Del birrificio americano Boulevard vi avevo già parlato in più di un’occasione. Homebrewer molto precoce, John McDonald aveva iniziato i primi esperimenti a dodici anni per poi vendere illegalmente la birra ai coetanei al drive-in. La gioventù la passò invece in modo più “tranquillo” studiando arte al college del Kansas e iniziando poi a lavorare come carpentiere; lui e la moglie Anne vinsero un viaggio in Europa che John utilizzò per espandere la propria conoscenza brassicola; l’epifania, secondo le sue stesse parole, avvenne in un bar a Parigi bevendo una Belgian Ale. Ritornò negli Stati Uniti determinato ad aprire un birrificio ma almeno una ventina di banche gli chiusero la porta in faccia, considerandolo un pazzo che voleva mettersi in competizione con Anheuser-Busch, da sempre dominatrice nel Missouri. A quel tempo la Craft Beer era ancora un oggetto sconosciuto per la maggior parte degli americani. Centomila dollari gli furono prestati dal padre ed altrettanti arrivarono dalla vendita di una casa che John aveva acquistato dieci anni prima per 7.000 dollari e poi completamente ristrutturata.
Nel novembre del 1989 debuttò Boulevard Brewing Company con un impianto usato proveniente dalla Baviera; McDonald consegnò personalmente con il proprio pick-up un fusto di Unfiltered Wheat Beer alla Twin City Tavern di Kansas City. I primi tre clienti ai quali viene offerta non furono entusiasti di quel liquido torbido dalla generosa schiuma bianca: “uno di loro si rifiutò di assaggiarla– racconta McDonald – e gli altri due, dopo averne bevuto un sorso, allontanarono il bicchiere e uno di loro mi disse che era la peggior birra che avesse mai bevuto”. La storia è poi continuata in maniera diversa e dai 6.000 barili che rappresentavano il primo Business Plan di Boulevard si è arrivati a 125 dipendenti, una capacità annua di 600.000 barili, e circa 190.000 prodotti (2014). Boulevard è oggi il secondo maggior produttore del Missouri, dopo AB-InBev, e il più grande birrificio “craft” di tutto il mid-west americano. I risultati vengono ottenuti attraverso le espansioni del 1999, 2003 e soprattutto quella da venti milioni di dollari progettata nel 2005-2006; ma il cambiamento più rilevante nella storia di Boulevard è indubbiamente quello annunciato il 17 ottobre 2013, quando McDonald cedette la proprietà ai belgi della Duvel-Moortgat per una cifra che non è mai stata resa pubblica ma che si stima essere superiore ai cento milioni di dollari.
ll timone passò quindi nelle mani di Simon Thorpe , CEO della Duvel Moortgat, mentre McDonald mantiene ancora un ruolo direttivo e soprattutto di “ambasciatore” del marchio in tutto il mondo. Dal 1999 Head Brewer di Boulevard è il belga Steven Pauwels; dopo alcuni lavoretti estivi nel birrificio della propria città, Steven ha lavorato al Domus Brewpub di Lovanio ed alla Riva di Dentergem (oggi di proprietà Duvel) prima di rispondere ad un annuncio di lavoro e volare negli Stati Uniti. Gli investimenti della Duvel Moortgat hanno finanziato il nuovo piano d’espansione del 2017 da dieci milioni di dollari che arriva però proprio nel momento in cui gli storici birrifici craft americani di grosse dimensioni stanno tutti più o meno soffrendo. L’anno si è infatti chiuso con una produzione totale di circa 211.000 ettolitri: nel 2016 Boulevard aveva raggiunto quota 260.000. Per invertire la tendenza Jeff Krum, presidente del ramo americano della Duvel, annuncia nuove strategie: partnership commerciali con Whit Merrifield, seconda base della squadra di baseball Kansas City Royals (Major League) e con la 20th Century Fox che inserirà la Camper Cosmic IPA nel prossimo film della saga X-Men. Quest’anno è finalmente stata attivata anche la linea per la produzione delle lattine, le cui vendite hanno raggiunto il 20% del fatturato. Sino ad ora Boulevard si appoggiava ai compagni di casa Duvel di Firestone Walker.
