lunedì 5 ottobre 2020

Deya Brewing Company: Magazine Cover Session IPA & Invoice Me For the Microphone IPA

Theo Freyne ha fondato il birrificio Deya nel 2015 a Cheltenham, contea inglese del Gloucestershire:  evoluzione naturale di un hobby che si era particolarmente intensificato nell’ultimo anno all’università di Edimburgo, dove stava studiando storia. Per rendersi meglio conto di cosa significhi fare il birraio, Theo passa qualche settimana a lavare i fusti e ad osservare le produzione al birrificio Theakston.  Tornato a Edimburgo, continua il suo percorso  di apprendimento con un Master of Brewing and Distilling all Heriot-Watt. Ma il Regno Unito inizia già a stargli stretto, Theo è affascinato dalla birra artigianale americana e si reca per tre mesi in Colorado, al birrificio Odell, a fare un po’ di  pratica “I mesi che ho passato negli Stati Uniti hanno innalzato di molto le mie aspettative per quel che riguarda la birra. Odell, Firestone Walker, Russian River: tutto quello che riuscivo a bere era di molto superiore a quello che c’era nel Regno Unito. Mi resi conto dell’importanza dei dettagli nel determinare la qualità della birra”. Analisi sensoriali, utilizzo efficace ed efficiente delle materie prime, visita ai produttori di luppolo nella Yakima Valley: “se avessi fatto un anno di pratica alla Thornbridge e alla BrewDog sarei forse diventato un birraio più bravo, ma alla Odell ho davvero capito come si può fare il salto di qualità”: A Freyne non interessano solamente le tecniche produttive ma anche il modello di business messo di molti birrifici americani: legge i libri di Sam Calagione e John Palmer, assaggia Tree House e Trillium, visita The Alchemist e Hill Farmstead, dove ottiene da Shaun Hill preziosi consigli su come migliorare l’aroma della birra. 
Rientrato a casa elabora sul proprio impianto casalingo la ricetta della Steady Rolling Man, un’American Pale Ale molto luppolata d’ispirazione New England.  Suo padre continua a raccontargli le meraviglie delle Real Ales anglosassoni in cask, ma a Theo interessa solo la birra americana. Ottiene da famigliari ed amici le risorse economiche necessarie per dare il via a Deya Brewing Company -  il nome è un omaggio a Deià, località sull’isola di Maiorca -  che debutta come beerfirm nell’attesa di arredare casa, uno spazio da 380 metri quadri a Cheltenham, con un impianto da 16 ettolitri di seconda mano proveniente da Arbor Ales.  Ad aiutarlo arriva Gareth Moore, un birraio che Theo ha incontrato nel corso di un breve periodo di pratica alla Gloucester Brewery.
A maggio del 2016 Deya inaugura l’impianto e la taproom, elemento che Theo reputa fondamentale per il successo e per le proprie finanze: è quello che ha appreso negli Stati Uniti.  E’ il periodo in cui nel Regno Unito scoppia la moda dell’haze, del juicy o del New England che dir si voglia: Cloudwater è in cima alla lista dei desideri di ogni beergeek inglese, Northern MonkVerdant e Wylam seguono a ruota ma è la Steady Rolling Man di Deya ad essere votata dal popolo di Untappd come la miglior Pale Ale prodotta nel Regno Unito. L’anno successivo Deya aggiunge tre fermentatori da 40 ettolitri che permettono di raddoppiare la capacità produttiva: arrivano i primi inviti ai festival alla moda, come la Mikkeller Beer Celebration Copenhagen e l’Hop City organizzato da Northern Monk. Arrivano le collaborazioni e le produzioni one-shot per assecondare la  sete di novità del mercato: Deya sforna una trentina di etichette nuove ogni anno caratterizzate dalle belle grafiche di  Thom “Trojanowski” Hobson. La taproom assorbe la maggior parte di quello che Deya riesce a produrre: il resto della birra viene distribuita in fusto e lattine, ma Freyne non è molto soddisfatto dei risultati del “mobile canning” e per tutto il 2017 si concentra quasi esclusivamente sui fusti.  Il suo primo investimento del 2018 è l’acquisto di una linea di inlattinamento accompagnata da altri quattro fermentatori che portano la capacità annuale a 3500 ettolitri. 
Nel 2019 Deya trasloca dall’altra parte della strada: contratto d’affitto decennale per uno spazio da 2000 metri quadri nel quale viene installato un nuovo impianto da quaranta ettolitri che permette di decuplicare la capacità produttiva portandola a 35.000 ettolitri l’anno.  Il costo dell’investimento non è stato reso noto ma le risorse sono state reperite tramite famigliari, amici e un 10% di quote societarie ceduti a terzi. Freyne continua a seguire il modello americano: ancora più spazio alla taproom, merchandising e beershop, negozio online: le vendite dirette al consumatore finale arrivano a generare il 50% dei guadagni.  L’emergenza Covid-19 ha costretto anche Deya a rivedere in parti i propri piani: chiusi taproom e bar per diversi mesi, la produzione di lattine è stata intensificata per la gioia di beershop e distributori nel Regno Unito e in alcuni paesi europei.

