La storia del birrificio Avery (Boulder, Colorado) inizia come quella di tanti altri: homebrewing, un hobby che alla fine degli anni ’80 aveva contagiato Adam Avery, arrivato in Colorado col padre per soddisfare un’altra delle sue passioni, l’arrampicarsi sulle rocce. Ricorda: “lavoravo in un negozio di attrezzature sportive e il proprietario mi fece assaggiare una delle birre che lui faceva in casa. Era fantastica… anche il mio coinquilino al college faceva la birra ma non era così buona. Il giorno dopo corsi a comprare il mio primo kit per homebrewing! Sperimentavo usando molto luppolo, frutta, facendo birre molto alcoliche: ne producevo molto più di quanto riuscissi a bere e così iniziai a farla assaggiare in giro, ottenendo riscontri positivi”. All’inizio degli ann’90 il padre Larry va in pensione ed offre al figlio una somma d investire in una propria attività. Adam non ci pensa due volte e nel settembre 1993 apre le porte della Avery Brewing Company, un piccolo birrificio che si trova nel reticolo di una zona commerciale tra meccanici d’auto e altri piccoli negozi. “Non siamo mai esplosi – ricorda Adam - e per dieci anni non abbiamo quasi guadagnato nulla; abbiamo resistito perché facevamo birre estreme ed eravamo sicuri che prima o poi la gente ci avrebbe seguito. Nel 1996 producemmo la nostra prima IPA e i locali in cui la consegnavamo ci chiamavamo per dirci che era una birra troppo amara e che nessuna voleva berla!”
Negli anni a venire Avery prenderà in affitto altre undici unità commerciali adiacenti (la zona verrà rinominata Avery Alley) per potersi espandere fino a raggiungere una capacità produttiva di 60.000 ettolitri all’anno facendo funzionare l’impianto ventiquattr’ore al giorno. Anche una buona porzione del parcheggio clienti viene occupata dai fermentatori e chi si reca alla piccola taproom, aperta nel 2003, incontra grosse difficoltà a posteggiare; gli uffici degli impiegati vengono più volte spostati in diversi edifici.
Il “calvario” dura 22 anni e termina nel febbraio 2015 quando Avery inaugura il nuovo stabilimento nel sobborgo di Gunbarrel: investimento da 27 milioni di dollari, impianto tedesco da 101 ettolitri, seimila metri quadrati di superficie occupata e potenziale annuo da 120.000 ettolitri aumentabile sino a 500.000. Il sogno non dura però a lungo: l’esposizione debitoria è notevole e le vendite non decollano e negli anni a seguire si stabilizzano a quota 80.000 ettolitri. Gli Avery iniziano a guardarsi attorno per cercare qualche partner disposto ad entrare in società e gli spagnoli della Mahou San Miguel (già acquisitori nel 2014 del 30% del birrificio Founders) non ci pensano due volte. Alla fine del 2017 anche Avery annuncia di aver ceduto il 30% a Mahou per una cifra non rivelata. Il birrificio, che si trova a poche miglia dalla sede dell’American Brewers Association, viene quindi depennato dall’elenco dei birrifici artigianali. Per Adam non è un problema: “a me non importa, io so chi sono e so cosa è il nostro birrificio, non ho bisogno che nessuno venga a dirmelo. Non m’interessa di essere considerato un birrificio artigianale, voglio solo essere un ottimo birrificio. Per noi è un’enorme opportunità di ridurre i nostri debiti e avere a disposizione liquidità, la maggior parte della quale andrà ai nostri dipendenti.. vogliamo che passino un bellissimo Natale”.
La transazione si chiude a marzo 2018, anno che si concluderà comunque in maniera negativa: per la prima volta in vent’anni le vendite calano (-22%) e in estate il birrificio è costretto a ridurre del 4% il proprio personale. Nell'ultimo trimestre iniziano a vedersi i primi effetti della sinergia con Mahou: sugli impianti di Avery si fanno i primi test per produrre anche in Colorado la All Day IPA di Founders, una birra le cui vendite (quasi 200.000 ettolitri l’anno!) basterebbero da soli a saturarne la capacità produttiva. Per invertire la rotta quelli di Mahou chiedono maggior potere decisionale e così qualche settimana fa Avery ha dovuto cedere un ulteriore 40% a Mahou/Founders. Agli Avery resta ora solamente una quota del 30%: “oggi nell’industria della birra stanno accadendo delle stronzate assurde e dobbiamo usare tutte le armi che abbiamo a disposizione. E’ una fortuna avere degli investitori che guardano lontano e che hanno fiducia in noi, nonostante le vendite siano in calo”.
