Il 15 novembre 2020 il birrificio De Dolle ha compiuto quarant’anni e per festeggiare Kris Herteleer ha voluto regalarsi un birra celebrativa chiamata appunto XL, espressione in numeri romani della propria età: evento più unico che raro, visto che da anni De Dolle produce le stesse etichette senza assecondare quelle dinamiche di una fetta di mercato perennemente in cerca di novità. In verità la storia del birrificio risale al 1835. Ad Esen, paese nelle Fiandre Occidentali dove oggi vivono circa duemila anime, un tempo vi erano un paio di distillerie e sei birrifici. L’unico rimasto ancora in piedi è quello fondato da Louis Nevejan e poi rilevato dopo cinquant’anni da Louis Charles Hector Costenoble: nel 1979 il birrificio è in vendita.
A Roeselare, ad una ventina di chilometri di distanza, ci sono i fratelli Kris e Jo Herteleer, che da anni si dilettano a fare la birra in casa e che avevano anche vinto un concorso a Brussels. Kris ricorda: “dopo aver terminato gli studi in medicina mio fratello voleva andare in Sud America. Prima della sua partenza decidemmo di finire tutte le birre che avevamo fatto. Erano bottiglie grandi e quindi chiamammo ad aiutarci alcuni amici. Uno di loro conosceva un investitore che voleva aprire un birrificio. Alla fine degli anni ’70 se volevi acquistare un vecchio birrificio non potevi fare ricerche in internet, ma usavi l’elenco telefonico: alla lettera A non c’era nessun birrificio, alla B c’era Bavik, ma era troppo grande. Alla C vi era il birrificio Costenoble, e così andammo a vederlo. Sapevamo fare la birra ma non avevamo mai visitato un birrificio prima. Il birraio ci disse che il birrificio sarebbe stato venduto quel pomeriggio. Ma il potenziale acquirente non si presentò e così noi offrimmo di comprarlo allo stesso prezzo”.
A Roeselare, ad una ventina di chilometri di distanza, ci sono i fratelli Kris e Jo Herteleer, che da anni si dilettano a fare la birra in casa e che avevano anche vinto un concorso a Brussels. Kris ricorda: “dopo aver terminato gli studi in medicina mio fratello voleva andare in Sud America. Prima della sua partenza decidemmo di finire tutte le birre che avevamo fatto. Erano bottiglie grandi e quindi chiamammo ad aiutarci alcuni amici. Uno di loro conosceva un investitore che voleva aprire un birrificio. Alla fine degli anni ’70 se volevi acquistare un vecchio birrificio non potevi fare ricerche in internet, ma usavi l’elenco telefonico: alla lettera A non c’era nessun birrificio, alla B c’era Bavik, ma era troppo grande. Alla C vi era il birrificio Costenoble, e così andammo a vederlo. Sapevamo fare la birra ma non avevamo mai visitato un birrificio prima. Il birraio ci disse che il birrificio sarebbe stato venduto quel pomeriggio. Ma il potenziale acquirente non si presentò e così noi offrimmo di comprarlo allo stesso prezzo”.
Con l’aiuto di alcuni consulenti e professionisti i fratelli Herteleer sistemano il birrificio cercando di far convivere efficienza e funzionalità con il fascino degli impianti che risalgono agli anni ’20, quando Esen fu completamente ricostruita dalle devastazioni della prima guerra mondiale: dopo due anni rileveranno le quote societarie di Romeo Bostoen, quel mugnaio appassionato di birra che si era inizialmente unito a loro. Il 15 novembre 1980 viene effettuata la prima cotta della Oerbier (“la birra primordiale”) del birrificio De Dolle Brouwers, ovvero “i birrai pazzi”. Il nome scelto è una naturale variante di “Dolle Dravers” ( “i ciclisti pazzi”) un minuscolo circolo di ciclismo al quale appartenevano Kris e Jo. Dei due è Kris ad assumere progressivamente il comando, facendo birra nei weekend e diventandone, dal 2006, l’unico proprietario. Si dice che il fratello Jo stia facendo ancora birra in Sud Africa, dove svolge la sua professione di medico.
