Festeggerà il suo secondo compleanno il prossimo giugno 2014, l’Agribirrificio Luppolajo di Castelgoffredo, Mantova. Si trova ubicato all’interno dell’azienda agricola della famiglia Treccani, fondata nel 1911 da Enrico Treccani. Il birraio è Enrico, omonimo pronipote del fondatore e perito agrario che – ammette – preferiva sfogliare i libri di birra durante le lezioni di viticoltura ed enologia. Nel 2008 Enrico entra “ufficialmente” nell’azienda agricola di famiglia e propone di avviare un microbirrificio; del resto arriva da qualche anno di homebrewing, ha un impianto pilota sul quale sperimentare le ricette ed ha frequentato diversi corsi in Italia. La spinta decisiva viene dal decreto ministeriale 212/2010 che nell’agosto del 2010 introduce il concetto di birra/birrifici agricoli. Non è un problema destinare cinque dei quasi trenta ettari posseduti alla coltivazione di orzo distico per ricavare quel 51% (almeno) di malto necessario per godere dei numerosi vantaggi destinati ad un birrificio agricolo, a partire da regime iva e tassazione sul reddito agevolata. Il problema risulta più che altro individuare quale tipo di orzo si adatti meglio a crescere nella valle del Po, da far poi maltare all’estero. I tempi di costruzione e la burocrazia permettono però l’inaugurazione solamente a giugno del 2012.
Luppolajo (ovvero il campo di luppolo) è il nome scelto per il locale di 400 metri quadri che ospita impianti produttivi, spazio per gli assaggi e la vendita diretta al pubblico; circa 350 gli ettolitri prodotti all’anno. Ma un vero e proprio Luppolajo è stato anche avviato nei terreni dell’azienda: le prime prove, con varietà britanniche, sembrano aver dato ottimi risultati, anche se la quantità modesta del raccolto può rendere al momento possibile solamente la produzione di una sorta di “harvest ale” solamente una volta l’anno. Le birre prodotte sono cinque e tutte ad alta fermentazione: una Koelsch (Bucolica), una aromatizzata all’Erba di San Pietro (Castellana), un'American IPA (Eneide – “ottima come birra da meditazione” (sic)), una Blanche (Georgica) ed una India Pale Ale d’ispirazione inglese, chiamata Rosae, che andiamo a stappare.
Malti Pilsner (da orzo autoprodotto), CaraRed, e due luppoli non propriamente “inglesi” come lo sloveno Dana ed il Cascade. Si presenta di colore oro carico, velato, con un bel cappello di schiuma bianca, fine e cremosa, molto persistente. L’aroma non è molto pronunciato e non particolarmente entusiasmante per una IPA; c’è comunque buona pulizia: crosta di pane e cereali, qualche sentore erbaceo e di mandarino ed arancio. Al palato è leggera con una carbonazione abbastanza sostenuta, una consistenza “watery” la rende scorrevole ma non sfuggente o “annacquata”. L’ingresso è maltato (pane, cracker) con a seguire le noti dolci e agrumate tipiche del cascade (pompelmo, arancia); sorprende il finale, con un bel taglio secco ed un amaro erbaceo e leggermente speziato, tipicamente da luppoli “nobili”. IPA delicatamente amara e quindi un po’ timida, se paragonata agli standard cui siamo ormai abituati. Non so se la ricetta sia recentemente cambiata, il sito del birrificio riporta “birra ambrata di ispirazione inglese, schiuma avorio, con grana fine. Sentori di caramello, agrumi e resina”. Ora, quella bevuta non è ambrata (ma dorata), caramello e resina non sono pervenuti; sinceramente faccio fatica a riconoscere l’ispirazione inglese, non trovo quelle note “biscottate” o terrose che dovrebbero esserci in una classica IPA inglese. Detto questo, in un periodo in cui spopolano le birre “cockatil di frutta” e quelle ricolme di scorza di agrumi vari, la bevuta di questa Rosae è stata una gradevole sorpresa. Sebbene l’aroma sia sottotono, in bocca c’è una bella pulizia, c’è la giusta intensità e soprattutto c’è un percorso ben definito nel quale il birraio sembra guidarti, partendo da note di pane, ad un lieve e gradevole agrumato di Cascade e un finale secco, erbaceo ed un po’ speziato che ricorda (non troppo) alla lontana quello di una pils. Lasciando quindi da parte un eventuale aderenza allo stile dichiarato, Rosae è una piacevole alternativa “amara” a tutta quell’abbondanza di agrumi che sta attualmente popolando la scena birraria; gradazione alcolica contenuta, buona intensità, molto facile da far evaporare dal bicchiere. Fuori dallo stile, ma anche positivamente fuori dalle mode. Bene.
Formato: 33 cl., alc. 5%, IBU 40, lotto 13827, scad. 24/10/2014, pagata 3.50 Euro (gastronomia, Italia).
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