A soffrire è soprattutto la flagship beer della casa, quella Unfiltered Wheat che nel 2010 tempo occupava il 65% della produzione: oggi è scesa al 34%. Per recuperare Boulevard intende concentrarsi sulle birre che consentono una maggior redditività, anche se con volumi minori. Parliamo quindi di birre invecchiate in botte e birre acide, ma non solo. “Dobbiamo essere visibile ai giovani consumatori. Dobbiamo essere cool, dobbiamo essere nuovi. Dobbiamo produrre quelle birre che loro cercano. Essere innovativi non è semplice; ci sono già in giro così tanti piccoli birrifici che creano cose nuove. Qualche anno fa – ricorda Krum – eravamo il maggior produttore americano di birra in formato 75 centilitri; ora non siamo più così orgogliosi di quel record”. Anche se Boulevard non ha completamente abbandonato quel formato, la maggior parte delle loro birre viene ora offerta nei più pratici 6 pack da 35.5 cl., inclusa la Smokestack Series, composta da birre stagionali, sperimentali e occasionali.
La birra.
La stout Dark Truth è proprio una di quelle birre che ha debuttato come produzione occasionale nella Smokestack Series: era luglio del 2010 e da allora veniva prodotta almeno una volta all’anno. Il suo futuro è però in pericolo: nel 2016 il birraio Pauwels ammetteva che “Dark Truth è una imperial stout basica, che potremmo definire ‘entry level’: ha quel carattere fruttato del lievito belga, è più rotonda e meno amara. La gente non la compra: le birre entry level sembrano non avere successo. Abbiamo così tante idee nuove e alla fine siamo costretti a mandare in pensione qualcuna delle vecchie”. Nel 2017 è stato forse prodotto l’ultimo lotto di Dark Truth, rinominata “imperial stout”: precedentemente in etichetta vi era soltanto “stout”. Non so se sia ancora prodotta: della Smokestack Series fanno attualmente parte altre imperial stout invecchiate in botte.
Zucchero candito, malti Pale, Amber 50, Cara 120, Cara 300, Chocolate, Roasted, Chocolate Rye, Malted Rye, Malted Wheat, Honey Naked Oats, avena in fiocchi, luppoli Magnum, Citra, Zeus e Perle: questi dovrebbero essere gli ingredienti. Quasi nera, schiuma cremosa e abbastanza compatta, buona persistenza: un bel biglietto da visita al quale fa seguito un naso ricco e quasi goloso. Fruit cake, melassa, prugna disidratata, tostature, frutta sotto spirito, accenni vinosi e di caffè. L’ispirazione belga è evidente soprattutto al palato: bollicine un po’ troppo vivaci, nessuna coccola cremosa per il palato. E’ forse questo l’unico appunto che mi sento di farle, ma anche se scorre bene non è affatto una imperial stout sfuggente. Il gusto segue l’aroma per quel che riguarda ricchezza e pulizia: fruit cake, caramello, melassa, frutta sotto spirito. L’amaro del torrefatto e dei luppoli arriva un po’ in ritardo ma riesce comunque a bilanciare una birra che, nel suo DNA belga, non nasconde qualche influenza americana. Peccato che Boulevard abbia intenzione di mandarla in pensione: questa Dark Truth è una signora imperial stout molto precisa, ricca, bilanciata: birra “entry level”? Per me è solo un’altra delle vittime illustri della moda. Si sorseggia senza difficoltà e con grande piacere: alcool (9.7%) presente ma non invadente per un lungo abbraccio finale di frutta sotto spirito. Due anni in bottiglia e ancora in splendida forma.
Formato 35.5 cl., alc. 9.7%, IBU 60, imbott. 09/11/2017, scad. 09/11/2019, Prezzo indicativo 7.00 euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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