Negli anni a venire Avery prenderà in affitto altre undici unità commerciali adiacenti (la zona verrà rinominata Avery Alley) per potersi espandere fino a raggiungere una capacità produttiva di 60.000 ettolitri all’anno facendo funzionare l’impianto ventiquattr’ore al giorno. Anche una buona porzione del parcheggio clienti viene occupata dai fermentatori e chi si reca alla piccola taproom, aperta nel 2003, incontra grosse difficoltà a posteggiare; gli uffici degli impiegati vengono più volte spostati in diversi edifici.
Il “calvario” dura 22 anni e termina nel febbraio 2015 quando Avery inaugura il nuovo stabilimento nel sobborgo di Gunbarrel: investimento da 27 milioni di dollari, impianto tedesco da 101 ettolitri, seimila metri quadrati di superficie occupata e potenziale annuo da 120.000 ettolitri aumentabile sino a 500.000. Il sogno non dura però a lungo: l’esposizione debitoria è notevole e le vendite non decollano e negli anni a seguire si stabilizzano a quota 80.000 ettolitri. Gli Avery iniziano a guardarsi attorno per cercare qualche partner disposto ad entrare in società e gli spagnoli della Mahou San Miguel (già acquisitori nel 2014 del 30% del birrificio Founders) non ci pensano due volte. Alla fine del 2017 anche Avery annuncia di aver ceduto il 30% a Mahou per una cifra non rivelata. Il birrificio, che si trova a poche miglia dalla sede dell’American Brewers Association, viene quindi depennato dall’elenco dei birrifici artigianali. Per Adam non è un problema: “a me non importa, io so chi sono e so cosa è il nostro birrificio, non ho bisogno che nessuno venga a dirmelo. Non m’interessa di essere considerato un birrificio artigianale, voglio solo essere un ottimo birrificio. Per noi è un’enorme opportunità di ridurre i nostri debiti e avere a disposizione liquidità, la maggior parte della quale andrà ai nostri dipendenti.. vogliamo che passino un bellissimo Natale”.
La transazione si chiude a marzo 2018, anno che si concluderà comunque in maniera negativa: per la prima volta in vent’anni le vendite calano (-22%) e in estate il birrificio è costretto a ridurre del 4% il proprio personale. Nell'ultimo trimestre iniziano a vedersi i primi effetti della sinergia con Mahou: sugli impianti di Avery si fanno i primi test per produrre anche in Colorado la All Day IPA di Founders, una birra le cui vendite (quasi 200.000 ettolitri l’anno!) basterebbero da soli a saturarne la capacità produttiva. Per invertire la rotta quelli di Mahou chiedono maggior potere decisionale e così qualche settimana fa Avery ha dovuto cedere un ulteriore 40% a Mahou/Founders. Agli Avery resta ora solamente una quota del 30%: “oggi nell’industria della birra stanno accadendo delle stronzate assurde e dobbiamo usare tutte le armi che abbiamo a disposizione. E’ una fortuna avere degli investitori che guardano lontano e che hanno fiducia in noi, nonostante le vendite siano in calo”.
La birra.
Avery ha iniziato a sperimentare con gli invecchiamenti in botte nel 2003 ma solamente nel 2009 ha lanciato una vera e propria Barrel Aged Series inaugurata dalla Brabant, una Belgian Dark Ale brettata maturata in botti di Zinfandel. Nel corso del tempo sono state realizzate una cinquantina di diverse etichette che trovate elencate qui. Nel 2011 è poi arrivata la Annual Barrel Series composta da quattro birre barricate che, a rotazione, sono disponibili ogni anno: le imperial stout Tweak (novembre-dicembre) e Uncle Jacob (febbraio-maggio), la Coconut Porter Plank’d (maggio-luglio) e Rumpkin (agosto-ottobre) un’imperial Pumpkin Ale invecchiata in botti di rum.In Colorado gli inverni sono freddi e le birre barricate di Avery costituiscono un ottimo antidoto: gradazioni alcoliche elevate, spesso esagerate.
Prendiamo Tweak, una potente (16%) imperial stout prodotta con aggiunta di caffè e invecchiata quattro mesi in botti ex-borbon. La ricetta annovera malti Special B, Roasted Barley, Black, 2-Row e Aromatic, luppolo Columbus e lievito Westmalle Belgian Ale.
