Il 2016 inizia sul blog con un duplice debutto: quello di una nazione (Estonia) e di un birrificio (Põhjala). Della scena brassicola estone ammetto di sapere piuttosto poco, se non nulla: la mia (non) conoscenza si era fermata al report del 2011 di Cronache di Birra, nel quale lo scenario descritto era tutt'altro che eccitante. Evidentemente in pochi anni le cose stanno fortunatamente cambiando e migliorando. Il database di Ratebeer elenca oggi 48 nomi tra i quali vi sono tre grandi marchi industriali, 22 microbirrifici e una ventina di beerfirm; la maggior parte sono di recentissima apertura, tra il 2014 ed il 2015. La classifica Ratebeeriana delle “migliori birre prodotte in Estonia” vede il monopolio di Põhjala, il birrificio di cui vi vado a parlare e che da qualche mese è importato anche in Italia: il nome dovrebbe semplicemente significare “nordico”.
Quello che può considerarsi “il padre” della “craft bier revolution” estone muove i suoi primi passi nel 2011 come beerfirm: lo fondano tre soci (Enn Parel, Peeter Keek e Gren Noormets,) ai quali si aggiunge in seguito Tiit Paananen, ex amministratore delegato di Skype Estonia. Gli impianti di proprietà, sala cottura da 12 hl commissionata all’americana Premier Stainless, entrano in funzione a maggio 2014 con un investimento complessivo di 475.000 Euro; a “fare la birra” viene chiamato a Tallinn il giovane (26 anni) scozzese Chris Pilkington, ex-BrewDog e conosciuto dai soci proprio nell’occasione di una visita allo stabilimento del birrificio scozzese. Da quanto ho capito il birraio viene convinto a trasferirsi in Estonia grazie (anche) ad una quota di partecipazione societaria. La line-up iniziale si compone di cinque birre (IPA, Porter, Double IPA, Rye Ale e Imperial Porter) prodotte tutto l’anno alle quali s’affiancano subito molte altre produzioni stagionali, occasionali, collaborazioni con altri birrifici/beerfirm e invecchiamenti in botte.
Nel 2014 Põhjala produce circa 90.000 litri con previsione di chiudere il 2015 a 220.000 ma, dicono da Tallin, “al momento avremmo richieste per il doppio di quanto riusciamo a produrre”. Oltre al mercato domestico, il birrificio esporta in tutta la regione scandinava (con un occhio di riguardo per la Finlandia) e in UK, Polonia, Germania, Italia e Spagna. Oltre al birrificio, è aperto da qualche mese anche il locale “Speakeasy” (Kopli 4, Tallinn), a due passi dalla città vecchia e di fronte alla stazione dei treni: nel piccolo bar e nel più ampio giardino vi aspettano sgabelli, qualche divano, quattro spine ed una buona piccole in bottiglie di Põhjala e di alcuni dei birrifici da loro importati (al momento mi dicono Lervig e Buxton). In una città dove i luoghi del “bere bene” ancora non abbondano, è un’indirizzo che conviene segnarsi. Se invece volete restare aggiornati sulla scena “craft” estone, vi segnalo questo blog.
Virmalised, ovvero "Aurora Borealis" è il nome scelto per la India Pale Ale di casa; una ricetta che prevede malti Pale, Cara pale e Crystal 150, luppoli Magnum, Amarillo, Centennial e Citra. Al solito la fotografia non rende giustizia al colore che appare più scuro della realtà: il suo vestito è tra l'arancio ed il dorato, leggermente velato e sormontato da un bel cappello di schiuma biancastra, compatta, fine e cremosa, dall'ottima persistenza.
Ignoro "l'età" di questa bottiglia, ma la scadenza ad Aprile 2016 non era di certo un buon biglietto da visita sulla sua freschezza, ipotizzando i classici 12 mesi di "shelf life". Invece l'aroma si dimostra essere ancora discretamente fresco, soprattutto pulito, in grado di rappresentare un'elegante macedonia di frutta composta da pompelmo e ananas in primis, accompagnati da pesca e mango, melone, passion fruit, arancio; bene anche l'intensità. Ottima la sensazione palatale, morbida e scorrevole, con corpo medio e la giusta quantità di bollicine. La base maltata non è affatto invadente e fornisce il necessario supporto (miele, leggero biscotto) allo showcase dei luppoli: dominano agrumi (pompelmo e arancio) con qualche veloce richiamo al tropicale dell'aroma (mango e ananas). La "succosità" della frutta non è molto in evidenza ma questa Virmalised non è comunque una IPA che annoia con la sua monotonia amara; la resina è accompagnata da note vegetali e di pompelmo, per una bevuta amara intensa ma equilibrata ed elegante. Anche l'alcool è ben nascosto, la bevuta è davvero facile e la chiusura sufficientemente secca da richiamare un sorso dopo l'altro; le manca un pelino di frutta "succosa" a metà bevuta per risultare una IPA davvero "contemporanea" e alla moda. Una leggera pecca forse dovuta all'età anagrafica della bottiglia, che comunque non compromette la fruibilità di una IPA pulita e gustosa, ben fatta, godibile.
Formato: 33 cl., alc. 6.5%, IBU 50, lotto 125, scad. 06/04/2016.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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