Secondo appuntamento con il birrificio canadese Unibroue che vi avevo presentato giusto un mesetto fa: è stato fondato nel 1990 da André Dion e Serge Racine che si sono poi avvalsi di alcuni consulenti belgi per la realizzazione delle ricette. Gino Vantieghem prima e Paul Arnott (un passato a Chimay) hanno contribuito a dare al birrificio quel DNA belga che il fondatore Dion voleva. Nel 2004 Unibroue venne acquistata dal birrificio canadese Sleeman il quale, due anni dopo, passò nelle mani giapponesi di Sapporo per 400 milioni di dollari. Il birraio è Jerry Vietz, in Unibroue dal 2003.
La Fin du Monde del mese scorso era una birra dedicata alla credenza europea che il mondo finisse in mezzo all'oceano atlantico, quando le Americhe non erano ancora state scoperte. Il nome della birra di oggi ha un'ispirazione simile: Don de Dieu ("il dono di Dio") era il nome del vascello capitanato dall'esploratore Samuel de Champlain, considerato il padre fondatore della "nuova Francia" altresì nota come Canada. Nel 1599 per conto del Re di Spagna si era recato in America Meridionale, mentre nel 1603 questa volta inviato dal Re di Francia, raggiunse le coste del Canada, un immenso territorio raggiunto per la prima volta da Giovani Caboto nel giugno del 1497; Samuel de Champlain, fondò nel 1605 Port Royal, nel luglio 1608 da Quebec City e nel 1611 Montreal. A lui dobbiamo la prima mappa dettagliata delle coste canadesi.
La birra.
Il birrificio la definisce una Triple wheat ale, che corrisponde ad una Belgian Strong Ale prodotta dal 1998 con una buona percentuale di frumento. Il suo colore, leggermente velato, è tra il dorato e l'arancio; forma un compatto cappello di schiuma bianca, cremosa e dalla buona persistenza. L'aroma mette in primo piano le note speziate del lievito (pepe, coriandolo) che introducono il dolce dello zucchero e della frutta candita; in sottofondo pane, cereali e crackers ma anche un pochino di mais cotto (DMS). Una sostenuta carbonazione rende la bevuta vivace, accompagnata da un corpo medio e da un'ottima scorrevolezza, se si considera la gradazione alcolica (9%); il gusto ricalca nel bene e nel male l'aroma, con le note di pane e biscotto, miele e frutta candita (arancia e pesca), e di nuovo mais cotto in sottofondo. In assenza completa d'amaro, l'equilibrio viene dall'ottima attenuazione del lievito e dall'acidità del frumento, ma c'è po' d'astringenza a rovinare la festa. L'alcool è ben nascosto, con un morbido tepore che si fa notare solamente nel retrogusto di frutta sotto spirito. La pulizia ci sarebbe anche, ma qualche difettuccio di troppo rende questa bottiglia di Don de Dieu poco memorabile, contrariamente alla Fin du Monde, che mi aveva davvero impressionato in positivo. Si riesce a bere, certo, ma con un po' di delusione.
Formato: 34,1 cl., alc. 9%, IBU 10.5, lotto J171510630.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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