sabato 4 giugno 2016

Dieu du Ciel L'Herbe à Détourne

E' sempre un piacere stappare una bottiglia di Dieu du Ciel, birrificio canadese già ospitato sul blog con grande soddisfazione. Sono Jean-François Gravel, Patricia Lirette e Stéphane Ostiguy, compagni di studi (microbiologia), a fondarlo nel 1998 a Montreal; dei tre è Jean-François ad essere stato contagiato dalla passione per l'homebrewing dal padrino e dai libri di Charles Papazian. L'inaugurazione avviene nell'agosto del 1988, quando un ex-ristorante russo all’angolo di Rue Laurier e Rue Clark viene convertito in brewpub: "Dieu De Ciel!" sarebbe stata l’esclamazione di Jean-François dopo aver assaggiato la sua prima birra prodotta in casa.  Patricia Lirette lasciò la società nel 2006, rimpiazzata (anche nell’azionariato) dal birraio Luc Boivin, esperienza decennale alla Les Brasseurs du Nord. 
Boivin e la moglie Isabelle Charbonneau formarono la Dieu Du Ciel Microbrewery Inc., un primo passo del  necessario processo di espansione visto che la produzione nei modesti locali del  brewpub di Montreal non poteva più essere incrementata e non c'era neppure lo spazio per installare una linea d’imbottigliamento.
Venne trovato un nuovo edificio (16.000 metri quadri) a St. Jerome, 60 chilometri a nord di Montreal, vicino a casa di Luc ed Isabelle,  inaugurato nel 2007 con un potenziale produttivo di 3500 hl. Nello stesso anno vennero finalmente distribuite le prime bottiglie, mentre nel 2008, attiguo al nuovo birrificio, fu inaugurato un brewpub-fotocopia di quello di Montreal; attualmente gli impianti di St. Jerome producono circa 13000 ettolitri. Nel 2010 Bouvin ha lasciato Dieu Du Ciel per fondare in Quebec la Microbrasserie des Beaux Prés. 

La birra.
L'Herbe à Détourne è una produzione stagionale di Dieu Du Ciel, commercializzata per la prima volta nel maggio 2010 e da allora disponibile una volta l'anno, solitamente in primavera. Si tratta di una "new world Triple", il che significa che ad una classica Tripel belga viene aggiunta un'abbondante luppolatura di Citra. Secondo una (a me sconosciuta) leggenda, l'herbe à détourne sarebbe una pianta capace di far perdere il senso d'orientamento a chiunque la calpesti. La splendida etichetta realizzata da Yannick Brousseau, fido collaboratore del birrificio, cerca di comunicare con immagini quanto appena esposto, raffigurando un uomo con gli occhi coperti dalle ramificazioni della pianta.
Nel bicchiere si presenta di color arancio, piuttosto velato, con una cremosa testa di schiuma bianca, compatta e molto persistente. L'aroma è uno splendido biglietto da visita nel quale c'è una convivenza molto ben riuscita tra gli esteri fruttati (banana), le spezie (pepe) del lievito e la generosa luppolatura che elargisce fresche e fragranti profumi di pompelmo, arancia, mango, passion fruit e melone cantalupo. In sottofondo si scorgono tracce di una classica Tripel con lo zucchero candito e la scorza d'arancia candita. Il mouthfeel è quello classico belga; corpo medio, carbonazione vivace, birra dalla gradazione alcolica importante (10.2%) che tuttavia scorre senza grossi intoppi. La bevuta segue abbastanza fedelmente l'aroma, con una partenza ricca di frutta tropicale (ananas, mango, passion fruit) sostenuta dalla base maltata di pane, miele e biscotto; il gusto rispetta maggiormente i canoni stilistici di una Tripel, con una buona presenza di canditi e di zucchero a velo. L'amaro è praticamente impercettibile, sono l'acidità del frumento e la componente etilica ad asciugare il dolce mantenendo un ottimo equilibrio. L'alcool, è lui l'unico cruccio di questa birra: entra in scena con prepotenza a 3/4 della bevuta togliendo a questa birra quella "beviblità assassina" tipica delle migliori Tripel belghe: riscalda molto, sopratutto nel finale, facendo perdere qualche punto a quella che rimane comunque un'ottima birra, rispettosa degli elevatissimi standard di pulizia e di eleganza che ho trovato in tutte le produzioni Dieu Du Ciel. 
Formato: 34,1 cl., alc. 10.2%, lotto 17 12:14, imbott. 04/02//2016, 5.00 Euro (beershop, Italia).

NOTA:  la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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