Le birre.

Partiamo da Magazine Cover, una Session IPA (4.2%) che ha debuttato lo scorso marzo e nella quale sono protagonisti Citra e Mosaic e, in etichetta, un inquietante Andy Warcroc. 
Il suo giallo paglierino è piuttosto opaco come vuole la moda, mentre la schiuma è un po’ scomposta ma ha buona persistenza.  A tre mesi dalla messa in lattina l’aroma non è particolarmente eccitante, l’intensità è scarsa ma quel che c’è è pulito e abbastanza elegante: mandarino, lime, cedro, litchi, note floreali. Va un po’ meglio al palato, dove crackers e cereali danno il via ad un bevuta nella quale un tocco dolce di ananas anticipa un finale zesty, secco e moderatamente amaro. Non è un mostro d’intensità ma svolge la sua funzione – rinfrescare e dissetare – piuttosto bene. Dal carattere un po’ timido è comunque una di quelle birre che potresti bere per tutta la sera senza mai stancarti. Tre mesi di vita non sono un’eternità, anche se c’è stato il caldo estivo di mezzo: mi piacerebbe riprovare una lattina un po’ più giovane.

La IPA Invoice Me For the Microphone (6.5%) viene invece prodotta sin dal 2018: anche qui si va sul sicuro con l’accoppiata Citra-Mosaic. Visivamente ricorda un succo di frutta all’arancia e gli agrumi dominano un naso pulito, intenso ed elegante nel quale c’è anche posto per qualche immancabile frutto tropicale.  Qualche bollicina in eccesso elimina alla partenza le intenzioni di costruire quel mouthfeel morbido e cremoso che ha contribuito alla notorietà del sottostile NEIPA. Fedele all’aroma la bevuta regala un percorso succoso e ricco di agrumi, intenso e privo di spigoli o inutili estremismi, bilanciato da qualche accenno di mango, pesca e ananas: una birra moderna nella quale equilibrio e bevibilità non sono sacrificate sull’altare della moda. Chiude secca con un bel finale zesty, educato e corto: un amaro contenuto che si porta dietro qualche scia vegetale e un leggerissimo hop burn (grattino) che emerge solo quando si scalda. Alcool molto ben celato, IPA pulita e ben fatta: conferma che Deya merita il successo che in patria sta avendo.
Nel dettaglio: 
Magazine Cover, 50 cl., alc. 4,2%, lotto 16/06/2020, scad. 16/12/2020, prezzo indicativo 7,00 euro (beershop)
Invoice Me For the Microphone, 50 cl., alc. 6,5%,lotto 30/07/2020, scad. 30/01/2021, prezzo indicativo 8,00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio

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