Quello di Loka Polly è un nome che sta iniziando a circolare con una certa insistenza tra i beergeeks del Regno Unito: la data di nascita risale al gennaio 2018 ma in verità il birraio e proprietario Sean Wheldon era già attivo dall’estate del 2016 con il birrificio Black Brook Beer Company, produzione quasi interamente dedicata ai casks. Il nome scelto era quello della sua strada di campagna a Mold, cittadina del Galles nord-orientale. Ad inizio 2018 Wheldon decide di abbandonare i casks e cambiare il nome in Loka Polly Beer, rebranding al quale partecipa anche il socio/commerciale Arron Fellows: “Non avevo nessuna esperienza con la birra ma conoscevo Sean in quanto io gestivo da sei anni un bar ed un ristorante a Mold; lui mi chiamò per affidarmi il ruolo di commerciale ed io accettai con entusiasmo. Black Brook Brewing aveva un nome legato al territorio qui vicino, mentre con Loka Polly noi miriamo ad espanderci in tutto il Regno Unito e all'estero. E’ un nome che non ha radici locali. Il birrificio si trova in un vecchia stalla dove un tempo viveva il cavallo di Sean, chiamato Polly. In seguito il fratello di Sean la convertì in uno studio grafico per il proprio progetto Loka Island. Dall’unione di queste due parole nacque Loka Polly”.
Dai casks - nobile tradizione ma purtroppo non molto redditizia – si passa alle lattine riempite con le birre che vanno di moda oggi; IPA e Double IPA, meglio ancora se torbide e ispirate al New England. E, ovviamente, mai replicare (o quasi) la stessa birra due volte: sono quasi 90 le birre realizzate in diciotto mesi d’attività. I fatti hanno dato ragione a Sean visto che ad inizio 2019 è entrato in funzione il nuovo impianto produttivo, espansione necessaria per poter tenere il passo di una domanda sempre crescente da parte dei clienti; Wheldon e Fellows hanno già reclutato un aiuto birraio e presto il team dovrebbe passare da tre a sei persone.
Non abituatevi però al nome Loka Polly, perché è già cambiato! A marzo è arrivata in Galles una diffida ad usarlo da parte del birrificio svedese Spendrups, produttore anche del marchio registrato di bevande Loka (Brunn). Per Wheldon e Fellows le opzioni erano due: continuare ad usare Loka Polly senza poter esportare le birre all’estero nei mercati in cui erano già presenti le bevande Loka, oppure cambiarlo. Le due parti hanno trovato un accordo e dal 30 aprile 2019 il birrificio è stato rinominato Polly's Beer Co. La produzione per ora si concentra su IPA e DIPA ma in futuro dovrebbero arrivare anche stout, birre acide e qualche invecchiamento in botte.
Le birre.
Il birrificio ha dichiarato di volersi momentaneamente concentrare sulle Double IPA e allora vediamone due messe in vendita prima del cambio nome. Wilt è una Double IPA (8.1%) prodotta con Azacca, Citra, Ekuanot, Mosaic e Simcoe, abbondantemente usati soprattutto in dry-hopping. Il suo colore è abbastanza velato ed oscilla tra il dorato e l’arancio: la schiuma biancastra è cremosa e compatta ed ha una buona persistenza. I profumi sono freschi, puliti e intensi: passion fruit, papaia, mango, albicocca, ananas, qualche accenno dank. Elementi che ritroviamo anche al palato, senza eccessi e con un po’ meno di definizione. E’ una DIPA moderna che trae in parte ispirazione dal New England ma non segue il protocollo per filo e per segno: al palato è morbida ma non ingombrante, quasi setosa. Non c’è quasi amaro e quindi non c’è il tanto temuto hop burn, la chiusura è sorprendentemente secca: l’alcool si fa sentire quasi solo a fine corsa e la bevibilità è molto buona, anche se non da record. Immaginate una West Coast DIPA depurata completamente della componente amara. A due mesi circa dalla messa in lattina il risultato è godibile, anche se per il mio gusto personale sento la mancanza proprio di un po' d'amaro, in assenza del “juicy” estremo.
Le cose vanno meno bene con la Double IPA Mosaic Simcoe (8.2%), la cui ricetta si completa con malto Extra Pale, avena e frumento. Nel bicchieri è leggermente velata, direi quasi limpida visto i tempi che corrono. Non sono riuscito a risalire alla data di nascita di questa lattina ma guardando la scadenza dovrebbe avere anche lei un paio di mesi. L’aroma è tutt’altro che esaltante, pulito ma poco intenso. Mango, ananas, miele, note floreali: se si descrive una birra come “una macedonia di frutta” bisogna fare di più. Il mouthfeel (ottimo) è molto simile a quello della Wilt ma le similitudini finiscono qui. Al palato trovo qualche accenno di miele, un po’ di frutta tropicale: il finale è poco secco e la bocca rimane in qualche modo leggermente “impastata” e poco pulita, con un effetto molto poco rinfrescante. Il risultato è una Double IPA senza difetti ma abbastanza dimessa, quasi muta, tutt’altro che esplosiva. Non discuto la scelta di voler progettare una birra priva d’amaro, ma se la controparte fruttata non brilla, che cosa ci rimane? A suo favore annoto solo il modo in cui la componente alcolica è stata ben gestita. Da rivedere in condizioni migliori.
Nel dettaglio: Wilt Double India Pale Ale, formato 44 cl., alc. 8,1%, scad. 26/08/2019
Double IPA Mosaic Simcoe, formato 44 cl., alc. 8,2, scad. 09/09/2019
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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