Negli ultimi mesi sul blog è transitato qualche birrificio polacco, i protagonisti di “un’avanguardia” che si sta diffondendo piuttosto rapidamente in una nazione dall’elevato consumo procapite; nella maggior parte dei casi da queste nuove beerfirm non hanno fatto altro che portare in Polonia un pezzo dell’inizio della Craft Beer Revolution Americana, producendo soprattutto IPA o altre birre abbondantemente luppolate. Eppure nella ricca tradizione brassicola polacca non mancano alcuni stili “autoctoni” che risultano (almeno ad un birrofilo “estero”) molto più interessanti di una delle tante IPA; pensiamo ad esempio alle Baltic Porter che i paesi baltici, Polonia inclusa, iniziarono a produrre ispirati da quelle che nel diciottesimo secolo venivano esportate dall’Inghilterra verso la Russia. La tradizione è stata riproposta anche dai nuovi birrifici polacchi, con interpretazioni che – per quel poco che ho assaggiato – hanno però completamente stravolto lo stile: si veda ad esempio la Imperator Bałtycki di Browar Pinta bevuta qualche settimana fa.
Un altro pezzo di storia brassicola polacca è rappresentato dalle Grodziskie o Grätzer: il nome punta dritto alla citta di Grodzisk (o Grätz, come fu rinominata dai tedeschi nel diciannovesimo secolo): in questo periodo nel distretto di Poznań, che includeva Grätz, esistevano 158 fabbriche di birra delle quali 101 producevano Grätzer con in mano il 37% di fetta di mercato. In città ve n’erano cinque i cui nomi, se non erro, erano Bahnischa, Grunberg, Bibrowicz, Habocka e Bohnstedta. Si tratta di una birra realizzata con il 100% di malto di frumento affumicato con legno di quercia e generosamente luppolata sia con luppoli locali (Nowotomyski , Lublin) che con quelli provenienti dalle nazioni vicine come Tettnanger, Hallertauer o Saaz: una birra facile da bere, solitamente filtrata, le cui prime versioni avevano un contenuto alcolico del 5% circa: il progressivo aumento delle imposte sulla birra e sul frumento spinse i birrifici ad abbassarlo al 3-3.5%. Più controversa è invece la discussione sul carattere “acido” di questo stile: lo storico Ron Pattinson sostiene con convinzione che non vi sia nessuna evidenza storica a provare che le Grodziskie fossero birre acide; per qualcun altro non è così, e vi rimando a questa discussione sul blog di Pattinson se avete voglia di approfondire.
Le Grodziskie iniziarono il loro declino nel ventesimo secolo: dopo la seconda guerra mondiale l’intera industria brassicola polacca fu nazionalizzata dal governo comunista che riservò poca attenzione per i prodotti “locali”, preferendo quelli di largo consumo nazionale, le lager, che arrivavano anche dalla vicina Germania Orientale. L’ultimo birrificio ancora in attività a Grätz fu acquistato dalla Poznan Brewery che ne sospese nel 1993 l’attività in quanto non più redditizia; in quell'anno si concluse di fatto la produzione commerciale di Grodziskie. Rimasero solamente gli homebrewers che decisero nel 2011 di formare una “Associazione per la rinascita della Grodziskie”, con lo scopo di riportare in vita un pezzo di storia brassicola della loro nazione.
Nel 2013 l’homebrewer americano Cesar Marron partecipa all’annuale LongShot American Homebrew Contest organizzato da Samuel Adams con una birra chiamata semplicemente Grätzer, ispirata da alcune ricette storiche pubblicate in internet e vincendo tra oltre 1000 partecipanti. Il premio prevede la messa in produzione l’anno successivo della Grätzer che viene venduta nel “LongShot Six-pack” suscitando l’interesse di molti bevitori e produttori americani, che si cimentano anch’essi nell’interpretare lo stile. In Italia il primo (e unico?) esempio di Grodziskie viene dal Birrificio Amiata, con il nome Polska: il birraio Claudio Cerullo ha anche scritto un interessante articolo a riguardo che non posso non citare.
