La Brasserie d’Ebly è (attualmente) una beerfirm belga nata nel 2010 per volere di Gaëtan Patin, una passata esperienza alla Brasserie de Geants (ovvero Ellezelloise e Brasserie de Legends); è proprio a questo birrificio che si appoggia per la produzione delle birre, che sono due, entrambe commercializzate con il nome La Corne du Bois des Pendus: una Blonde Ale (5.9%) ed una più sostenuta Tripel (10%). Lo status di beerfirm pare essere solo temporaneo, visto che nello scorso agosto Patin annunciava di essere ormai prossimo all’inaugurazione dei propri impianti produittivi. Se ciò sia già avvenuto, non sono riuscito a capirlo. Lo strano nome delle birre (letteralmente “il corno di legno dell’impiccato”) fa riferimento alla leggenda di Cornelius. Copio ed incollo quanto riportato sul sito multilingua del birrificio: “leggendario mastro birraio del XVII secolo, Cornélius doveva la sua grande fama e fortuna alla straordinaria birra che produceva. Cornélius era l’unico a conoscere la ricetta della sua birra e la celava gelosamente, con sommo dispiacere degli altri birrai della zona. Molti tentarono di imitare questa birra straordinaria, ma nessuno ci riuscì. Purtroppo però, il 13 febbraio 1636, un venerdì nefasto, una terribile orda di briganti sanguinari arrivò nella zona e massacrò uomini, donne e bambini. Nessuno sopravvisse alla strage. Molti furono impiccati agli alberi del bosco che si trovava ai margini della zona del massacro. Per fortuna, poco prima di essere catturato dagli spietati mercenari, Cornélius riuscì a sotterrare la sua ricetta segreta ai piedi di una grande quercia. Nessuno ancora oggi conosce il luogo in cui venne nascosta la ricetta, che non è mai stata trovata. Ma da quel giorno, lo spettro di Cornélius abita la foresta in cui furono impiccati gli sventurati. Egli appare con la corda ancora intorno al collo, sussurrando incessantemente queste parole: “A chiunque berrà la birra de La Corne du Bois des Pendus dicendo “GLORIA AL CORNO, A CORNÉLIUS E A TUTTI GLI IMPICCATI, ALLA SALUTE SENZA PIETÀ” sarà concessa la vita eterna”. E ancora: “il luogo chiamato “La Corne du Bois des Pendus” deve il suo nome a un tragico evento accaduto nel XVII secolo, durante la terribile Guerra dei trent’anni. Nel febbraio del 1636 giunsero nel Sud del Lussemburgo delle truppe polacche, croate e ungheresi inviate dalla Germania contro la Francia. Credendo di trovarsi in Francia, le truppe iniziarono a saccheggiare tutti i villaggi della zona. Braccarono quindi la popolazione che si era rifugiata nella foresta di Anlier. Fra La Folie e la frazione di Rodenhoff, dove la foresta forma un corno, le truppe impiccarono un centinaio di persone fra uomini, donne e bambini. In loro omaggio, questo luogo si chiama adesso La Corne du Bois des Pendus.”
Più che la leggenda, quello che fortemente caratterizza l’immagine del birrificio è tuttavia l’insolito bicchiere, sostenuto da un supporto di legno, a ricordo dei corni di animali che venivano un tempo utilizzati per bere: vi ricordate di Astérix e di Obélix ? L’idea non piacque molto ad un altro birrificio che commercializza una birra molto legata al bicchiere che l’accompagna: si tratta di Bosteels, e la birra in questione è ovviamente la Kwak. Nell’ottobre 2010 Bosteels porta in tribunale Gaëtan Patin accusandolo di copiare ovviamente non tanto il “bicchiere della staffa” ma soprattutto la combinazione con il supporto in legno sul quale si poggia. Il caso si risolve due mesi dopo (forse in Italia ancora se ne starebbe dibattendo?) e a dicembre la Brasserie d’Ebly viene (giustamente, secondo me) autorizzata a continuare ad usare il suo corno di vetro. E la sostanza ? E’ questa La Corne du Bois des Pendus La Triple, vincitirce di una medaglia d’argento alla World Beer Cup di Strasburgo del 2011; inutile continuare a sottolineare la relativa valenza delle medaglie ai concorsi, ma devo ammettere che tra le mani mi sono capitate diverse birre medagliate a Strasburgo e la maggior parte si è poi rivelata essere abbastanza poco interessante. Purteoppo questa « La Triple » conferma la tradizione non proprio positiva.
Molto gradevole alla vista, di un bel color dorato, appena velato, ed una compatta e cremosa schiuma bianca, molto persistente. L'aroma è però abbastanza sotto tono: poco intenso, offre qualche sentore di arancia "fresca", marmellata d'arancia ed una evidente presenza etilica. Piuttosto lieve invece, per non dire impercettibile l'impronta "speziata" del lievito belga. In bocca rivela un corpo medio ed una carbonazione molto elevata, che la rende vivace e forse vorrebbe anche aiutare ridurre la percezione dell'alcool. Il risultato non è però completamente efficace, perché la bevuta procede abbastanza a rilento proprio a causa dell'evidente presenza etilica; ma neppure il sorseggiare è particolarmente piacevole: ci sono note di biscotto e di miele, zucchero a velo ed una presenza abbastanza dimessa di frutta gialla (albicocca e pesca). Benché dolce, riesce comunque a lasciare il palato secco e pulito, con un retrogusto timidamente amaro (scorza d'arancio, erbaceo) e caldo, spiccatamente etilico. Con o senza bicchiere a corno, il risultato è discreto ma noioso, poco coinvolgente; la bevibilità è abbastanza modesta, l'alcool è invece troppo in evidenza.
Formato: 33 cl., alc. 10%, lotto L101, scad. 10/2015, pagata 1.95 Euro (beershop, Belgio).
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