Alla Brasserie de la Senne (qui la storia) piace collaborare: quasi un terzo delle loro birre sono state infatti prodotte a quattro o più mani. Sul blog sono transitate Taras Luna (con il Birrificio Montegioco), Sineke (con la Brasserie de la Pleine Lune) e Birthday Session (Brasserie Thiriez), Racines (Birrificio Bruton) e Double Saison (Mont Salève), ma la lista è molto più lunga: tra i birrifici americani coinvolti ci sono stati Allgash (2011), Liquid Riot (2013), Saint Somewhere (2016), Two Roads (2017), Cambridge, Crooked Stave e Jester King (2018).
Sono 6.657 i chilometri che separano Brussels da Chicago, percorribili con un viaggio aereo di circa nove ore. Lo scorso maggio i birrai americani del birrificio Half Acre (qui la storia) si sono recati in Belgio per realizzare quella che è stata poi chiamata Dulle Wind. C’è un filo comune che lega i due birrifici; entrambi hanno iniziato il loro percorso come beerfirm: Half Ace nel 2006, De la Senne nel 2005. Dulle Wind è una Belgo-American IPA il cui nome si riferisce al soprannome di Chicago, “the windy city”, la città del vento. Un vento pazzo, furioso (“dulle”, in fiammingo) che in etichetta s’abbatte con violenza sulla metropoli statunitense: tra gli edifici portati via si riconoscono il faro di Chicago e il grattacielo dell’John Hancock Center.
Lo stile in cui i due birrifici hanno scelto di cimentarsi è abbastanza dibattuto: le Belgian-IPA non hanno mai veramente sfondato nel cuore degli appassionati. Difficile far coesistere il carattere del lievito belga con un’abbondante luppolatura all’americana: per quello che ho bevuto i risultati sono stati sempre abbastanza altalenanti. Preferirei invece parlare di Belgian Ale generosamente luppolate: la Taras Boulba e la Zinnebir di De La Senne sono state due muse che hanno ispirato molti altri birrifici. La differenza sostanziale? Risiede come spesso accade nella ricerca di equilibrio e di facilità di bevuta.
La Dulle Wind si presenta tra il dorato e l’arancio, leggermente velata e con un generoso cappello di schiuma candida e pannosa, dall’ottima persistenza. I luppoli utilizzati non sono stati rivelati ma l’aroma forma un bouquet ancora fresco ed intenso: profumi floreali, ananas, frutta a pasta gialla, una delicata speziatura. Luppoli ed esteri fanno davvero un bell’incontro che continua anche al palato in maniera soddisfacente. Pane e crackers, frutta (tropicale, pesca, arancia), una lieve nota pepata ed un finale terroso/zesty disegnano una birra secca, intensa e pulita nella quale l’alcool (6.2%) è molto ben nascosto. Tutto bene, quindi? Quasi: le manca un po’ quella leggerezza e quella snellezza tipica delle birre di De La Senne: le bollicine sono vivace ma a livello tattile si nota un po’ di pesantezza e la birra scorre meno velocemente di quanto potrebbe.
Il matrimonio Brussels-Chicago si è tuttavia celebrato con esito positivo: come tutte le collaborazioni non è una birra che entrerà nella storia ma che soddisfa quel mercato che richiede sempre qualcosa di nuovo da provare, e lo fa con onore. Cosa berrei io se mi metteste davanti un bicchiere di Dulle Teve e di Taras Boulba? Risposta scontata. Formato 33 cl., alc. 6.2%, imbott. 06/06/2019, scad. 06/03/2020, prezzo indicativo 4.50-5.00 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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