine corsa a dare un po' di vigore all'amaro. La Dead Punk All Dayer di Moor porta nel bicchiere una buona intensità ad accompagnare i sorsi che si susseguono rapidi uno dopo l'altro. Semplicità e pulizia sono il valore aggiunto ad una birra che trova nell'estate la sua collocazione ideale. Profumata e fruttata quanto basta, bilanciata, priva di inutili ruffianerie: è capace di evaporare dal bicchiere ancora prima che questo faccia in tempo a riscaldarsi. Non bevo da molti anni Revival, una delle migliori birre di Moor, e se la memoria non mi tradisce il risultato non è molto distante da quello.
Formato: 33 cl., alc. 3.5%, lotto 778AD001, scad. 04/2018, prezzo indicativo 4.00-4.50 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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