Nell’occasione dell’ultima Mikkeller bevuta mi ero divertito a fare il conto delle sue birre, secondo quanto contabilizzato nel database di Ratebeer: 784 in totale dal 2006 al 2015, una media di 87 birre diverse ogni anno, ovvero una nuova ogni 4 giorni lavorando 365 giorni o ogni 3 ipotizzando 250 giorni lavorativi in un anno; vero che una buona parte di queste sono delle leggere variazioni di altre birre, ma i numeri sono comunque inquietanti.
In un elenco di quasi 800 birre prodotte in 9 anni è facile perdersi e il sito ufficiale di Mikkeller elimina il problema alla radice, non elencandole: c’è la sezione birrificio con le foto di San Diego, c’è la sezione dedicata ai numerosi Mikkeller Bar aperti nel mondo e c’è quella relativa al webshop/merchandising. Delle singole birre non si parla.
In un portfolio così sterminato e disseminato di “birre disneyland”, di “birre pupazze”, di birre estreme fatte solo per stupire (ricordate la 1000 IBU?) fa quasi impressione parlare di una “semplice” Porter (ovviamente poi replicata in versione barricata e natalizia) che nella sua semplicità quasi passa sotto traccia, eclissata dall’hype di altre decine (forse centinaia) di (imperial)stout/porter prodotte dalla beerfirm danese ad uso e consumo dei beergeeks. E poco importa se proprio su questo stile Mikkeller o qualcuno a nome suo abbia commesso qualche errore storico nella compilazione del suo libro “Mikkeller's Book Of Beer.
La birra.
La Porter di Mikkeller è in verità una “Robust Porter” (8%) che arriva assieme all’etichetta disegnata da Keith Shore. Prodotta in Belgio da De Proef, nel bicchiere è praticamente nera, sormontata da una cremossissima testa di schiuma color cappuccino, fine e compatta, dall’ottima persistenza.
L'aroma mantiene le "golose" aspettative create dall'aspetto, regalando un bouquet pulito che apre con sensazioni di scorzette d'arancia ricoperte di cioccolato, caffè, orzo tostato, fruit cake, suggestioni di tiramisù; più in sottofondo qualche traccia di cenere e anche il luppolo fa sentire la sua presenza con un tocco di resina. Uno degli aspetti che secondo me non bisogna mai sottovalutare quando si parla di porter/stout dalla robusta gradazione alcolica è la sensazione palatale: la Porter di Mikkeller non lo fa, anzi, prende la cosa piuttosto seriamente. Il mouthfeel è splendido, setoso, vellutato, morbidissimo: poche bollicine, corpo medio, avrei scommesso ad occhi chiusi sull'utilizzo di avena ma l'etichetta non lo riporta. Il gusto parte deciso per la direzione amara, ricca di caffè e tostature, con il caramello bruciato e qualche accenno di zucchero candito a bilanciare; ogni tanto anche qualche agrume fa capolino, incastrandosi all'interno di un ipotetico fruit cake. Terminata la breve parentesi dolce centrale, il finale riporta caffè amaro e tostature a volontà, con uno strascico luppolo (terra, resina) a pulire il palato. Nulla da eccepire sulla pulizia, già detto della sontuosa sensazione palatale: la Porter di Mikkeller è robusta ma si beve con facilità, riscalda quanto basta, dispensa amaro e torrefatto senza mai perdere la ragione. Ottima birra, a dimostrazione che per stupire non è necessario sempre "farlo strano".
Formato: 33 cl., alc. 8%, scad. 23/11/2019, 5.00 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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