Nera, impenetrabile e persino capace di generare una buona quantità di schiuma dalla discreta persistenza. L’aroma non è molto profondo ma c’è tuttavia una buona intensità: bourbon, legno, melassa, uvetta e prugna, accenni vaniglia e di fumo, tabacco. Questa bottiglia di Tweak è nata nell’ottobre del 2017 e nonostante i diciotto mesi passati in cantina ancora brucia: i gradi alcolici si sentono tutti ed è quindi d’obbligo sorseggiarla quasi fosse un distillato. Anche se la bottiglia è da 35 centilitri il consiglio è di condividerla con qualcuno. Ci sono tanti “dark fruits” accompagnati da cioccolato, melassa, caffè e qualche tostatura, ricordi di vaniglia. Il bourbon la attraversa dall’inizio alla fine ma esce soprattutto nel finale, con una vampata di calore che riesce ad asciugare quasi completamente il dolce di una birra lunghissima, che sembra non voler finire quasi mai. L’apporto del caffè risulta altrettanto fondamentale nel portare un po’ d’amaro in un’imperial stout dal corpo pieno e dalla consistenza piuttosto oleosa. Se amate le grande birre di The Bruery questa Tweak di Avery vi risulterà familiare: non è un mostro di complessità e definizione, il carattere barricato non è dei più profondi ma nel complesso non c’è di che lamentarsi, anzi. Con lei passerete una bella ed intensa serata.
Formato 35.5 cl., alc. 16%, imbott. 27/10/2017, prezzo indicativo 14 dollari / 16 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Avery ha iniziato a sperimentare con gli invecchiamenti in botte nel 2003 ma solamente nel 2009 ha lanciato una vera e propria Barrel Aged Series inaugurata dalla Brabant, una Belgian Dark Ale brettata maturata in botti di Zinfandel. Nel corso del tempo sono state realizzate una cinquantina di diverse etichette che trovate elencate qui. Nel 2011 è poi arrivata la Annual Barrel Series composta da quattro birre barricate che, a rotazione, sono disponibili ogni anno: le imperial stout Tweak (novembre-dicembre) e Uncle Jacob (febbraio-maggio), la Coconut Porter Plank’d (maggio-luglio) e Rumpkin (agosto-ottobre) un’imperial Pumpkin Ale invecchiata in botti di rum.In Colorado gli inverni sono freddi e le birre barricate di Avery costituiscono un ottimo antidoto: gradazioni alcoliche elevate, spesso esagerate.
Prendiamo Tweak, una potente (16%) imperial stout prodotta con aggiunta di caffè e invecchiata quattro mesi in botti ex-borbon. La ricetta annovera malti Special B, Roasted Barley, Black, 2-Row e Aromatic, luppolo Columbus e lievito Westmalle Belgian Ale.
Nera, impenetrabile e persino capace di generare una buona quantità di schiuma dalla discreta persistenza. L’aroma non è molto profondo ma c’è tuttavia una buona intensità: bourbon, legno, melassa, uvetta e prugna, accenni vaniglia e di fumo, tabacco. Questa bottiglia di Tweak è nata nell’ottobre del 2017 e nonostante i diciotto mesi passati in cantina ancora brucia: i gradi alcolici si sentono tutti ed è quindi d’obbligo sorseggiarla quasi fosse un distillato. Anche se la bottiglia è da 35 centilitri il consiglio è di condividerla con qualcuno. Ci sono tanti “dark fruits” accompagnati da cioccolato, melassa, caffè e qualche tostatura, ricordi di vaniglia. Il bourbon la attraversa dall’inizio alla fine ma esce soprattutto nel finale, con una vampata di calore che riesce ad asciugare quasi completamente il dolce di una birra lunghissima, che sembra non voler finire quasi mai. L’apporto del caffè risulta altrettanto fondamentale nel portare un po’ d’amaro in un’imperial stout dal corpo pieno e dalla consistenza piuttosto oleosa. Se amate le grande birre di The Bruery questa Tweak di Avery vi risulterà familiare: non è un mostro di complessità e definizione, il carattere barricato non è dei più profondi ma nel complesso non c’è di che lamentarsi, anzi. Con lei passerete una bella ed intensa serata.
Formato 35.5 cl., alc. 16%, imbott. 27/10/2017, prezzo indicativo 14 dollari / 16 euro (beershop)
Nessun commento:
Posta un commento