Si conoscono al Porter Festival del 2011 di Göteborg, Daniel Granath, Tomas Kaudern e Thomas Fihlman: tra una birra e l'altra abbozzano l'idea di fondare un birrificio, e dalla teoria ai fatti non passa molto tempo. Nel 2012 apre a Mölnlycke, una quindicina di chilometri a sud-est di Göteborg, la Poppels Bryiggeri: è Daniel, avido lettore di libri sulla produzione di birre e con alle spalle anni di homebrewing, ad occupare il ruolo di birraio mentre altri dodici soci reclutati tra amici e parenti contribuiscono a fornire il capitale necessario per partire con un impianto proveniente dallo stesso fornitore cinese di un altro birrificio svedese, Dugges: e proprio Mikael Dugge Engström pare abbia dato un aiuto fondamentale ai ragazzi di Poppels durante l'installazione e l'avvio dell'impianto.
Inizialmente il birrificio fu chiamato Poppelmans in onore di Johan Casparsson Poppelman, un tedesco arrivato a Göteborg per fondare, nel 1638 il primo birrificio commerciale della città, Poppelmans Bryggeri, operativo sino al 1835: a causa di alcune questioni legali fu poi cambiato in quello attuale.
La Poppels Bryggeri debutta con una Brown Ale e realizza il 60% del proprio fatturato attraverso il monopolio svedese Systembolaget; lo scorso aprile 2016 è avvenuto il trasloco nella più ampia sede di Jonsered, quindici chilometri ad est di Göteborg. L'impianto dismesso è stato acquistato dal pub inglese Old Beefeater Inn di Göteborg.
La birra.
La Russian Imperial Stout di Poppels è un'evoluzione della Poppels Project 002, una imperial stout prodotta in soli 1600 litri che nel Porter Festival di Göteborg del 2013 vinse il primo premio nella propria categoria stilistica. Rispetto alla birra originale, l'ABV passa da 8.5 a 9.5%; non vengono dichiarati gli ingredienti usati.
Assolutamente nera, forma uno splendido cappello di schiuma beige compatta, "croccante" e cremosa, dall'ottima persistenza. L'aroma non è tuttavia all'altezza dell'opulenza visiva di questa birra: intensità piuttosto scarsa, il benvenuto sembra arrivare dai luppoli (agrumi) anziché dalla ricchezza dei malti. In sottofondo liquirizia, un accenno di fruit cake bagnato nell'alcool. La sensazione palatale si discosta dalla tradizione scandinava delle Imperial Stout: non è affatto una birra masticabile, ma una che privilegia la scorrevolezza: il corpo è medio, la consistenza oleosa e la facilità di bevuta ne trae beneficio sacrificando un po' morbidezza e "lussuria", se mi passate il termine. Il gusto s'indirizza subito deciso verso l'amaro del caffè e delle tostature, accompagnate da una patina dolce di caramello bruciato e liquirizia che rappresentano però solo una rapida deviazione da quello che sarà il leitmotiv ricorrente di questa Imperial Stout: amaro torrefatto, dall'eleganza discutibile, accompagnato da quello resinoso e terroso dei luppoli, con una nota quasi rinfrescante di anice. L'intensità non è particolarmente elevata, non ci sono difetti ma in verità neppure pregi o passaggi che la rendano così memorabile. Svolge il suo compito senza regalare emozioni, lasciando giusto un remoto ricordo di cioccolato fondente.
Formato: 33 cl., alc. 9.5%, IBU 60, lotto 286, scad. 27/08/2017, 5.00 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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