Il Belgio virtuale (della birra) sta cambiando? A guardare il sito internet della Brasserie des Rocs si potrebbe affermare di sì. Sino a qualche tempo fa il suo era il tipico sito di un birrificio belga: amatoriale, poco bello, con pochissime informazioni spesso solamente in francese e/o fiammingo. Non lo visitavo da un po’ ed oggi mi trovo di fronte ad un sito completamente rinnovato che fa anche riferimento al beer-rating: Untappd e Ratebeer, riportando alcune recensioni particolarmente positive. Al rinnovamento del sito ha fatto seguito anche quello (per me sciagurato) delle etichette. Prendiamo la Brune dell’Abbaye des Rocs: molti anni fa era una gioia trovarla sugli scaffali dei supermercati con un ottimo rapporto qualità prezzo. La sua storica etichetta “a trifora” è stata ora sostituita da una grafica asettica che mette in evidenza l’anno di fondazione del birrificio, il 1979. Per me è un pezzo di storia che se ne va.
In quell’anno nasceva la Brasserie Eloir-Bertiau, la “sfida” che Jean Pierre Eloir, ex-impiegato al catasto, aveva lanciato al suocero, un birraio ormai in pensione che passava il suo tempo a lamentarsi di quanto quel lavoro fosse stato difficile e faticoso. Jean Pierre iniziò con l’homebrewing per dimostrargli che era possibile produrre una buona birra anche nella propria cantina con pochi mezzi, pochi sforzi e con poca esperienza. Il gioco si trasformò poi in un hobby, con una ottantina di litri di birra che venivano prodotti ogni due settimane in garage; la necessità di smaltire la produzione convinse Jean Pierre a richiedere i permessi e le autorizzazioni necessarie per operare commercialmente e vendere l’unica birra da lui prodotta, chiamata Abbaye des Rocs, che realizzava con un ceppo di lievito recuperato da alcune bottiglie di Rochefort e Westmalle. E’ questo l’unico legame – se lo si vuole cercare – con la cosiddetta “birra d’abbazia” belga. Il nome Abbaye des Rocs si riferisce solamente ad un vecchio rudere di campagna che si trova a qualche centinaia di metri dalla casa dei coniugi, un tempo possedimento dell’Abbazia di Crespin.
In quell’anno nasceva la Brasserie Eloir-Bertiau, la “sfida” che Jean Pierre Eloir, ex-impiegato al catasto, aveva lanciato al suocero, un birraio ormai in pensione che passava il suo tempo a lamentarsi di quanto quel lavoro fosse stato difficile e faticoso. Jean Pierre iniziò con l’homebrewing per dimostrargli che era possibile produrre una buona birra anche nella propria cantina con pochi mezzi, pochi sforzi e con poca esperienza. Il gioco si trasformò poi in un hobby, con una ottantina di litri di birra che venivano prodotti ogni due settimane in garage; la necessità di smaltire la produzione convinse Jean Pierre a richiedere i permessi e le autorizzazioni necessarie per operare commercialmente e vendere l’unica birra da lui prodotta, chiamata Abbaye des Rocs, che realizzava con un ceppo di lievito recuperato da alcune bottiglie di Rochefort e Westmalle. E’ questo l’unico legame – se lo si vuole cercare – con la cosiddetta “birra d’abbazia” belga. Il nome Abbaye des Rocs si riferisce solamente ad un vecchio rudere di campagna che si trova a qualche centinaia di metri dalla casa dei coniugi, un tempo possedimento dell’Abbazia di Crespin.
L’Abbaye des Rocs rimase l’unica birra prodotta sino al 1985 quando, in occasione delle festività, venne realizzata l’Abbaye des Rocs Spéciale Noel seguita l’anno successivo da La Montagnarde. Fu solo nel 1987 che il birrificio divenne una società a responsabilità limitata e venne costruito un nuovo locale adiacente alla casa di famiglia per ospitare i nuovi impianti di seconda mano (l'ammostatore era stato utilizzato anche nell’abbazia di Chimay) che consentirono di aumentare la produzione da 80 a 1500 litri. Nel 1991 il birrificio cambiò nome in Brasserie des Rocs e nel 1996 , quando la produzione annuale aveva raggiunto gli 800 ettolitri, il testimone passò da Jean Pierre nelle mani della figlia Nathalie Eloir che andò in sala cottura lasciando il padre ad occuparsi degli aspetti commerciali. Arrivarono una dopo l'altra Abbaye des Rocs Blonde, Abbaye des Rocs Grand Cru e Abbaye des Rocs Triple Imperiale; la produzione è destinata per la maggior parte all'esportazione, con Stati Uniti, Francia e Italia come mercati principali
La Blonde dell’Abbaye Des Rocs non ha soltanto un vestito nuovo ma, secondo quanto riporta il sito del birrificio, anche una ricetta nuova. Il suo colore è dorato e velato, la schiuma è cremosa e compatta ma non così generosa come vorrebbe la scuola belga. Nel bicchiere ci finisce anche qualche “fiocco” di lievito, ma questo è un po’ il marchio di fabbrica della casa. Il naso è piuttosto interessante, fresco, pulito e intenso: una bella speziatura che richiama pepe e coriandolo, profumi floreali, miele, cereali, accenni di pera e di scorza di limone. Vivacemente carbonata, la bevuta procede spedita e abbastanza snella: cereali e pane fragrante, un pizzico di spezie, accenni di pera, mela e frutta a pasta gialla. Un nel percorso che tuttavia si ferma sul più bello: nel finale la birra si nasconde ed emerge una sensazione un po’ troppo acquosa: l’alcool è un fantasma ma questa “nuova ricetta” della Blonde des Rocs si ricollega piuttosto alla vecchia equazione “birra belga = dolce”. E’ secca ma priva di amaro: per il mio gusto, e per essere non dico nuova ma almeno moderna, è una mancanza fondamentale. Formato 33 cl., alc. 6.5%, lotto 1909 00467, scad. 05/07/2021, prezzo indicativo 3.00 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa lattina e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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