Avevo già avuto a che fare con il “Doctor Canarus” alias Piet Meirhaeghe un po’ di anni fa; appassionato birrofilo, Piet inizia con con l’homebrewing principalmente per il consumo personale. Nel 1993 si trasferisce da Astene a Gottem dove conosce uno dei direttori del birrificio Riva di Dentergem e due settimane dopo l’incontro viene assunto a lavorare. Per un po’ di anni Piet produce la sua birra in casa al mattino presto prima di recarsi sul lavoro, arrivando ad assemblare con mezzi di fortuna un impianto che gli consente di produrre 70 litri da “vendere” ad amici e conoscenti; dalla Riva ottiene il permesso di portare a casa alcune vecchie caldaie non più utilizzate e pian piano realizza cotte “casalinghe” da 200 litri. Nel 1999 acquista un casolare vicino alla chiesa di Gottem, lo ristruttura e in una parte del fabbricato installa il proprio birrificio aumentando la capacità a 800 litri grazie all’acquisto di altre attrezzature usate; nel 2002 decide di abbandonare la Riva (dove non erano molto entusiasti della sua attività parallela) per aprire ufficialmente il proprio microbirrificio. Dalla Germania arrivano due fermentatori usati da 1250 e 3000 litri ma la capacità produttiva rimane insufficiente a soddisfare tutte le richieste Piet va a produrre alcune birre alla Deca di Vleteren e da De Proef. Nel 2011 acquista un’imbottigliatrice usata e nel 2012 un’etichettatrice proveniente dalla Germania.
Rimane da raccontare del nome “sint canarus” (“sempre ubriaco”), una parodia del motto "da semper paratus" ("sempre pronti") dei Vigili del Fuoco del vicino paese di Deinze, e di una birra che il Doctor Canarus produce per la prima volta nel 2011, “De Maeght van Gottem”.
La “Vergine di Gottem” diventa famosa per contenere all’interno di ogni bottiglia un cono di luppolo; un artifizio non del tutto nuovo, un “dry-hopping” in bottiglia che sicuramente molti homebrewer avranno provato nei loro esperimenti casalinghi. Per la realizzazione dell’etichetta viene organizzato un concorso che vede vincitore Bart Simoens con la sua interpretazione di “vergine” vestita di un verde cono diluppolo.
Fate attenzione quando stappate una bottiglia di De Maeght van Gottem: il cono di luppolo EK Goldings depositato sul fondo della bottiglia verrà immediatamente espulso dal collo con un leggero gushing che si riesce comunque a controllare senza troppa difficoltà. Il suo colore si colloca tra l'arancio ed il dorato, opaco, sormontato da una generosa schiuma biancastra, pannosa e un po' scomposta, dalla buona persistenza. Nonostante il luppolo sia protagonista fuori e dentro la bottiglia, la mano esecutrice è quella belga e quindi non aspettatevi un'ondata amara. L'aroma è piuttosto bilanciato tra pane, biscotto, frutta secca, una delicata speziatura e sentori di arancio e mandarino; purtroppo quando la schiuma svanisce e la birra si scalda emerge anche un po' di gomma bruciata. Il gusto è meno pulito dell'aroma, ma inizia abbastanza bene con miele e biscotto seguiti dal dolce dell'albicocca matura, della pesca e della polpa d'arancia; fin qui quasi tutto bene, ma il finale amaro è infestato dalla stessa presenza di gomma dell'aroma, sempre più evidente man mano che la birra si scalda. Le bollicine sono vivaci e rendono agile una birra dal corpo medio-leggero che scorre con facilità: la bevuta però è praticabile solo per metà, rovinata da un finale sgradevole che purtroppo cancella quanto di buono l'ha preceduto.
Formato: 33 cl., alc. 6.5%, lotto A, scad. 05/2017, pagata 3.75 Euro (beershop, Belgio)
Formato: 33 cl., alc. 6.5%, lotto A, scad. 05/2017, pagata 3.75 Euro (beershop, Belgio)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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