Quello di Jason Spaulding è un nome già noto. Fu lui a fondare nel 1997 la New Holland Brewing Company (Michigan, USA) assieme al compagno di homebrewing Brett VanderKamp: ne avevamo parlato in questa occasione. Dopo otto anni i soci si separarono per divergenze di vedute e alla fine del 2005 Spaulding lasciò l’azienda ricevendo la liquidazione della propria quota. Ma negli anni successivi non rimase con le mani in mano a godersi i soldi: prima il matrimonio con Kris, conosciuta ai tempi della New Holland della quale era un cliente regolare (“mi disse che le nostre birre non erano buone come la Amber di Bell’s” – ricorda) e poi un viaggio formativo e ispiratore in Belgio, in quella Vallonia terra d’origine delle cosiddette Farmhouse Ales.
Al ritorno i due coniugi redigono il business plan per un nuovo birrificio: tre milioni di dollari d’investimento l’installazione di un impianto nei locali ristrutturati di un edificio nel quartiere East Hills di Grand Rapids, Michigan, dove un tempo vi era la cappella della più grande impresa di pompe funebri della città. Una location inusuale ma perfetta per lo scopo: “chi entra nel nostro pub si sentirà come in un monastero belga”. Il gallo (simbolo della Vallonia) viene scelto come logo del nuovo birrificio Vivant, un inno “al godersi le cose buone della vita (bon vivant), a partire da una buona birra”.
Ma non solo: “la cultura del cibo negli Stati Uniti è profondamente cambiata negli ultimi 10-15 anni. Quando abbiamo iniziato tutti i birrifici avevano lo stesso menu e la gente che arrivava da noi era sconvolta; si aspettavano pizza, hamburger e alette di pollo piccanti mentre noi avevamo lumache e petto d’anatra! Ora la gente vuole cibo fresco e locale, fa molta più attenzione a quello che mangia. Vogliamo restare un piccolo birrificio locale, non vogliamo che la nostra birra arrivi dappertutto ma piuttosto che la gente venga a trovarci da lontano e si porti a casa con sé le nostre birre. Vogliamo costruire un marchio che la gente possa associare alla città di Grand Rapids a al Midwest”.
Alla guida dell’impianto viene chiamato Jacob Derylo, birraio con esperienza decennale presso la New Holland e vecchia conoscenza di Jason; ad affiancarlo c’è anche Brian "the bomber" Kuszynski deputato alla gestione degli invecchiamenti in botte e dei tre grandi foeders da 45 ettolitri dedicati alle birre acide. La produzione ruota intorno ad un nucleo di birre disponibili tutto l’anno (Farm Hand Farmhouse Ale, Hop Field Farmhouse IPA e Big Red Coq Hoppy Farmhouse Red Ale) affiancate da numerose produzioni stagionali e occasionali per un totale di circa 6000 ettolitri l’anno (2017). Qualche mese fa Vivant ha annunciato l’acquisto di un edificio da 2000 metri quadrati a Kentwood, a una decina di chilometri di distanza, nel quale sarà installato quello che è attualmente utilizzato come impianto pilota a Grand Rapids. Questa seconda location sarà dedicata alla produzione di birre “alla moda” (NEIPA ?) che non rientrano nella tradizione belga e per le quali sarà probabilmente creato un nuovo “sotto-marchio” di Vivant.
Love Shadow è una delle tante produzioni stagionali di Vivant ed è commercializzata una sola volta all’anno: quest’anno è arrivata in febbraio, mentre la lattina che andiamo a stappare si riferisce all’edizione 2017, messa in vendita credo in agosto.
Si tratta di una Imperial Stout (11.7%) d’ispirazione belga invecchiata in botti di bourbon. Il suo colore è prossimo al nero, in superficie si forma una modesta quantità di schiuma abbastanza grossolana e rapida nel dissiparsi. L’aroma è profondamente marcato dal passaggio in botte: bourbon, legno e accenni di vaniglia accompagnano i profumi di melassa e fruita cake, cioccolato al latte, liquirizia, prugna e uvetta. Un aroma intenso, caldo ed avvolgente, ricco e pulito. La bevuta è inizialmente un po’ disturbata da una carbonazione sottile ma un po’ troppo presente: meglio attendere un po’ per poter apprezzare in pieno la consistenza leggermente oleosa e morbida di questa imperial stout. Al palato Love Shadow conferma solo in parte le splendide premesse dell’aroma: il gusto si muove sugli stessi passi ma lo fa con meno precisione e profondità. E’ tutta via un bel bere, non fraintendetemi. Avrei però gradito trovare un po’ più di “stout” nel bicchiere, anche a discapito dell’intensità del carattere barricato: tostature e caffè sono praticamente assenti. Melassa, uvetta e prugna sotto spirito, tanto bourbon: il dolce è comunque ben attenuato da un finale asciutto di legno e tannini, terroso. L’alcool non fa sconti ed è un mezzo litro che va sorseggiato con calma e possibilmente condiviso: se non potete farlo, prendetevi tutta la serata e lasciatevi riscaldare da una birra che non teme i rigidi inverni del Michigan.
Formato 47,3 cl., alc. 11.7%, lotto 2017, prezzo 5,39 dollari (beershop)
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