Viene fondato nel 1997 ad Uppsala, in Svezia, il birrificio Slottskällan: è il periodo (la seconda metà degli anni novanta) in cui si gettano le basi per la rinascita della birra “artigianale” in Svezia. Dopo decenni segnati solamente dalla chiusura di birrifici e dalla conquista del mercato da parte di poche (multi)nazionali che acquistano marchi per poi sopprimerli, appaiono anche in Svezia i primi microbirrifici come Oppigårds, Jämtlands, Nils Oscars (inizialmente chiamato Kungsholmens Kvartersbryggeri) e Nynäshamns Ångbryggeri. A questi si aggiunge anche la Slottskällans Bryggeri, parola che - smentitemi o confermate - voglia dire il birrificio "della fonte del castello".
Non è facile reperire in Internet informazioni sulla storia di questo birrificio; gli svedesi se la cavano notoriamente piuttosto bene con la lingua inglese, ma la maggior parte di blog e siti informativi sono in svedese ed assemblare informazioni con il semplice ausilio di Google Translator non è il modo migliore di procedere. Da quanto ho capito il birrificio è stato fondato da Hans Finell e Urban Nilsson, ma è soltanto a partire dal 2009, quando viene rilevato da Anders Slotte, che le ricette iniziano ad essere più elaborate e ad andare oltre il semplice cliché di birra chiara/ambrata/scura. Anzi, la Slottskällans inizia pian piano ad incamminarsi sui binari delle birre "one-shot", degli immancabili invecchiamenti in botte e di alcune produzioni che strizzano l'occhio ai beergeeks. E' il caso ad esempio della Zero, una IPA con IBU teoriche pari a zero, rilasciata nel 2012, per lanciare la sfida alla tendenza del mercato di produrre invece IPA con un numero sempre più elevato di IBU.
Immancabile, per un produttore scandinavo, cimentarsi con una Imperial Stout, uno stile particolarmente amato dai birrofili del nord europa. Quattro tipi di malto (pilsner, chocolate, cara e black, tre luppoli: Northern Brewer, Fuggle ed E.K. Goldings. Di colore marrone scurissimo, con riflessi mogano; la schiuma è poco generosa, di colore beige chiaro, cremosa e non molto persistente. L'inizio è poco entusiasmante, con un aroma sottotono, quasi assente: il torrefatto ed il caffè sono insolitamente in secondo piano rispetto a sentori di ciliegia sotto spirito, frutti rossi (fragola ?) e caramello. Il corpo è meno solido del previsto (medio), ma è comunque una birra dalla consistenza (quasi) masticabile, viscosa, molto poco carbonata. La bevuta inizia dolce, con caramello, prugna ed uvetta sotto spirito, fruit cake; l'amaro si fa attendere ancora un po', ma c'è comunque un finale di tostature, liquirizia caffè e e cioccolato, con una lieve presenza di luppolo (erbaceo). L'intensità è di buon livello, ma il sapore non rappresenta il massimo dell'eleganza: caramello e frutta danno a volte l'impressione di una "cola", e la birra ha un inizio quasi stucchevole per poi virare in territorio "scuro" con tostature e caffè di finezza non certo memorabile. Imperial stout un po' grezza, che riscalda ma si sorseggia senza grossa difficoltà.
Formato: 33 cl., alc. 9%, lotto SIS 1204, scad. 14/11/2022, pagata 7.17 Euro (Vinmonopolet, Norvegia).
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