Orfano da settembre 2017 del birraio che lo ha reso celebre in tutta Europa, il birrificio svedese Stigbergets ha continuato il suo percorso di crescita aprendo nel 2018 il nuovo birrificio a Ringön, nei dintorni di Göteborg. Il birraio Olle Andersson, ora impegnato con la propria “creatura” O/O Brewing è stato sostituito in sala cottura dai birrai Lucas Monryd e Andreas Görts, titolari della beerfirm All In Brewing che ha iniziato ad utilizzare gli impianti di Stigbergets per produrre anche le proprie birre. Esattamente la stessa cosa che faceva Andersson con O/O Brewing.
Il nuovo birrificio di Ringön (40 hl) ha permesso di raddoppiare la capacità produttiva chiudendo il 2018 a quota 800.000 litri: l’obiettivo dichiarato per il 2019 è di arrivare vicino al milione. L’inaugurazione ufficiale, un “open day” al quale hanno partecipato quasi un migliaio di persone, è avvenuto ad ottobre. Su questo impianto, dotato di una “inlattinatrice”, sono prodotte le birre disponibili tutto l’anno; il vecchio impianto (20 hl) di Göteborg vicino al Museo Marittimo (Gamla Varvsgatan) rimane operativo e viene utilizzato per le birre occasionali e stagionali. “Il successo ci ha fatto rivedere al rialzo i nostri progetti d’investimento – dice l’amministratore delegato Nils Hultkrantz - Nel nuovo birrificio possiamo fare una cotta ogni novanta minuti; aggiungendo altri fermentatori potremmo superare i due milioni di litri all’anno, ma al momento non è nei nostri piani. Vogliamo crescere ma con moderazione”.
Qualche tempo fa avevo accennato al fatto che l’ex-vice presidente del birrificio americano Three Floyds, Barnaby Struve, si era trasferito in Svezia alla Stigbergets. Un amico in comune (Victor Brandt del gruppo death metal svedese Entombed A.D.) aveva reso possibile un incontro che è poi diventato a tutti gli effetti una collaborazione commerciale. Struve non lavora come birraio in Svezia ma è una sorta di “consulente” di Stigbergets per gli Stati Uniti. A lui il compito di organizzare eventi e collaborazioni con birrifici americani: sino ad ora sono state fatte birre a quattro mani con Other Half, Mikkeller San Diego, Modern Times, GIgantic e Arizona Wilderness.
La birra.Il nuovo birrificio di Ringön (40 hl) ha permesso di raddoppiare la capacità produttiva chiudendo il 2018 a quota 800.000 litri: l’obiettivo dichiarato per il 2019 è di arrivare vicino al milione. L’inaugurazione ufficiale, un “open day” al quale hanno partecipato quasi un migliaio di persone, è avvenuto ad ottobre. Su questo impianto, dotato di una “inlattinatrice”, sono prodotte le birre disponibili tutto l’anno; il vecchio impianto (20 hl) di Göteborg vicino al Museo Marittimo (Gamla Varvsgatan) rimane operativo e viene utilizzato per le birre occasionali e stagionali. “Il successo ci ha fatto rivedere al rialzo i nostri progetti d’investimento – dice l’amministratore delegato Nils Hultkrantz - Nel nuovo birrificio possiamo fare una cotta ogni novanta minuti; aggiungendo altri fermentatori potremmo superare i due milioni di litri all’anno, ma al momento non è nei nostri piani. Vogliamo crescere ma con moderazione”.
Qualche tempo fa avevo accennato al fatto che l’ex-vice presidente del birrificio americano Three Floyds, Barnaby Struve, si era trasferito in Svezia alla Stigbergets. Un amico in comune (Victor Brandt del gruppo death metal svedese Entombed A.D.) aveva reso possibile un incontro che è poi diventato a tutti gli effetti una collaborazione commerciale. Struve non lavora come birraio in Svezia ma è una sorta di “consulente” di Stigbergets per gli Stati Uniti. A lui il compito di organizzare eventi e collaborazioni con birrifici americani: sino ad ora sono state fatte birre a quattro mani con Other Half, Mikkeller San Diego, Modern Times, GIgantic e Arizona Wilderness.
Amazing Haze, West Coast IPA e Muddle sono le tre birre più popolari del birrificio di Göteborg, almeno stando alle classifiche di beer-rating. Le prime due le avevamo già assaggiate, ora vediamo la terza. Muddle è un’american IPA all’avena prodotta con luppoli Columbus, Simcoe e Citra; ha debuttato a gennaio 2017.
Si presenta di un velato ma luminoso colore a metà strada tra l’arancio ed il dorato; la schiuma biancastra è abbastanza compatta ed ha buona ritenzione. Non conosco la data di nascita di questa lattina ma, ipotizzando una shelf life semestrale, dovrebbe risalire al mese di gennaio. L’aroma, benché pulito ed elegante, sembra aver perso un po’ di spunto e di vitalità: la macedonia tropicale (ananas, mango, papaia e arancia) è tuttavia molto gradevole, anche se non fa spuntare il sorriso sulle labbra. L’avena le dona una piacevole morbidezza palatale che riesce a non ingrossare troppo il corpo; la sua scorrevolezza è ottima ed è facilitata dalla maniera esemplare in cui l’alcool (7%) è celato. Pane e crackers sono il supporto maltato alla generosa luppolatura che si traduce in una bevuta tropicaleggiante, fruttata senza arrivare agli estremi del succo di frutta. In chiusura arriva un amaro erbaceo e terroso, con qualche intermezzo zesty, di modesta intensità e breve durata. Il risultato è molto piacevole, educato e assolutamente bilanciato: quasi una Session IPA da 7 gradi. Le manca invero un po’ di esplosività e di sana arroganza, ma non so se questo sia dovuto alla mano dei nuovi birrai o al fatto che la lattina abbia quasi tre mesi di vita alle spalle.
Formato 44 cl., alc. 7%, lotto 932, scad. 06/06/2019, prezzo indicativo 8,00 euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Nessun commento:
Posta un commento