Artista, grafico, architetto e birraio, Kris disegna personalmente quasi tutte le etichette e la simpatica mascotte gialla che crea come simbolo del birrificio: una cellula di lievito umanizzata "ottimista e gentile - dice Kris - che sorride al risultato ottenuto, la birra. Ma per ottenerla c'è voluto lavoro e conoscenza, simboleggiati dalla pala che tiene nell'altra mano". E lo racconta indossando improbabili giacche, scarpe e quei papillon che adornano anche il collo delle bottiglie delle sue birre. “Abbiamo messo la scritta ‘Anno 1980’ sul nostro logo perché sapevo che ci avrebbero copiati. Alcuni sostengono che La Chouffe fu il primo microbirrificio artigianale belga. Noi siamo stati i primi. La Chouffe è nata nel 1982. Quelli dell’Abbaye des Rocs dicono di essere arrivati prima di noi ma ho fatto delle ricerche: sono partiti quattro anni dopo. Dopo l’apertura del primo birrificio Hoegaarden di Pierre Celis (1965, nda) ci fu un vuoto di 16 anni. Non era un bel periodo per i produttori di birre speciali, la maggior parte chiudevano e noi siamo stati i primi della rinascita”.
Artista, grafico, architetto e birraio, Kris disegna personalmente quasi tutte le etichette e la simpatica mascotte gialla che crea come simbolo del birrificio: una cellula di lievito umanizzata "ottimista e gentile - dice Kris - che sorride al risultato ottenuto, la birra. Ma per ottenerla c'è voluto lavoro e conoscenza, simboleggiati dalla pala che tiene nell'altra mano". E lo racconta indossando improbabili giacche, scarpe e quei papillon che adornano anche il collo delle bottiglie delle sue birre. “Abbiamo messo la scritta ‘Anno 1980’ sul nostro logo perché sapevo che ci avrebbero copiati. Alcuni sostengono che La Chouffe fu il primo microbirrificio artigianale belga. Noi siamo stati i primi. La Chouffe è nata nel 1982. Quelli dell’Abbaye des Rocs dicono di essere arrivati prima di noi ma ho fatto delle ricerche: sono partiti quattro anni dopo. Dopo l’apertura del primo birrificio Hoegaarden di Pierre Celis (1965, nda) ci fu un vuoto di 16 anni. Non era un bel periodo per i produttori di birre speciali, la maggior parte chiudevano e noi siamo stati i primi della rinascita”.
La birra.
Non ne ho la conferma ma immagino che l’etichetta sia un dipinto di Kris Herteleer; oggi i birrifici celebrano sovente il proprio compleanno con birre complesse e dalla gradazione alcolica importante. Kris è andato invece controcorrente optando per una Pale Ale che ha il contenuto alcolico (6.5%) più basso di tutte le altre De Dolle, se si esclude la Oeral (6%), una hoppy Pale Ale destinata solo al mercato americano, dove viene messa in lattina dall’importatore B. United. La “session beer” di casa De Dolle è infatti la Arabier (8%). La XL Pale Ale è stata realizzata semplicemente con malto Simpson Maris Otter Pale Ale e luppolo Whitbread Golding raccolto nella vicina Poperinge, utilizzato anche in dry-hopping; in fase di bollitura è stata poi aggiunta scorza d’arancia.
