Birrificio, cucina, fattoria e sala per eventi: così si presenta al pubblico Jester King Craft Brewery, inaugurato nell’autunno del 2010 sulle colline di Austin, Texas, dai fratelli Jeffrey e Michael Stuffings. Li avevamo incontrati per la prima volta qui e oggi Jester King è tra i nomi più apprezzati dagli appassionati di birra artigianale in tutto il mondo. Fermentazioni spontanee e miste, utilizzo di acqua piovana e proveniente dal pozzo sottostante il birrificio, vasche di fermentazione aperte, utilizzo di prodotti raccolti direttamente nei ventitré ettari di terreno che circondano il birrificio: la filosofia produttiva di Jester è stata chiara sin dall’inizio, a partire dalla prima birra prodotta che fu chiamata Commercial Suicide: facciamo quello che piace bere a noi. Il “suicidio commerciale” (una Farmhouse Milad Ale,. 2.9% ABV fermentata in foeders di legno) era debuttare con una birra lontana anni luce dagli stili che andavano (e vanno tutt’ora) di moda nella craft beer americana. Del resto le loro muse ispiratrici sono sempre state il Belgio delle fermentazioni spontanee e Jolly Pumpkin, birrificio del Michigan.
Il tempo ha dato ragione ai fratelli Stuffings che oggi si godono il loro successo e vedono le loro birre arrivare quasi in ogni angolo del mondo: la gente forma lunghe file al birrificio per accaparrarsi alcune delle bottiglie più ricercate, soprattutto le varianti di Atrial Rubicite, birra acida ai lamponi che matura in legno. Al Belgio Jester King rende tributo con la linea chiamata SPON, 100% fermentazioni spontanee che vengono poi solitamene assemblate in blend di tre anni: esattamente come accade con lambic e gueuze. I prezzi sono invece molto poco popolari: 25 dollari circa per una bottiglia da 37,5 centilitri al birrificio.
Partecipazioni a festival e collaborazioni sono ormai una consuetudine; per assaggiare un po’ di Jester King non è necessario recarsi in Texas anche se ovviamente la visita al birrificio e alla fattoria, con diversi tour guidati gratuiti che avvengono sabato e domenica pomeriggio, è assolutamente consigliata.
La birra.
Mad Meg, ovvero Margherita la Pazza: questa Farmhouse Provision Ale di Jester King deve il proprio nome al dipinto Dulle Griet realizzato nel 1561 da Pieter Bruegel il Vecchio e conservato nel museo Museo Mayer van den Bergh di Anversa. Nel 2017 è stato sottoposto ad un restauro durato quasi due anni. Dulle Griet è una strega del folklore fiammingo “probabile personificazione dell’avarizia o alterazione popolaresca della figura di santa Margherita d’Antiochia, la santa che sconfisse il demonio semplicemente pregando. Bruegel la rappresenta al centro del dipinto, mentre si dirige armata di spada e con addosso un'armatura, verso la bocca antropomorfa dell'Inferno. Reca con sé un forziere sotto il braccio, due panieri e una sacca pieni di varie cianfrusaglie. Attorno a lei, un paesaggio da incubo, che ricorda il pannello di destra del Giardino delle delizie di Bosch, quello raffigurante l'inferno. Rovine, combattimenti, strane navi, creature ibride mostruose popolano l'intera opera. In mezzo al caos, avanza con impeto Greta, rappresentata come una donna magra e allampanata, ma dalle dimensioni sproporzionate e dallo sguardo allucinato. Si dirige verso l'inferno? Va a combattere contro il demonio? Molte sono le interpretazioni, ma spesso non siamo più in grado di comprendere il linguaggio, denso di riferimenti simbolici, allegorici e alchemici, parlato da questi dipinti. Difficile dare un'interpretazione adeguata di quest'opera. Sappiamo solo che in alcune farse popolari dell'epoca, la pazza Margherita personificava soprattutto la donna collerica che dà sfogo alla sua rabbia, una di quelle che, come dice un vecchio proverbio, “possono saccheggiare la soglia dell’inferno e tornare incolumi”. Dulle Griet, una donna che dà sfogo alla sua rabbia: a qualcuno ricorda qualcosa?
La ricetta della birra, che ha subito molte modifiche negli anni, è invece molto più semplice del dipinto alla quale si ispira: quella attuale dovrebbe prevedere malto Pilsner francese, frumento, un tocco di Caramunich e Acidulato, luppolo Saaz della Repubblica Ceca e il “farmhouse yeast” della casa. Prodotta per la prima volta nel 2010 solo in fusto, Mad Meg è stata imbottiglia a partire dal 2012 ed è oggi prodotta con buona regolarità.
Dalla cantina recupero una bottiglia lotto numero 16, nata a gennaio 2017. L’apertura presenta qualche problema: gushing lento ma inesorabile, bicchiere ricolmo di schiuma compatta e pannosa che non accenna a dissiparsi. Bisogna armarsi di pazienza e attendere qualche minuti per riuscire a comporre un bicchiere di birra. Il suo colore oscilla tra l’arancio ed il dorato, leggermente velato. L’aroma è caratterizzato da un carattere rustico/funky delicato, quasi educato: fiori, paglia, qualche accenno di sudore ma soprattutto scorza di limone, polpa d’arancia, frutta a pasta gialla. Il percorso continua al palato in modo perfettamente coerente: s’aggiungono i malti (miele, biscotto e cereale) e un bel taglio acidulo/lattico stempera il dolce dell’albicocca e della pesca. Degno di nota è anche l’amaro che chiude il percorso: terroso, zesty, erbaceo, pepato, a tratti pungente. L’alcool dichiarato è avvertibile solo quasi a fine corsa ed è sorprendente avere nel bicchiere una birra da quasi 9 gradi così rinfrescante e dissetante, vivacemente carbonata.
Jester King dichiara apertamente d’essersi ispirato alle produzioni della Brasserie Thiriez e alla Avec Les Bons Vœux della Brasserie Dupont. Difficile fare il confronto con la Dupont, molto diversa, ma in ogni caso l’esercizio di Jester King è molto ben riuscito: ottima bevibilità per una birra dall’alto contenuto alcolico che rischia di mandare al tappeto chi si trova col bicchiere in mano.
Formato 75 cl., alc. 8.9% IBU 25 (?), lotto 16, imbott. 23/01/2017, prezzo indicativo 16.00-25.00 euro (beershop) NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Nessun commento:
Posta un commento