L'abbazia di Notre-Dame de Saint-Remy si trova poco distante dal paese di Rochefort, provincia di Namur, Ardenne. Le prime tracce storiche risalgono almeno al 1230, quando sul luogo era edificato un convento, divenuto poi monastero nel 1464 e, data che interessa maggiormente a noi birrofili, nel 1595 inizia la produzione di birra, utilizzando l'orzo ed il luppolo che erano coltivati nei propri terreni. Le scorribande Napoleoniche portarono l'edificio in rovina; il terreno con i ruderi datati 1600 del monastero vennero ceduti da un laico alla comunità cistercense di Achel; sono i monaci ad iniziare la ricostruzione, terminata nel 1887; due anni dopo padre Zozime Jensen installa quello che ancora oggi è l'impianto produttivo utilizzato per birrificare. L'ultimo restauro, che porta l'edificio allo stato attuale, è del 1919, a risanare le ferite della prima guerra mondiale; la seconda guerra lascia ulteriori danni che, per quel che riguarda l'impianto di produzione della birra, vengono riparati grazie all'aiuto dei mastri birrari dell'abbazia di Notre-Dame de Scourmont (Chimay) e al professor De Clerck dell'università di Leuven. E' proprio in questo periodo, nei primi anni '50, che nascono le tre Rochefort che beviamo oggi. Nel suo Great Beers of Belgium, Michael Jackson descrive nei dettagli e con emozione la sua (lungamente attesa) visita privata all'abbazia. Solo tre le birre prodotte, semplicemente denominate utilizzando la scala Baumè: 6, 8 e 10; al tempo stesso i numeri indicano le settimane necessarie per completare la maturazione in bottiglia. Le ricette, secondo quanto racconta Micheal Jackson, seguono la semplice regola del due: due tipi di malto, due tipi di luppolo, due zuccheri, due ceppi di lievito. Sino al 1998 nessuna delle tre birre aveva un'etichetta; la ventina di monaci che oggi risiedono a Rochefort hanno ancora il "privilegio" di poter bere una birra al giorno, ma a quanto sembra sono in pochissimi a farlo, preferendo bere solamente durante le celebrazioni pasquali o natalizie. Nel dicembre del 2010 un impressionante e spettacolare incendio distrusse completamente il tetto della parte più antica del complesso, ma fortunatamente non vi furono danni né alle persone né alla struttura o al birrificio. La Rochefort 6 è di colore marrone/ambrato, versandola si formano due dita di schiuma ocra, molto bella, fine e cremosa, ma che si dissolve abbastanza rapidamente. L'aroma si apre sorprendentemente con leggeri sentori aspri, quasi di uva, seguiti da mela verde, spezie (pepe), toffee, miele d'acacia, frutta secca; naso abbastanza pronunciato e complesso, con una nota di alcool che emerge quando la birra si scalda. Il corpo è medio, con una carbonazione vivace ed una consistenza oleosa; al gusto predomina il dolce: biscotto al burro, caramello, zucchero candito, toffee, miele, leggere note di uvetta. A bilanciare c'è una leggerissima asprezza finale, che ripulisce bene il palato ed è seguita da un retrogusto appena amaro di frutta secca con qualche nota terrosa, che lascia un gradevole morbido tepore etilico. Molto pulita e molto facile da bere, è la Rochefort meno alcolica ma potremmo considerarla come la più antica delle tre, visto che deriva direttamente da una ricetta già prodotta negli anni '30; viene brassata solamente due volte all'anno, e rappresenta all'incirca il 5% della produzione trappista di Rochefort. Stimando in circa 18.000 ettolitri la produzione annua, in questa bottiglia rappresenta una piccola goccia dei circa 1000 ettolitri di Rochefort 6 prodotti nel 2011. Ratebeer la classifica come belgian strong ale, mentre per Beer Advocate è una dubbel. Noi ci accontentiamo di definirla un'ottima birra trappista. Formato: 33 cl., alc. 7.5%, lotto 08:02 (2011), scad. 26/10/2016, prezzo 2.62 Euro (supermercato, Italia).
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