Il suo vestito è color arancio velato, la schiuma è generosa, cremosa e compatta come vuole la tradizione belga. Il naso della XL è fresco e regala profumi floreali, erbacei e terrosi, una delicata speziatura che richiama il pepe bianco, scorza d’arancia candita: in sottofondo c’è qualche ricordo di pasticceria. Tra gli appassionati In Italia, dove De Dolle ha un ottimo seguito grazie all’opera divulgativa di Lorenzo Kuaska Dabove, si è subito aperto un dibattito: la XL è brettata? Tra convinti e negazionisti c’è anche chi si è preso la briga di analizzare in laboratorio il contenuto della bottiglia che ha evidenziato l’assenza di brettanomiceti. La verità? Probabilmente non la sapremo mai, come non sappiamo esiste un solo lotto di XL o se ne sono stati fatti vari come avviene per la Stille Nacht, i cui asterischi riportati sul tappo fomentano ogni anno discussioni tra i birrofili. La mia percezione è inevitabilmente influenzata da questi rumors ma effettivamente l’aroma nel suo complesso ricorda quello di una Orval giovane. Il mouthfeel è ottimo, le vivaci bollicine della scuola belga non disturbano e non creano spigoli: è una Pale Ale che attraversa il palato regalando una sensazione di pienezza. Note biscottate e di miele danno il via ad una bevuta che richiama l’aroma nel dolce della frutta candita, sapientemente bilanciata da una bella acidità, da un finale secco e da un amaro zesty, erbaceo e terroso. L’alcool è davvero impercettibile e la XL di De Dolle risulta essere una Pale Ale rustica e ruspante, generosamente fruttata, rinfrescante e dissetante, intensa e facilissima da bere. Poco importa che sia brettata o no: a me è piaciuta molto e bevendola fresca eliminerete alla radici qualsiasi problema derivante dall’eventuale presenza di lieviti selvaggi. Se entrasse in produzione stabile, sarebbe un’aggiunta necessaria alla piccola gamma De Dolle? Probabilmente no: la subdola e più amara Arabier (8% e non sentirli) svolge per “i birrai pazzi” perfettamente la funzione di birra estiva, magari da gustarsi sulle colorate sedie nel patio antistante il birrificio nelle (forse) assolate domeniche delle Fiandre Occidentali. Se volete tuttavia concedervi ben più di un bicchiere, la Arabier è un pericoloso nemico per la vostra sobrietà e per la vostra patente: la XL potrebbe in questo senso rappresentare un’ottima alternativa “low ABV”.
Il suo vestito è color arancio velato, la schiuma è generosa, cremosa e compatta come vuole la tradizione belga. Il naso della XL è fresco e regala profumi floreali, erbacei e terrosi, una delicata speziatura che richiama il pepe bianco, scorza d’arancia candita: in sottofondo c’è qualche ricordo di pasticceria. Tra gli appassionati In Italia, dove De Dolle ha un ottimo seguito grazie all’opera divulgativa di Lorenzo Kuaska Dabove, si è subito aperto un dibattito: la XL è brettata? Tra convinti e negazionisti c’è anche chi si è preso la briga di analizzare in laboratorio il contenuto della bottiglia che ha evidenziato l’assenza di brettanomiceti. La verità? Probabilmente non la sapremo mai, come non sappiamo esiste un solo lotto di XL o se ne sono stati fatti vari come avviene per la Stille Nacht, i cui asterischi riportati sul tappo fomentano ogni anno discussioni tra i birrofili. La mia percezione è inevitabilmente influenzata da questi rumors ma effettivamente l’aroma nel suo complesso ricorda quello di una Orval giovane. Il mouthfeel è ottimo, le vivaci bollicine della scuola belga non disturbano e non creano spigoli: è una Pale Ale che attraversa il palato regalando una sensazione di pienezza. Note biscottate e di miele danno il via ad una bevuta che richiama l’aroma nel dolce della frutta candita, sapientemente bilanciata da una bella acidità, da un finale secco e da un amaro zesty, erbaceo e terroso. L’alcool è davvero impercettibile e la XL di De Dolle risulta essere una Pale Ale rustica e ruspante, generosamente fruttata, rinfrescante e dissetante, intensa e facilissima da bere. Poco importa che sia brettata o no: a me è piaciuta molto e bevendola fresca eliminerete alla radici qualsiasi problema derivante dall’eventuale presenza di lieviti selvaggi. Se entrasse in produzione stabile, sarebbe un’aggiunta necessaria alla piccola gamma De Dolle? Probabilmente no: la subdola e più amara Arabier (8% e non sentirli) svolge per “i birrai pazzi” perfettamente la funzione di birra estiva, magari da gustarsi sulle colorate sedie nel patio antistante il birrificio nelle (forse) assolate domeniche delle Fiandre Occidentali. Se volete tuttavia concedervi ben più di un bicchiere, la Arabier è un pericoloso nemico per la vostra sobrietà e per la vostra patente: la XL potrebbe in questo senso rappresentare un’ottima alternativa “low ABV”.
Formato 33 cl., alc. 6,5%, scad. 01/10/2022, prezzo indicativo 4,00-5,00 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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