Nel 2010 Ryan Cottongim e la moglie Erin si trovarono improvvisamente senza lavoro e con un figlio appena nato: lei faceva la segretaria per una ditta di forniture idrauliche, Ryan installava tubazioni del gas sottoterra e nel tempo libero si dilettava con l’homebrewing. Ci raccontano che una sera, una delle tante in cui discutevano su come tirare avanti, un pipistrello entrò dalla finestra del loro salotto: lo considerarono un buon presagio e quell’evento fu la molla che fece scattare in loro la decisione di rischiare e mettersi in proprio. Racimolarono tutti i loro risparmi e ottennero un prestito per aprire un brewpub nella città dove sono nati, South Lyon, Michigan, sessanta chilometri ad est di Detroit.
Witch's Hat Brewing Company prende il suo nome da un bizzarro edificio dalla forma conica che ricorda appunto il lungo cappello di una strega: il Witch's Hat Depot fu costruito nel 1909 per sostituire la vecchia stazione ferroviaria, distrutta in un incendio, ed operò sino al 1955. Sia l’edificio che il pipistrello trovano posto nel logo del birrificio che viene inaugurato il giorno di Natale del 2011 all’interno di un piccolo complesso commerciale, dove una volta vi era un coffee shop: impianto da tre ettolitri, 160 metri quadri ed una taproom priva di cucina con una quarantina di posti a sedere.
Nel 2014 avviene il trasloco nella vicina Lafayette Street, a pochi isolati di distanza dal Witch's Hat Depot: nei mille metri quadri a disposizione trova posto il nuovo impianto da 15 barili, una taproom con cento posti a sedere, una ventina di spine e una cucina informale che sforna hamburger, sandwich, fish & chips e tacos. La taproom diventa rapidamente il punto di forza di Witch's Hat, assorbendo l’80% della produzione soprattutto grazie agli operai che lavorano nei dintorni e che a fine turno vanno a bere un paio di pinte. La maggior parte di loro fa parte del Mug Club e i loro bicchieri, oggi 1700, sono appesi alle pareti della taproom.
Per molti anni l’unica birra di Witch's Hat ad essere distribuita in bottiglia è stata la IPA Train Hopper, oggi affiancata dalle lattine della Three Kord Kolsch, della Defloured NEIPA, della Edward’s Portly American Brown Ale e dell’hard seltzer Bumble. La maggior parte delle altre etichette sono produzioni stagionali o occasionali. Ma la birra che ha portato un po’ di notorietà è stata Night Fury, un’imperial stout usata come base di numerose varianti barricate. Sono loro le protagoniste dell’evento Fury for a Feast che si tiene ogni anno in agosto: musica dal vivo, stand gastronomici, raccolte fondi per beneficenza e una trentina di spine, la maggior parte delle quali dedicate a varianti della Night Fury. La vendita delle bottiglie è solitamente riservata ai membri del Mug Club.
La birra.
Come detto le varianti della Night Fury sono le birre più premiate dal beer-rating. In cima alla classifica ci sono la O.G. Bourbon Barrel Night Fury, la TraXXX Night Fury (invecchiata in botti di Bourbon con burro d’arachidi, fave di cacao, cocco e vaniglia), la S’mores Night Fury (Bourbon Barrel, marshmallow e vaniglia) e la Double Barrel Night Fury (Apple Brandy e Bourbon). Ne cito solo alcune, perché le varianti sono potenzialmente infinite.
Formato 35.5 cl., alc. 10.2%, lotto e scadenza non riportati, prezzo indicativo 6.00 euro (beershop)La Night Fury “base” (10.2%) viene prodotta con melassa e lattosio: nel bicchiere è quasi nera, la schiuma non è molto generosa e la sua persistenza è solo discreta. Orzo tostato, fruit cake, cioccolato al latte, caffè, accenni di tabacco e cenere: il suo aroma è una piacevole introduzione ad una bevuta bilanciata e intensa, pulita e ben definita. Caramello, melassa, liquirizia, prugna disidratata, uvetta e cioccolato al latte danno il via ad un percorso dolce che viene progressivamente equilibrato da tostature che culminano in un finale piuttosto amaro nel quale i fondi di caffè incontrano note di tabacco e di cenere. Il mouthfeel è leggermente oleoso, il lattosio le dona un po’ di densità ma – fedele al suo nome - non è una birra che indulge in carezze palatali. L’alcool si fa sentire quel che basta per rendere la bevuta potente e per riscaldare chi decide di berla nei mesi più freddi dell’anno. La Night Fury di Witch's Hat è una Imperial Stout ben fatta che si sorseggia con grande piacere: l’interpretazione dello stile è nelle mie corde, senza inutili orpelli e con un uso molto razionale dei cosiddetti adjuncts. Non la vedo affatto sfigurare al confronto con le altre grandi Imperial Stout che vengono prodotte nello stato del Michigan.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio
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