Ritorno dopo un po' di tempo ad avere tra le mani una Buxton, birrificio del Derbyshire, alle porte del Peak District National Park ,che avevo incontrato per la prima volta nel 2011, dietro consiglio del proprietario di un beershop inglese, quando (credo) ancora non era ufficialmente importato in Italia. Nel frattempo noto che le etichette del birrificio fondato da Geoff Quinn nel 2009 hanno subito un leggero restyling, probabilmente grazie all'arrivo di Denis ‘Anorak’ Johnstone (marketing), la capacità degli impianti produttivi è stato di recente triplicata (32 ettolitri) ed ecco che, finalmente, le Buxton sono reperibili in Italia con facilità. C'è anche stato un avvicendamento in sala cottura: l'head brewer non è più l'ex campione di homebrewing neozelandese (ed ex-Thornbridge) James Kemp, che ha lasciato Buxton per il ruolo di "brewing advisor" alla SPL. Il nuovo birraio da Aprile 2013 è Colin Stronge, alle spalle nove anni di lavoro alla Marble di Manchester e, più di recente, due alla scozzese Black Isle.
Ma quello che più importa constatare è che tutti questi cambiamenti non hanno assolutamente modificato il livello qualitativo (già elevato) del birrificio inglese. Ulteriore prova ne è questa Rednik Stout, una birra poco muscolare (4.1%) capace però di regalare grandissime soddisfazioni.
E' nata in origine con il nome di Kinder Stout, e Rednik infatti altro non è che Kinder scritto al contrario; non ho trovato informazioni sul perché il nome sia stato invertito, ma immagino che il fatto non abbia nulla a che vedere con l'omonimo marchio di cioccolato al latte. Si presenta di un bel color marrone scurissimo, con "due dita" di schiuma beige fine e compatta, cremosa, dalla buona persistenza. L'abito in questo caso fa anche il monaco, perché il naso, pulito ed elegante, profuma di orzo tostato e caffellatte, con qualche sfumatura di mirtilli, cenere e caffè in grani. Di bene in meglio in bocca: il corpo è leggero, ma questa Rednik Stout riesce ad essere sorprendentemente morbida e cremosa per la gradazione alcolica che dichiara. Poco carbonata, avvolge il palato di eleganti tostature, note di caffè, caramello e melassa, con leggere note di prugna. Nel finale cresce l'amaro delle tostature ma c'è la l'acidità del caffè a mantenere in equilibrio la bevuta, regalando anche qualche lieve sfumatura di cenere/affumicato. Con un ABV di solo 4.1%, questa è una session beer straordinariamente intensa e morbida, che regala soddisfazioni non molto diverse da quelle di stout ben più "robuste" o "imperiali"; proprio l'intensità delle sue tostature non la rende forse adatta a bevute seriali, ma la sua collocazione ideale potrebbe essere quella di "fine sessione", quando potete chiudere la serie di pinte "chiare" con una "scura" intensa e "caffettosa" che non appesantirà più di tanto il tasso di alcool nel vostro sangue. Un piccolo miracolo, una dimostrazione di come si possono fare ottime birre dal contenuto alcolico modesto; è la stout che vorrei sempre trovarmi nel bicchiere, ogni volta che ordino una stout.
Formato: 33 cl., alc. 4.1%, lotto 09/2013, scad. 01/09/2014, pagata 4.00 Euro (beershop, Italia).
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