venerdì 28 febbraio 2014

AleSmith Speedway Stout

Non sono molte le occasioni di bere AleSmith in Italia; alcune birre si trovano di tanto in tanto nei negozi, a prezzi abbastanza alti e, soprattutto per quel che riguarda le loro birre luppolate, c’è sempre l’incognita sulla freschezza. Il birrificio californiano viene fondato nel 1995 dall’ex-homebrewer Skip Virgilio e Ted Newcomb, e poi acquistato nel 2002 da Peter Zien, altro ex-homebrewer ed appassionatissimo beer-hunter. Tempo fa alla Alesmith proclamavano con orgoglio che tutti i dipendenti erano homebrewers; non so se sia effettivamente ancora così, visto che lentamente il birrificio sta crescendo e si sta espandendo. Resta il fatto che si tratta di uno dei migliori (leggete la parola come sinonimo di qualità) birrifici americani ed al mondo. La Speedway Stout nasce nel 1998, quando Skip Virgilio realizza una “tranquilla” stout (8% alc.) brassata con caffè, della quale ne furono prodotti due lotti e che – pare – non suscitò un particolare successo di pubblico.  La ricetta, ma più che altro il nome della birra, viene stravolta da Peter Zien 2001 (e dal partner Tod Fitzsimmons) nel 2011,  ispirati dalla Imperial Stout della Rogue; la birra viene irrobustita (12% alc.) e commercializzata per la prima volta nel 2002. Parte di quel primo lotto finisce anche in botte, diventando la prima birra barrel-aged mai prodotta da AleSmith.  
Apriamo una piccola parentesi, avventurandoci sui siti di beer-rating. Secondo Ratebeer è la  decima miglior birra al mondo (la sua versione barricata si piazza al numero 5), e vale la pena (?) notare che tra le  prime quindici birre al mondo ci sono ben dodici Imperial Stout; nella classifica delle migliori birre americane si piazza all’ottavo posto, mentre nella classifica della migliori imperial stout al mondo è al numero nove. Passiamo al più US-oriented Beer Advocate, dove per trovare la AleSmith tra le migliori birre al mondo bisogna scendere sino alla posizione 73; nella classifica di stile (American Imperial Stout) è invece al numero 6.  Oltre a diverse versioni barricate, della Speedway Stout ne sono state realizzate svariate variazioni, spesso disponibili solo in fusto e solo nella contea di San Diego.  Tra quelle che hanno ottenuto maggior consenso ci sono le versioni al Vietnamese Coffee ed al Kopi  Luwak; le differenze riguardano principalmente il tipo di caffè utilizzato, e l’aggiunta di ingredienti abbastanza classici per lo stile (cacao, bacche di vaniglia). Ma ci sono anche delle versioni abbastanza curiose, tra le quali mi piace ricordare quella “Ciliegia ed Amaretto”, “Nutella”, “Cetriolo e Zenzero”, “menta”, “zucca”. Restiamo fedeli alla versione base, che per chi vive dall’altra parte del mondo è già una gioia avere a disposizione, prodotta “solo” con l’umile caffè della Ryan Bros di San Diego. 
Nel bicchiere è maestosamente nera, con una testa di schiuma compatta, fine e cremosa, di color marrone scuro, dalla buona persistenza. Ha passato un anno e mezzo in cantina (e solo da poco Alesmith ha iniziato ad imprimere sulle bottiglie la data di produzione) ma l’aroma di caffè macinato è ancora dominante: tutto intorno ruotano sentori di cioccolato amaro, fruit cake, amaretto e brownie, con buona intensità e grande pulizia. Solo a temperatura ambiente emerge una nota etilica, che ricorda il rum. Se agli occhi è una delizia, il primo impatto con il palato è semplicemente devastante: birra massiccia e piena ma incredibilmente cremosa e vellutata. Poco carbonata, avvolge il palato con una  morbidissima coltre nera e tu inizi a domandarti dove siano i  dodici gradi (alcolici) dichiarati sulla bottiglia serigrafata. C’è opulenza di tostature e di caffè, di frutta sotto spirito (soprattutto prugna), caramello, cioccolato amaro e, più in secondo piano, una lievissima presenza di affumicato/cenere. L’alcool riscalda in maniera molto discreta, alzando un po’ il capo solo man mano che la birra si avvicina alla temperatura dell’ambiente; caffè e malti scuri portano una lieve acidità che prepara il palato ad un infinito retrogusto, summa di tutto quanto passato in rassegna sino ad ora: tostature, caffè, cioccolato, cenere e morbido calore etilico. Non la migliore imperial stout “annusata”, ma senz’altro una delle migliori mai bevute: potente e sontuosa, relativamente facile da bere; impressiona soprattutto per la  sua consistenza al palato, dove riesce ad essere solida ma incredibilmente vellutata e delicata al tempo stesso. La bottiglia da 75 cl. in solitudine è una missione più facile del previsto che però fa lascia il segno; è allora meglio rallentare, e richiudendola con cura e con gli strumenti adeguati, rimane una ottima birra anche il giorno successivo. A bicchiere vuoto sei completamente soddisfatto, ma anche avvolto da un un po' di tristezza: quando mai ti capiterà  di riberla? 
Formato: 75 cl., alc. 12%, lotto e scadenza non riportati, pagata 11.00 dollari (beershop, Stati Uniti)   

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