Di Almanac Beer Company vi avevo parlato nel 2014: beerfirm fondata a San Francisco da Jesse Friedman e Damian Fagan, dopo essersi conosciuti nel 2007 ad un club di homebrewing si scoprono appassionati anche di cibo di qualità, di prodotti a Km 0 e di mercati contadini. Abbozzano qualche idea per iniziare assieme una professione: un bar, un cafè o un negozio per homebrew? Meglio ancora un birrificio: in mancanza di capitali per dotarsi d’impianti propri i due optano per la soluzione low cost della beer firm.
Dopo tre anni passati ad esercitarsi ed affinare le ricette nei rispettivi appartamenti, a cotte da venti litri per volta, nel 2010 i due sarebbero pronti per partire ma scoprono che il nome da loro scelto, Old Oak Beer Co., potrebbe infrangere qualche copyright; per evitare qualsiasi noia legale, decidono di cambiarlo in Almanac Beer Co., corredato dal motto “Farm to Bottle” (dalla fattoria alla bottiglia) mutuato dalla filosofia del “Farm to Table”. La scelta vuole mettere in risalto il legame con il territorio circostante che i due imprenditori intendono valorizzare: l’Almanacco è quello dell’agricoltore, della stagionalità delle colture: l’idea è di utilizzare frutti o altri ingredienti provenienti dalle fattorie della California settentrionale per produrre birre maturate in legno, destinate alla tavola ed agli abbinamenti gastronomici. A giugno 2011 arrivano le prime bottiglie della Summer 2010 Blackberry Ale, una birra acida realizzata con quattro diverse varietà di more provenienti dalla Sebastopol Berry Farm della contea di Sonoma ed invecchiata per undici mesi in botti di vino rosso. Viene prodotta presso gli impianti della Drake’s di San Leandro, nella baia di San Francisco, mentre le altre birre saranno principalmente realizzate alla Hermitage Brewing Co. di San Jose. Nelle birre ci finiscono progressivamente moltissimi altri ingredienti provenienti da aziende agricole e da piccoli produttori californiani: agrumi, uva, prugne, pesche, miele, cacao, vaniglia e finocchio, solo per citarne alcuni. Almanac si specializza in birre acide affinate in legno e, anziché in un impianto di produzione, Friedman e Fagan preferiscono acquistare un migliaio di botti e due tini di rovere da 4000 litri. Ma nel 2014 è anche arrivata la prima birra “normale” per Almanac: una India Pale Ale, nonostante Friedman e Fagan si erano sempre dichiarati contrari a realizzare una birra che avrebbe avuto – a loro dire – troppa concorrenza.
Alla fine del 2016 Almanac inaugura la taproom nel Mission District di San Francisco: una dozzina di spine, 75 posti a sedere all’interno, altri 25 nel piccolo beer garden e cucina informale affidata al cuoco Chad Arnold. Ma il vero cambiamento arriva nel 2018 quando viene inaugurata la nuova sede ad Alameda in un ex hangar aeronautico del 1942 fatto ristrutturare dal birrificio ThirstyBear di San Francisco per ospitare il suo progetto Admiral Maltings: l’ultima malteria in California aveva chiuso i battenti un secolo prima. Almanac prende in affitto una parte del fabbricato – 3000 metri quadri – nel quale trovano posto gli impianti di produzione, una taproom e un beergarden. “Il nostro mercato di riferimento è diventato molto affollato - dichiarò Fagan - improvvisamente quasi tutti I birrifici si sono messi a fare birre acide e i prezzi sono scesi. Il nostro modello d’impresa non sarebbe stato sostenibile a lungo”.
Almanac non è più una beerfirm, diventa birrificio ma dopo pochi mesi Jesse Friedman se ne va, mantenendo le proprie quote societarie ma lasciando il ruolo di birraio a Phil Emerson. Le ragioni della separazione non sono mai state rese note. All’inizio del 2019 la taproom di San Francisco viene definitivamente chiusa.