Del birrificio polacco Olimp vi avevo già parlato in occasione della Polka Pils prodotta da Brouwar Wasosz; Olimp ne è infatti una costola, essendo stata creata da Michal Olszewski e Martin Ostajewski, rispettivamente proprietario e birraio di Wasosz. I nomi delle birre sono tutti ispirati alla mitologia greca e il mio primo incontro con una Grodziskie è dunque con Sophia, nome che fa ovvio riferimento alla dea greca della sapienza, raffigurata con un libro in mano dell'etichetta realizzata da Adam Szary. La birra è in realtà nata da una collaborazione con l'homebrewer dal nome per me improponibile di Łukaszem "Absztyfikantem” Szynkiewiczem che con questa Grodziskie ha vinto il secondo premio assoluto ed il primo premio nella categoria di stile del concorso Birofilia 2014.
Da quanto capisco la birra è stata realizzata con frumento maltato affumicato, luppolo polacco Iunga e lievito US-05 (!): non avendo bevuto altre Grodziskie non posso fare confronti e dirvi quanto la versione di Olimp sia aderente allo stile.
Ad ogni modo, si presenta nel bicchiere di color giallo paglierino, quasi limpido, con una velatura che appare solo dopo aver versato tutta la birra nel bicchiere. L'aroma è piuttosto scarso: l'affumicato è davvero leggero, si avvertono i lievi profumi del miele e quelli del frumento. I miglioramenti sono per fortuna evidenti al palato: si tratta ovviamente di una birra leggerissima (2.7%), mediamente carbonata, che scorre come un bicchiere d'acqua senza tuttavia risultare annacquata. C'è piuttosto una buona intensità che si compone si pane, cereali, limone e lime, per un'asprezza piuttosto marcata che viene sostenuta da delle lievi note dolci di miele d'arancio. L'affumicato rimane inizialmente piuttosto nascosto, emergendo alla distanza solamente nel finale e quando la birra si scalda; la bevuta risulta secchissima e assolutamente rinfrescante, con un finale amaro decisamente "zesty" di breve durata che lascia subito spazio ad un leggero strascico affumicato. Una birra piuttosto semplice ma non per questo da snobbare, tutt'altro: si rivela un ottimo elisir dissetante nei mesi più caldi dell'anno, anche grazie alla leggera acidità donata dal frumento. L'affumicato potrebbe sembrare un po' fuori posto in una birra così leggera e fresca, ma la sua presenza rimane nelle retrovie lasciando il palcoscenico alla fragranza del frumento e alle note aspre e agrumate della generosa luppolatura. E, con una gradazione alcolica così contenuta, la potete tranquillamente sostituire all'acqua senza rischiare di riscaldarvi e sudare.
Formato: 50 cl., alc. 2.7%, IBU 21, scad. 24/11/2015, pagata 4.00 Euro (beershop, Italia)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
io di Grodziskie assaggiai lo scorso anno ad EurHop la versione fatta da Artezan Browar e la versione scura (Smoked Cracow by Night) che devo dire di aver preferito..ho avvertito maggiormente il carattere affumicato. La cosa che mi lascia alquanto perplesso, come giustamente hai sottolineato tu, è che sfornano ottomila ipa/dipa a danno di questi stili storici e sicuramente più interessanti. Di conseguenza anche le poche bottiglie che arrivano in Italia (Olimp non so chi lo importa però) sono perlopiù di roba luppolata...e onestamente non ne abbiamo bisogno.
RispondiEliminaEDIT: la Smoked Cracow era di Pracownia Piwa
Eliminasì.. ma da un lato ci sta, visto che principalmente producono per il mercato locale, che ovviamente vuole le IPA/DIPA sulla falsariga di quelle importate. Per un polacco è senz'altro meglio una IPA fresca prodotta vicino casa che una fatta arrivare dagli USA o altrove.
Eliminala scelta dovrebbe essere fatta da chi importa, di privilegiare gli stili locali piuttosto che le IPA. Ma siccome non abbiamo ancora superato la fase del "dammi la più amara che hai....
comunque, già grazie che qualche Grodziskie o Baltic Porter continua ad essere fatta, anche se in quantità molto piccole. Aspettiamo che diventino di moda negli USA e poi anche i polacchi ne faranno a iosa.
Ma il problema maggiore è quando stravolgono completamente lo stile, come la Baltic Porter di Pinta che ho assaggiato qualche tempo fa che aveva una tonnellata di luppoli americani.