Tra i birrifici italiani Crak è probabilmente quello che ha meglio adottato un profilo internazionale e moderno, alla stregua di quanto stanno facendo i nomi più gettonati della scena craft europea ed americana. In Italia non si sono ancora raggiunti (e mai accadrà) i livelli di fanatismo degli Stati Uniti, con persone accampate al di fuori del birrificio per riuscire ad accaparrarsi una bottiglia di birra ma, a parte questo, a Crak non manca ormai nulla: lattine, grafiche moderne, sforna novità senza sosta (anche se ciò consiste in monotone variazioni del tema NEIPA), ha una bella taproom moderna e informale, organizza ogni anno il proprio festival e – novità 2020 – distribuisce in autonomia le birre, sia a privati che a locali e beershop.
Anche le poche birre che Crak produce tutto l’anno vengono periodicamente rinfrescate ed immesse sul mercato in edizione “speciale”, perché la gente vuole sempre bere qualcosa di diverso: è accaduto più volte alla Guerrilla, la IPA della casa, e qualche settimana fa anche la session Mundaka ha partorito due gemelli chiamati Sunshine e Sunset.
Mundaka viene prodotta dal 2012, anno in cui i ragazzi di Padova avevano debuttato con la beerfirm chiamata Birra Olmo poi trasformatasi in Crak Brewery: Mundaka nacque come Summer Ale, una birra estiva (3.5%) semplice e facile da bere, una sorta di gateway beer da proporre a chi magari ha sempre bevuto le blande birre industriali. Nel corso del tempo Mundaka si è trasformata prima in un’American Pale Ale e poi in una Session IPA, categoria che riscuote certamente più successo tra i clienti delle due precedenti, ed ha aumentato la sua gradazione alcolica 4.6%.. Anche il mix di luppoli è stato ovviamente modificato: quello attuale dovrebbe includere Simcoe e Citra. Lo scorso giugno ne sono arrivate due edizioni speciali chiamate Sunrise e Sunset, entrambe caratterizzate dal (necessario, se si vuole essere moderni) Double Dry Hopping.: per Sunrise Crak afferma di aver “esplorato nuovi confini della luppolatura. Abbiamo usato un nuovo metodo sperimentale che permette un’aggiunta esagerata di luppolo per un’ondata potente e deflagrante di profumi e aromi senza alcuna increspatura astringente”. La Sunset è invece “solamente” una versione DDH single-hop della Mundaka, con il luppolo Citra come protagonista.
Anche le poche birre che Crak produce tutto l’anno vengono periodicamente rinfrescate ed immesse sul mercato in edizione “speciale”, perché la gente vuole sempre bere qualcosa di diverso: è accaduto più volte alla Guerrilla, la IPA della casa, e qualche settimana fa anche la session Mundaka ha partorito due gemelli chiamati Sunshine e Sunset.
Mundaka viene prodotta dal 2012, anno in cui i ragazzi di Padova avevano debuttato con la beerfirm chiamata Birra Olmo poi trasformatasi in Crak Brewery: Mundaka nacque come Summer Ale, una birra estiva (3.5%) semplice e facile da bere, una sorta di gateway beer da proporre a chi magari ha sempre bevuto le blande birre industriali. Nel corso del tempo Mundaka si è trasformata prima in un’American Pale Ale e poi in una Session IPA, categoria che riscuote certamente più successo tra i clienti delle due precedenti, ed ha aumentato la sua gradazione alcolica 4.6%.. Anche il mix di luppoli è stato ovviamente modificato: quello attuale dovrebbe includere Simcoe e Citra. Lo scorso giugno ne sono arrivate due edizioni speciali chiamate Sunrise e Sunset, entrambe caratterizzate dal (necessario, se si vuole essere moderni) Double Dry Hopping.: per Sunrise Crak afferma di aver “esplorato nuovi confini della luppolatura. Abbiamo usato un nuovo metodo sperimentale che permette un’aggiunta esagerata di luppolo per un’ondata potente e deflagrante di profumi e aromi senza alcuna increspatura astringente”. La Sunset è invece “solamente” una versione DDH single-hop della Mundaka, con il luppolo Citra come protagonista.
La birra.
Visivamente ricorda un succo di frutta alla pera, la schiuma è modesta ed ha scarsa ritenzione: l’aroma è intenso, pulito e caratterizzato da una buona finezza per lo stile. Ananas, mango, pesca, pompelmo, profumi floreali e di altri frutti tropicali: c’è tutto quello che serve. Il “problema” (virgolette obbligatorie) di queste birre sottoposte ad un massiccio dry hopping è che sovente le aspettative create dall’aroma vengono poi un po’ deluse quando le si beve. In questo caso Mundaka Sunshine regala invece una bevuta piuttosto intensa, per essere una session beer, nella quale sono in evidenza soprattutto agrumi e carattere zesty, ma si notano anche interferenze dolci di frutta tropicale e di crackers. Ma la sorpresa più bella riguarda soprattutto il mouthfeel: morbido, assolutamente privo di asperità e spigoli. La sua natura NEIPA ne limita ovviamente un po’ la velocità di bevuta, ma è una birra che non stanca mai e che, nota di merito, non gratta in gola. L’amaro è moderato è educato, la chiusura è secca: una session di carattere nella quale la componente juicy non è estremizzata: una birra molto fruttata che sa ancora di birra, per intenderci. Un bel boost alla Mundaka, birra che non bevo da un po’ tempo ma che ricordo un po’ troppo timida: non so in cosa consista questo nuovo metodo sperimentale di luppolare la birra che Crak dice di aver utilizzato, ma il risultato è assolutamente convincente.
Formato 40 cl., alc. 4.6%, scad. 23/11/2020, prezzo indicativo 5,00-6,00 euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio
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