Untitled Art è una beerfirm americana fondata nel 2016 da Isaac Showaki e Levi Funk, rispettivamente proprietari del birrificio Octopi e della Funk Factory Geuzeria. Siamo a Waunakee, nel Wisconsin, lo stato Americano che applica la più bassa tassazione sulla birra: è questo il motivo principale per il quale Isaac Showaki, dopo otto anni passati a lavorare come consulente per birrifici, è arrivato per aprire nel 2015 il proprio birrificio con sala cottura da 60 ettolitri e potenziale annuo di circa 65.000. Octopi opera principalmente come contoterzista ma commercializza anche le proprie birre attraverso i marchi Octopi Brewing, The Giving Brewery, Dachs e l’ultimo nato Untitled Art.
A questo progetto partecipa Levi Funk della Funk Factory Geuzeria, cliente regolare di Octopi per il mosto da utilizzare per i propri progetti di fermentazione spontanea: “lo chiamo American Lambic perché non mi viene in mente un nome migliore” dice Levi. “Untitled Art nacque dal desiderio di bere stili di birra difficili da trovare in Wisconsin. Il nome fu una mia idea: volevamo che la birra parlasse da sola”. La birre di Untitled Art non hanno infatti nomi se non lo stile di birra.
“Fummo i primi a fare una Hazy Ipa in Wisconsin, tre anni fa. Ora le stanno facendo quasi tutti. Il marchio sta crescendo in maniera impressionante – gongola Showaki - abbiamo iniziato a fare lotti da 500 casse di birre e ora li stiamo facendo da 3000. Sapevo che c’era del potenziale per crescere, ma non mi aspettavo che accadesse così in fretta”. Octopi ha già avviato un piano di espansione da dieci milioni di dollari che dovrebbe essere completato entro l’estate.
Su cosa verte la produzione Untitled Art ? Principalmente NEIPA, Milkshake IPA, IPA alla frutta e qualche imperial stout. Sono tuttavia le collaborazioni con altri birrifici a farla da padrone: 3 Sons, Angry Chair, Bottle Logic, J. Wakefield, Mikerphone sono alcuni tra i nomi più ricercati da appassionati e beergeeks. Per quel che riguarda la parte grafica, il paragone più immediato è con il progetto canadese Collective Arts. Per ogni etichetta vengono coinvolti artisti: al grafico Stephenie Hamen il compito di impaginare i lavori dei pittori Noelle Miller, Teresa Navajo, Eric Thomas Wolever e della fotografa Aliza Rand.
La birra.
Non sono esperto in materia, ma leggo che la Neapolitan Cake è una delle torte attualmente più in voga negli Stati Uniti. Un dolce a tre strati (cioccolato, vaniglia e fragole) che sembra essere l’evoluzione di quel gelato che nel diciannovesimo secolo gli immigrati italiani (e napoletani) iniziarono a produrre sul territorio americano. Untitled Art, assieme al birrificio californiano Bottle Logic (un nome caldo sulla lista dei beergeeks) cerca di replicare questo dessert in un bicchiere di birra con un imperial stout prodotta con aggiunta di fragole, vaniglia e cacao. Premetto: non sono un amante delle pastry stout, soprattutto delle interpretazioni più estreme di questo sotto stile che (purtroppo) sta diventando sempre più popolare. Non ho niente in contrario ad aggiungere ingredienti in una birra, anche se inusuali o “esotici”; ma per me una birra deve comunque sapere di birra.
Nel bicchiere la Neapolitan Stout è quasi nera, la schiuma è piccola ma evanescente. Birra? Gelato? Ad occhi chiusi propenderei per la seconda ipotesi: c’è un netto aroma di fragoline, non esattamente appena colte ma più reminiscente, per l’appunto, di un gelato confezionato. Il tutto è abbastanza artificioso ed accompagnato da qualche ricordo di vaniglia. Al palato è densa e viscosa ma non particolarmente morbida: il corpo è tra il medio ed il pieno. La bevuta parte ricca di fragola, con le stesse caratteristiche riscontrate nell’aroma, mentre progressivamente entrano in campo anche vaniglia e cioccolato al latte. L’alcol (11%) è molto ben nascosto e nel finale arriva un po’ di torrefatto e terroso a cercare di bilanciare una bevuta che comunque vuole essere dolce, e non potrebbe essere altrimenti. I passaggi di consegna tra i vari elementi sono però parecchio bruschi, con l’effetto fragola che sembra viaggiare su un binario parallelo. La stessa base Imperial Stout sulla quale tutto si dovrebbe appoggiare è abbastanza poco definita e non eccelle in pulizia ed eleganza. Guidano i cosiddetti “adjuncts”, veri o artificiosi che siano. Per me è un bel “no”, ma sono di parte: la fragola è uno degli ultimi ingredienti che mi verrebbe in mente di aggiungere in una Imperial Stout.
Nel dettaglio: Formato 35.5 cl., alc. 11%, lotto e scadenza non riportati, prezzo indicativo 7.00-8.00 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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