Alla fine del 2016 Almanac inaugura la taproom nel Mission District di San Francisco: una dozzina di spine, 75 posti a sedere all’interno, altri 25 nel piccolo beer garden e cucina informale affidata al cuoco Chad Arnold. Ma il vero cambiamento arriva nel 2018 quando viene inaugurata la nuova sede ad Alameda in un ex hangar aeronautico del 1942 fatto ristrutturare dal birrificio ThirstyBear di San Francisco per ospitare il suo progetto Admiral Maltings: l’ultima malteria in California aveva chiuso i battenti un secolo prima. Almanac prende in affitto una parte del fabbricato – 3000 metri quadri – nel quale trovano posto gli impianti di produzione, una taproom e un beergarden. “Il nostro mercato di riferimento è diventato molto affollato - dichiarò Fagan - improvvisamente quasi tutti I birrifici si sono messi a fare birre acide e i prezzi sono scesi. Il nostro modello d’impresa non sarebbe stato sostenibile a lungo”.
Almanac non è più una beerfirm, diventa birrificio ma dopo pochi mesi Jesse Friedman se ne va, mantenendo le proprie quote societarie ma lasciando il ruolo di birraio a Phil Emerson. Le ragioni della separazione non sono mai state rese note. All’inizio del 2019 la taproom di San Francisco viene definitivamente chiusa.
La birra.
La prima birra in lattina di Almanac risale alla primavera del 2016, grazie ad una collaborazione con il birrificio collaboration with Speakeasy di San Francisco: pilsner, due saison e una IPA. Oggi anche le birre acide affinate in botte vengono commercializzate nello stesso formato, come ad esempio la Farmhouse Sour Ale chiamata Sunshine & Opportunity, riferimento alla California: terra “del sole e delle opportunità”. Questa Sour Ale viene prodotta con malti Admiral Pale, Aromatic, frumento, avena e viene poi invecchiata in botti di rovere con aggiunta di succo di pera e con un delicato dry-hopping di Citra, Sabro e Mosaic. Ne sono state realizzate anche una versione Lavender Honey Edition, con aggiunta di lavanda e miele, ed una colorata Rosé Edition con uva Merlot e ibisco.
Restiamo sulla Sunshine & Opportunity originale che si presenta di color dorato, quasi limpido e un generoso cappello di schiuma pannosa dall’ottima persistenza. Agrumi, pera, frutta tropicale, pepe bianco, lime, legno e un lieve carattere funky/rustico: l’interazione tra luppoli, lievito e botte funziona alla perfezione e regala un naso fresco, pulito, elegante e intenso. L’etichetta mette in evidenza lo slogan tart-refreshing-tropical e la birra mantiene le promesse: al palato è piacevolmente acidula, un tappeto dolce di tropicale e pera bilancia la secchezza e l’asprezza degli agrumi. A fronte di una bella intensità non c’è tuttavia grande profondità e s’avverte qualche accenno legnoso solo nel finale. E’ una Sour Ale ruffiana e piaciona nella quale la frutta eclissa il funky: l’alcool (5.8%) è inesistente e la birra è assolutamente rinfrescante, perfetta per i mesi più caldi dell’anno. Sunshine & Opportunity, ovvero una Gently Sour fatta per piacere che coglie nel segno.
Formato 47,3 cl., alc. 5.8%, lotto 29/01/2020, prezzo indicativo 9.00 euro (beershop)
Restiamo sulla Sunshine & Opportunity originale che si presenta di color dorato, quasi limpido e un generoso cappello di schiuma pannosa dall’ottima persistenza. Agrumi, pera, frutta tropicale, pepe bianco, lime, legno e un lieve carattere funky/rustico: l’interazione tra luppoli, lievito e botte funziona alla perfezione e regala un naso fresco, pulito, elegante e intenso. L’etichetta mette in evidenza lo slogan tart-refreshing-tropical e la birra mantiene le promesse: al palato è piacevolmente acidula, un tappeto dolce di tropicale e pera bilancia la secchezza e l’asprezza degli agrumi. A fronte di una bella intensità non c’è tuttavia grande profondità e s’avverte qualche accenno legnoso solo nel finale. E’ una Sour Ale ruffiana e piaciona nella quale la frutta eclissa il funky: l’alcool (5.8%) è inesistente e la birra è assolutamente rinfrescante, perfetta per i mesi più caldi dell’anno. Sunshine & Opportunity, ovvero una Gently Sour fatta per piacere che coglie nel segno.
Formato 47,3 cl., alc. 5.8%, lotto 29/01/2020, prezzo indicativo 9.00 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio
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