Central Waters Brewing Company non è un nome nuovo ai lettori del blog: lo trovate qui. Il birrificio nasce nel 1997 a Junction City, duecento chilometri a nord ovest di Milwaukee, Wisconsin: lo fondano gli amici Mike McElwain e Jerome Ebel adattando un vecchio impianto di un caseificio in uno stabile che nel 1920 ospitava un concessionario della mitica Ford Model A. I soldi a disposizione erano pochi e il fai-da-te era la parola d’ordine: l’impianto fu assemblato dai soci fondatori, inclusi collegamenti idraulici ed elettrici, e le birre venivano auto-distribuite nel Wisconsin. Paul Graham era a quel tempo ancora un homebrewer e venne inizialmente chiamato a dare una mano part-time in birrificio, ma dopo sei mesi era già lui a gestire tutta la fase produttiva. Per crescere c’era però bisogno di finanziamenti: ottenuto credito dalle banche, nel 2003 Paul Graham e il socio Anello Mollica rilevano il birrificio dai due fondatori.
Nel 2007 avviene il trasloco nella location attuale di Amherst dove viene messo in funzione un nuovo impianto dalla capacità di 17 ettolitri barili che nel 2016 è stato sostituito con uno da 60; attualmente la produzione è di circa 18.000 ettolitri l’anno. Il mutuo viene ripagato grazie alle vendite delle birre “quotidiane” (la più venduta è la Mudpuppy Porter), ma la novità principale introdotta da Graham è l’inizio degli invecchiamenti in botte; oggi le birre barricate racchiuse nella gamma “Brewer’s Reserve” hanno raggiunto il 35% della produzione e aumentato i margini di profitto. “Era il 2001, io e Paul stavamo bevendo alcune birre alla taproom di un altro birrificio - ricorda Anello – dove aggiungevano un goccio di Jack Daniels nelle loro stout: pensammo subito di poter fare anche noi qualcosa del genere ma senza mettere direttamente il bourbon nella birra". Central Waters è attualmente uno dei birrifici americani (dopo Goose Island, New Holland, Firestone Walker e Founders) che possiede il maggior numero di botti usate; nel 2010 il magazzino ne ospitava circa 1000, numero salito ad oltre 5000 dopo l’espansione del 2014: “dietro ad ogni nostra nuova birra invecchiata in botte c’è un lavoro di almeno due anni; in alcuni casi ci vogliono anche cinque anni prima che la birra sia pronta per avere un’etichetta ed essere distribuita sugli scaffali”.
Le botti hanno anche contribuito a creare un po’ di “hype” attorno al nome Central Waters, cosa che negli Stati Uniti non deve mai mancare. Ogni anno, alla fine di gennaio, centinaia di persone sfidano il freddo del Wisconsin per accaparrarsi qualche bottiglia della birra con la quale il birrificio festeggia il proprio compleanno, solitamente una imperial stout invecchiata in botti ex bourbon. Nel 2016 è andata esaurita in poche ore la Ardea Insignis, una imperial stout invecchiata per tre anni in botti che avevano ospitato per 25 anni bourbon: la potete ancora trovare sul mercato secondario alla modica cifra di 300 dollari. I duemila biglietti per accedere alla festa del ventunesimo compleanno di Central Waters che si è tenuta alla fine dello scorso gennaio sono stati venduti online nel giro di qualche minuto. Per 15 dollari vi veniva garantito l’accesso al birrificio, la possibilità di acquistare sino a sei bottiglie della birra-anniversario e vi venivano offerte due birre alla taproom.
La birra.Le botti hanno anche contribuito a creare un po’ di “hype” attorno al nome Central Waters, cosa che negli Stati Uniti non deve mai mancare. Ogni anno, alla fine di gennaio, centinaia di persone sfidano il freddo del Wisconsin per accaparrarsi qualche bottiglia della birra con la quale il birrificio festeggia il proprio compleanno, solitamente una imperial stout invecchiata in botti ex bourbon. Nel 2016 è andata esaurita in poche ore la Ardea Insignis, una imperial stout invecchiata per tre anni in botti che avevano ospitato per 25 anni bourbon: la potete ancora trovare sul mercato secondario alla modica cifra di 300 dollari. I duemila biglietti per accedere alla festa del ventunesimo compleanno di Central Waters che si è tenuta alla fine dello scorso gennaio sono stati venduti online nel giro di qualche minuto. Per 15 dollari vi veniva garantito l’accesso al birrificio, la possibilità di acquistare sino a sei bottiglie della birra-anniversario e vi venivano offerte due birre alla taproom.
Rye Barrel Chocolate Porter, è tutto incluso nel nome: imperial porter prodotta con fave di cacao (e avena) e invecchiata in botti che avevano in precedenza contenuto whiskey di segale. Il contenuto alcolico varia a seconda dei lotti di produzione: non è indicato in etichetta ma questa edizione 2019, arrivata a gennaio, dovrebbe toccare quota 12.69%.
Il suo colore è ebano scuro, la schiuma abbastanza generosa e compatta ma non molto persistente. Legno, bourbon, frutta sotto spirito: l’aroma è dominato da questi tre elementi che rilegano molto in sottofondo il cacao e il torrefatto della porter. C’è anche qualche delicato accenno alla vaniglia. Appartenete a coloro che pensano ci sia differenza tra Porter e Stout? Poco importa: l’esperienza americana mi ha insegnato che generalmente per i birrai americani una Imperial Porter ha un corpo più leggero (ed un carattere molto meno torrefatto) rispetto ad una Stout. L’interpretazione di Central Waters non fa eccezione. Le poche bollicine e l’avena rendono questa Rye Barrel Chocolate Porter morbida al palato ma in una birra scura che supera il 12% gradirei trovare un po’ di corpo in più. Il passaggio in botte caratterizza anche il gusto, rilegando nuovamente in secondo piano la porter: è comunque un “barrel-aged” pulito e piuttosto elegante che, pur non raggiungendo particolari vette espressive, regala una bella bevuta. Bourbon e frutta sotto spirito, legno, torrefatto e qualche accenno di cioccolato nel finale: l’alcool scalda ogni momento, ma non brucia. C’è tutto quello di cui avete bisogno per passare una bella serata, sorseggiandola con calma e con un buon rapporto qualità prezzo.
Formato 35,5 cl., alc. 12,65%, lotto 2019, prezzo indicativo 7.00-8.00 euro (beershop) NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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