Continuano a sfornare nuove birre i due danesi di To Øl, sulla scia del loro maestro (e non solo in senso figurato) Mikkeller, come già visto in questa occasione. In Italia godono di un'ottima distribuzione, e il belga De Proef assicura loro la giusta costanza qualitativa che ha portato la stragrande maggioranza delle loro birre ad ottenere punteggi superiori a 90/100 su Ratebeer, per quello che conta e per quella che può essere l'influenza del marketing sul beer-rating: non fa eccezione la birra di oggi, dal lungo nome "Black Malts & Body Salts Black Coffee IIPA" che si becca un 100/100.
Tobias Emil Jensen e Tore Gynth, alias To Øl, dichiarano di aver studiato diversi esempi di Black IPA in commercio, e di essere giunti alla conclusione che si possano suddividere in due categorie: la prima prende ispirazione della "normali" India Pale Ale, con la differenza che i malti "caramellati" vengono sostituiti da quelli tostati come Carafa e Chocolate, che portano in dote acidità e dolcezza che ben si sposa con le note di "pino" e resinose dei luppoli. I malti sono relegati in secondo piano, fornendo comunque delle leggere ma interessanti sfumature all'amaro fornito dai luppoli. La seconda categoria racchiude birre che s'ispirano ad una "normale " Stout, nella quale però i malti caramellati vengono sostituiti dai luppoli, che sono in grado di fornire una certa "dolcezza" a bilanciare in modo diverso l'amaro dei malti tostati. Se la prima categoria era, per To Øl, rappresentata dalla Black Maria, la seconda chiama invece in causa la Black Malts & Body Salts Black Coffee IIPA, dove ai malti tostati viene affiancata un'abbondante luppolatura di Simcoe e Tettnanger. Per completare la ricetta, fiocchi d'avena e caffè francese.
La (opinione personale) bruttezza dell'etichetta si perdona facilmente non appena versata la birra nel bicchiere: l'aspetto, sontuoso, è quello di una densa Imperial Stout. Schiuma generosa, cremosissima, compatta e fine, molto persistente, quasi una soffice mousse da mangiare con il cucchiaino. Il naso offre uno strano mix di caffè in grani con sentori di mandarino, liquirizia e mango, melone; la sua pulizia è indiscutibile, la sua gradevolezza è invece ovviamente soggetta al gusto personale. La sensazione palatale rispecchia l'aspetto: birra molto morbida, vellutata, dal corpo medio, con un carbonazione abbastanza modesta. S'inizia con un imbocco sorprendentemente dolce di frutta tropicale (mango e melone) con la componente "scura" che si fa desiderare per qualche istante: si parte da qualche nota tostata, quindi terrosa, per un progressivo intensificarsi nel quale la birra si tinge definitivamente di nero con caffè, liquirizia e cioccolato amaro, con qualche reminiscenza luppolata resinosa. Ma è soprattutto sorprendente il modo in cui i quasi 10 gradi alcolici sono nascosti e con la (relativa) velocità con cui questa Black Malts sparisce dal bicchiere, al punto da dubitare quasi di quanto viene dichiarato in etichetta dal produttore. C'è un sostanziale bell'equilibrio tra le due componenti, in uno stile da sempre abbastanza controverso che sembra essere stato creato proprio per generare discussioni tra detrattori ed affezionati. Resta tutto sommato una buona bevuta, birra solida e ben fatta; se l'aroma non è esplosivo ma molto pulito, il gusto quasi contraccambia con maggiore intensità ma un po' meno pulizia. Sicuramente da provare, se vi capita a tiro.
Formato: 33 cl., alc. 9.9%, scad. 29/05/2018, pagata 5.00 Euro (beershop, Italia).
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