Rodenbach è un nome che non necessità di presentazioni per tutti gli appassionati di birra; per chi invece si è da poco interessato al mondo della birra, e capita magari per caso su queste pagine, facciamo un breve riassunto storico, ricavato per lo più dall'imprescindibile libro di Michael Jackson "Great Beers Of Belgium", che parte dal lontano 1820 quando Alexander Rodenbach (la famiglia era originaria di Coblenza, in Germania) acquista assieme ai fratelli Pedro, Ferdinand e Constantijn il birrificio St. George di Roeselare; tra di loro c'è l'accordo di gestire assieme il birrificio per quindici anni. Alla scadenza del vincolo, Pedro e sua moglie Regina Wauters rilevano per intero la proprietà, lasciandola poi in eredità al figlio Edward al quale succede nel 1878 il figlio Eugene, che apprende il mestiere del birraio nell'Inghilterra delle Porter, allora realizzate con un blend di birra giovane e di birra più vecchia maturata in botti di legno. E' lui a costruire la grande cantina, con enormi tini di quercia, che ancora oggi potere visitare alla Rodenbach e che è stata dichiarata monumento d'archeologia industriale dalla comunità fiamminga di Roeselare. Eugene non ebbe figli maschi, e la famiglia Rodenbach decide di costituire una società a cui affidare il controllo del birrificio; nel corso degli anni le quote dei discendenti della famiglia Rodenbach si sono sempre più ridotte, per arrivare alla cessione, nel 1998, alla Palm Brewery. Come purtroppo la storia insegna, il cambiamento di proprietà spesso comporta anche un cambiamento dei prodotti, per la necessità di ridurre i costi di produzione, ed anche le birre della Rodenbach non sono state immuni da questo, come fanno notare i più esperti bevitori. Rimane comunque ancora un bel bere, come dimostra questa bottiglia di Grand Cru (brassata per la prima volta alla fine del 1800), ottimo esempio di una Flanders Red Ale (categoria stilistica che Beer Advocate mantiene, mentre Ratebeer opta per il "sour red/brown ale") che viene ottenuta miscelando un terzo di birra giovane con due terzi di birre invecchiate per due anni in enormi botti di rovere. All'aspetto è di colore rosso borgogna, scuro, splendido, e forma una schiuma ocra, fine e cremosa, poco persistente. Il naso è molto complesso, lattico ed acetico convivono assieme a sentori di terra umida, legno, frutti rossi come ribes ed amarena, mela; quando la birra si scalda emergono anche note più dolci di prugna secca e di ciliegia matura. Il gusto ha una buona corrispondenza con l'aroma, aspro di frutti rossi, mela renetta, anche se in secondo piano c'è una sottile dolcezza (ciliegia sciroppata) a stemperarlo. Le caratteristiche vinose, di un vino inevecchiato, sono più evidenti man mano che la birra s'avvicina alla temperatura ambiente; chiude con uno splendido finale secco e tannico, con una punta amarognola (nocciolo di pesca) e legnosa. Birra complessa ma molto facile da bere, versatile sia come aperitivo che, grazie alla marcata acidità, in abbinamento gastronomico. Non a caso l'ultimo Michael Jackson la definiva contemporaneamente "the most refershing beer in the world" e "the most food-friendly beer in the world" senza dimenticare, ovviamente, la sua prima definizione della Rodenbach Grand Cru: "il Borgogna del Belgio". Formato: 33 cl., alc. 6%, IBU 8, lotto 3.20 13:10, scad. 04/11/2014, pagata 3.50 Euro (foodstore, Italia).
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